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1520, l’anno che segnò la Riforma protestante in modo irreversibile

Se il 1517 è convenzionalmente considerato l’anno dell’inizio della Riforma protestante (in quanto Lutero affisse le 95 tesi sulle indulgenze a Wittenberg), il 1520 è sicuramente l’anno che diede alla Riforma una piega irreversibile. Nel 1520 Lutero pubblicò tre opere programmatiche che stabilirono un punto di non ritorno del movimento di riforma secondo l’evangelo. Queste opere sono il "Sermone sulle buone opere" (in M. Lutero, Scritti religiosi, a cura di V. Vinay, Torino Utet 1967, pp. 323-429), l’appello Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca e La libertà del cristiano.

Nel "Sermone delle buone opere" Lutero riassume il messaggio dell'evangelo che sta al cuore della Riforma. Il sistema religioso in cui era stato educato gli diceva che, per essere salvato, il peccatore doveva fare una serie di buone opere, attraverso le quali forse sarebbe raggiunto a una condizione di purezza tale da poter essere ammesso in paradiso, dopo aver scontato anni di ulteriore purificazione nel purgatorio. Al contrario, l’evangelo biblico è che Dio stesso, nella persona del Figlio Gesù Cristo, è venuto tra noi a vivere la vita nostra e a pagare il prezzo della nostra salvezza affinchè, chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia vita eterna. Quello che noi facciamo, dice Lutero, è in risposta a questo dono ricevuto. Le buone opere sono importanti, ma non per meritare la salvezza. Solo Gesù Cristo ha compiuto l’unica opera necessaria e sufficiente per la salvezza di chi crede. Dopo quell’opera, non c’è più bisogno di opere per essere salvati. Chi crede in Gesù Cristo compie le buone opere in risposta al dono della salvezza ricevuto, non per meritarlo.

Nell’appello “alla nobiltà tedesca” Lutero comincia a trarre le conseguenze della riscoperta dell’evangelo per quanto riguarda la vita della chiesa: contrariamente alla struttura della chiesa del tempo, non esiste per Lutero una separazione tra chierici e laici. La chiesa è composta dai cristiani chiamati tutti a essere sacerdoti, un popolo di sacerdoti. Ognuno di noi è diverso e ha ricevuto doni e vocazioni diverse, ma siamo tutti sacerdoti. Lutero ridà dignità al popolo di Dio e chiama tutti a responsabilità. Questa riscoperta del sacerdozio universale dei credenti ebbe un impatto enorme nella chiesa e nella vita civile: nelle loro vocazioni diverse, tutti sapevano di essere responsabili e chiamati a partecipare alla vita della chiesa, non come masse di “laici” passivi nelle mani di una casta religiosa, ma come figlie e figli di Dio, membri per grazia soltanto della chiesa di Gesù Cristo.

E per finire il terzo grande scritto che Lutero pubblicò nel 1520 sulla libertà del cristiano. Lutero scrive questo breve trattato di grandissima profondità come lettera a Leone X. In esso Lutero sostiene che, una volta che Dio l’ha liberata dal peccato, non c’è una persona più libera di colui o colei che ha creduto nel messaggio dell’evangelo. Qualcuno ha pagato per noi e questo qualcuno è Gesù Cristo. La nostra libertà non dipende dall’essere ricco, giovane, prestante, performante, in carriera, ma dal fatto che qualcuno ha pagato per noi e ci ha resi liberi, per grazia soltanto mediante la fede soltanto. Non più sotto il giogo del peccato, ma proprio perché siamo liberi, siamo servi di tutti. Una persona veramente libera è una persona che serve gli altri, perché è stata liberata da quel soffocante peso del peccato e può servire il prossimo con generosità. In questo sta il cuore dell’etica cristiana: non un dovere in vista della prestazione, ma un servizio motivato dalla gratitudine.

Una teologia ricalibrata sull’evangelo ha portato ad una ecclesiologica centrata sull’evangelo e ha dato forza ad un’etica impregnata dall’evangelo. A 500 anni di distanza, le tre opere di Lutero mantengono intatta la loro fragranza spirituale.


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