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A trent'anni dalla Redemptoris Missio. Di quale missione stiamo parlando?

Quest’anno segna il trentennale dalla pubblicazione della lettera enciclica Redemptoris missio di Giovanni Paolo II (22 gennaio 1991). Giovanni Paolo II è sempre considerato un papa molto “evangelico” e quindi spesso apprezzato e stimato in ambienti evangelici internazionali. Questo è dovuto principalmente al linguaggio e al vocabolario usati dal papa, evidenziati ad esempio in documenti quali Redemptoris Missio sul tema della missione. Questa enciclica, riprendendo la spinta missionaria ricevuta dal Vaticano II (con il decreto Ad Gentes), vuole “aggiornarla” di fronte alle sfide di fine millennio. Parla della salvezza di tutti gli uomini e del ruolo della chiesa come segno e strumento di salvezza (n. 11), dell’importanza dell’annuncio (n. 44, un’enfasi che, ad esempio, papa Francesco chiama spregiativamente “proselitismo”), della necessità del battesimo (quindi dei sacramenti) per la salvezza (n. 46), del dialogo con i “fratelli delle altre religioni” (nn. 55-57). Insomma, è un documento in cui coesistono gli elementi “cattolici” (di peccato si parla sempre in termini generali, di giudizio di Dio e di inferno mai) e “romani” (i sacramenti, la struttura gerarchica della chiesa, ecc.) in una sintesi che si colloca in linea con il Vaticano II.

A una prima lettura, l’enciclica sembra molto “evangelica”. Basta leggere le prime frasi per avere questa percezione: 

La missione di Cristo redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento. Al termine del secondo millennio dalla sua venuta uno sguardo d'insieme all'umanità dimostra che tale missione è ancora agli inizi e che dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio. È lo Spirito che spinge ad annunziare le grandi opere di Dio: «Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è per me un dovere: guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1 Cor 9,16). (n. 1)

Amen, no? Subito leggiamo della chiesa, della missione, dello Spirito che spinge e che guida, e della necessità di annunciare e predicare il vangelo. Possiamo tutti unirci a questo mandato, no? A volte, però, l’apparenza inganna. Rispetto a Giovanni Paolo II e alla teologia cattolica in generale, gli evangelici devono allenarsi a leggere tra le righe per cogliere il significato di quanto si afferma. Redemptoris Missio non è un’eccezione. Con una lettura più approfondita, l’apparente chiarezza “evangelica” svanisce. Ad esempio, mentre l’inizio della lettera parla di missione e di annuncio del vangelo, Giovanni Paolo II la conclude affidando la chiesa e la sua missione a Maria, la madre di Cristo, che guida la chiesa in ogni cosa:

Alla vigilia del terzo millennio tuttora la chiesa è invitata a vivere più profondamente il mistero di Cristo, collaborando con gratitudine all'opera della salvezza. Ciò essa fa con Maria e come Maria, sua madre e modello: è lei, Maria, il modello di quell'amore materno dal quale devono essere animati tutti quelli che, nella missione apostolica della chiesa, cooperano alla rigenerazione degli uomini…Alla «mediazione di Maria, tutta orientata verso il Cristo e protesa alla rivelazione della sua potenza salvifica», affido la chiesa e, in particolare, coloro che si impegnano per l'attuazione del mandato missionario nel mondo di oggi. (n. 92)

La fortissima mariologia di Giovanni Paolo II rappresenta un chiaro offuscamento della teologia della chiesa cattolica. Se Maria è modello; se Maria è il vangelo fatto vita; se Maria guida e se a Maria viene affidata la chiesa, allora la cristologia, la pneumatologia e la soteriologia della chiesa vengono indeboliti e inquinati. Il Dio trinitario della Bibbia viene appannato e l’evangelo di Gesù Cristo e la sua opera salvifica sulla croce vengono annacquati.

Redemptoris Missio è molto attraente come documento se lo si legge in modo superficiale, ma è anche fuorviante in quanto è costruito dentro la sintesi del cattolicesimo romano che ambisce ad avere un ruolo universale mantenendo la sua struttura dogmatica e istituzionale priva di fondamento biblico. 

Due anni prima di Redemptoris Missio, il mondo evangelico internazionale si era riunito nel 1989 a Manila (Filippine) per il Secondo congresso di Losanna per l’evangelizzazione del mondo (Losanna II). Da questo congresso scaturì il Manifesto di Manila, un importante documento per la missione evangelica. Prima di Giovanni Paolo II, gli evangelici hanno fatto il punto sulle sfide della missione nel mondo contemporaneo. Mentre Redemptoris Missio è figlia del cattolicesimo romano e mariano, il Manifesto di Manila esorta “tutta la chiesa a portare tutto l’evangelo a tutto il mondo”. Redemptoris Missiousa un linguaggio che assomiglia a tratti a quello evangelico, pur avendo in mente una “altra” missione: quella di una salvezza universale che passa per la chiesa romana che vuole accogliere tutti in sé.


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