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Anche MicroMega contro la famiglia. Molta ideologia, l’evangelo ha una storia migliore

L’ultimo anno della rivista bimestrale MicroMega diretta dal filosofo Paolo Flores d’Arcais sembra essere un vero e proprio testamento culturale prima del passaggio di incarico alla collega Cinzia Sciuto. Come parte di tale eredità si erge a manifesto il quarto numero dal titolo “Contro la famiglia. Critica di un’istituzione (anti)sociale” (4/2024).


Il volume in 192 pagine si pone “l’ambizioso obiettivo di smantellare la mitologia attorno alla famiglia” (p.3) e di presentarne i “lati oscuri” che ne fanno un teatro di violenza, oppressione e controllo e uno strumento di consolidamento di un “sistema di ingiustizie strutturali”, con “effetto disgregante sulla sfera pubblica” (p.4). Lo scopo ultimo è quello di valorizzare, piuttosto, la dimensione collettiva pubblica della vita e di costruire una società “in cui ogni individuo sia libero dalle catene della famiglia, libero di realizzare sé stesso” (p.4).


È possibile criticare le distorsioni della famiglia senza necessariamente distruggerla? È possibile evitare la contrapposizione tra famiglia e società? Il numero di MicroMega usa gli strumenti dell’antropologia, della sociologia, della filosofia e persino dell’arte letteraria e cinematografica per provare a raggiungere il suo scopo di disvelamento e distruzione. Tre i fuochi principali del numero: il rapporto tra natura e cultura, tra Stato e mercato, tra genitori e figli.


Telmo Pievani, filosofo della scienza e campione del pensiero ateo in Italia, apre il volume con una critica allo slogan della “famiglia naturale”, secondo il quale esiste un modello ideale di famiglia dato dalla natura ed universalmente valido. La natura indagata, però, smentisce tale dato mostrando piuttosto molti tipi di modelli. La nostra specie è piuttosto il frutto di un “impasto bioculturale” nel quale natura e cultura sono indivisibili e non possono da sé stessi definire uno standard. La nostra evoluzione in quanto specie è ambivalente e perciò ci permette di essere sia solidali sia violenti al tempo stesso.


C’è del vero in queste affermazioni? Certamente non possiamo trovare nella biologia lo standard della famiglia e neppure nei suoi impasti culturali. Ad un’analisi puramente sociologica o antropologica la famiglia ha assunto e assume le forme più diverse nelle culture più diverse e molte di queste hanno generato e generano vissuti di oppressione e violenza. 


Niente di nuovo. Se si prende in mano la Bibbia si vedrà che fin dalle prime pagine essa non nasconde nessuna delle distorsioni che hanno caratterizzato la vita delle famiglie. La Scrittura ci offre un’immagine fedele e realistica dello stato di salute di questa istituzione nel corso della storia senza nasconderne neppure i dettagli più violenti. Il suo racconto però, a differenza di quanto alcuni vorrebbero far credere, non è in nessun modo un tentativo di giustificazione di tali tratti deviati e usurpativi, né li presenta come fondativi e strutturali.


La Parola di Dio non inneggia lo slogan della “famiglia naturale”, in quanto la natura è stata deturpata dal peccato. La famiglia piuttosto è descritta come “un’istituzione originaria e permanente costituita da Dio alla creazione dell’uomo e della donna (Gen.1-2)” (cfr. Dizionario di teologia evangelica, p. 269) e che a causa della sua disubbidienza al mandato divino, è stata deturpata. Le strutture fondative della famiglia e le differenziazioni al suo interno sono perciò stabilite dal Creatore e non dalla natura né dalla cultura, e sono descritte nella rivelazione ancora prima delle sue deviazioni. La Bibbia ci offre un catalogo di deviazioni che sono lì a confermare costantemente la bontà del progetto originario divino che abbiamo abbandonato, il fallimento umano nel realizzarlo e il bisogno di redenzione in Cristo per restaurarlo e risanarlo.


Sul rapporto tra Stato e mercato, diversi autori si interrogano sugli effetti negativi e ingiusti che le famiglie hanno sulle strutture politiche e su quelle economiche: dinamiche familistiche in contesti impropri, concentrazione di patrimoni che perpetrano disuguaglianze; difficoltà a costruire un’identità sociale condivisa. Tutto ciò ancora una volta sottolinea come la famiglia quando è idolatrata diventa un ostacolo per la vita non solo dei propri membri ma anche della comunità più allargata. Ciò però ancora una volta ci conduce alla risposta dell’evangelo. Cristo non promuove la distruzione delle famiglie, come Francesco Remotti sostiene a p. 25 o il loro dissolvimento in qualunque tipologia aggregativa che semplicemente soddisfi un bisogno di “convivenza”, né tanto meno l’evangelo promuove l’espropriazione delle responsabilità economiche, di cura o di educazione della famiglia per affidarle nelle mani dello Stato (altro grande idolo). 


Solo se le famiglie riconoscono il proprio statuto e il proprio ruolo creazionale, saranno in grado di proteggere e promuove l’interesse reale dei propri membri e al tempo stesso superarlo per raggiungere l’interesse della comunità. Promuoveranno lo sviluppo anche delle altre sfere sociali affinché esercitino i loro propri compiti senza ingerenze e daranno un contributo enorme alla fioritura e alla prosperità della società di cui sono membri. Inoltre, nel contesto della chiesa locale, le famiglie in modo solidale si adopereranno per sopperire ai bisogni spirituali e materiali di coloro che non possono godere del supporto delle proprie famiglie di origine. La chiesa locale diviene per coloro che sono in Cristo la famiglia per eccellenza dove anche vedovi, orfani e stranieri trovano il loro posto, soccorso e spazio di crescita personale.

 

Sul rapporto genitori e figli la critica maggiore di MicroMega è rivolta ad una visione proprietaria, per la quale i figli servono esclusivamente gli interessi dei genitori e del loro nucleo famigliare, e ai quali è disconosciuto il diritto di essere soggetti attivi in grado di prendere decisioni sul proprio corpo, avere una propria privacy e godere della libertà di coscienza e religione. Si invoca un altro intervento legislativo. Nonostante sia legittimo legiferare per limitare gli abusi dei genitori sui figli, l’Evangelo va molto più a fondo e vuole raggiungere il cuore. I figli non sono una proprietà, ma un dono di Dio, che va riconosciuto e valorizzato nella sua unicità e distinzione rispetto ai genitori, e che va aiutato a prosperare nella sua interezza esercitando la propria responsabilità genitoriale prima di tutto come qualcosa di cui dover rendere conto a Dio. 


Il figlio sarà a sua volta una ricchezza e una risorsa ben oltre sé stesso e i confini famigliari. La famiglia cristiana non può essere portatrice di un atteggiamento privatistico e antisociale. L’assunzione delle proprie responsabilità ad esempio verso la cura, l’educazione e l’istruzione dei figli tiene sempre insieme anche la crescita e il bene delle comunità di cui si è parte, affinché l’evangelo di Cristo sia testimoniato, vissuto e proclamato fedelmente.


Le letture sociologica, antropologica, pedagogica offerte da MicroMega sono, quindi, estremamente limitate. Fanno una lettura fenomenologica e la erigono a norma di giudizio. Se “non ha senso cercare nella ‘natura’ un fondamento per i nostri convincimenti morali e sociali” circa una famiglia naturale (p.8) perché dovremmo cercarlo per sostenere la distruzione della famiglia? L’ideologia di MicroMega pensa di affrontare le problematiche delle famiglie mediante l’abolizione per decreto della famiglia in quanto tale. 


La cultura evangelica offre una chiave diversa per guardare in modo in modo realistico alla famiglia: per riconoscerne la bontà come creazione divina, per osservarne e denunciarne le deformazioni e le falsificazioni generate dal peccato, ma anche annunciare e promuovere la sua redenzione per mezzo dell’opera di Cristo così che individuo e comunità non siano in contrapposizione ma fruttuosamente impegnati per la prosperità reciproca.



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