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Apologeti cattolici (II)? Un cattolicesimo polemicamente critico del protestantesimo

A fine Ottocento, la teologia liberale aveva dato per spacciata l’apologetica in quanto figlia di una fede arroccata, difensiva e dottrinaria. Si sbagliava.

L’apologetica è viva e vegeta, specialmente sul web dove fioccano iniziative volte a confrontare interpretazioni del vangelo diverse: cattolica, ortodossa, evangelica.

Chi ha delle convinzioni e un vissuto profondo non può che praticare l’apologetica in quanto è portato a parlare della fede in modo pubblico, argomentato ed appassionato ad altri che lo sono altrettanto delle loro convinzioni e con i loro vissuti.


Ciò detto, l’apologetica non è l’ambito principale della mia vocazione. Non mi reputo un apologeta, anche se studiare, scrivere e parlare del cattolicesimo dal punto di vista evangelico porta con sé un innegabile profilo apologetico.

In numerose presentazioni di libri, dialoghi teologici, tavole rotonde, convegni e pubblicazioni, ho cercato di svolgere un compito apologetico. Si tratta di valutare la teologia cattolica, provare a capirne il cuore e le risultanti, mettere in evidenza gli scollamenti rispetto all’insegnamento biblico, gli sviluppi storici abnormi, gli impegni dogmatici capestro, le pratiche devozionali devianti e le pratiche culturali spurie.

A questo compito che John Frame definirebbe “offensivo” (nel senso di decostruttivo) si associa quello “propositivo” dell’evangelo (l’annuncio del messaggio biblico) e “difensivo” della sua sostenibilità intellettuale e vitale. Eppure, pur non arretrando rispetto alle responsabilità apologetiche, non mi considero principalmente un apologeta.


Questo fa da sfondo all’invito ricevuto dalla radio inglese Premier a confrontarmi con Trent Horn, apologeta cattolico nordamericano tra i più noti nel circuito di Youtube.

Come ho fatto in seguito ad un dialogo pubblico avuto con un teologo cattolico italiano in cui ho reso pubbliche alcune considerazioni nate da quell’esperienza (qui in inglese), così scrivo queste note per fissare alcuni spunti emersi dal confronto con Horn. I temi della nostra conversazione radiofonica (durata quasi un’ora e mezza in tre parti) sono stati la differenza fondamentale tra cattolicesimo e fede evangelica, Maria, la Scrittura e il papato. 


Gli apologeti cattolici nordamericani aderiscono al cattolicesimo tridentino, identitario, anti-protestante, araldo di una comprensione del cattolicesimo tutto d’un pezzo, senza se e senza ma.

Per loro il cattolicesimo nella sua interezza (istituzione, sacramenti, devozioni, storia) ha sempre avuto ragione. Il Vaticano II lo interpretano in continuità con il cattolicesimo di sempre e glissano sulle idiosincrasie emerse dal concilio ed amplificate col pontificato di Francesco.

Il loro tono è perentorio, assertivo, polemico. Per loro il cattolicesimo è stato sempre lo stesso e sarà sempre lo stesso. I protestanti sono scismatici per non dire eretici. 


Diverso è l’approccio che generalmente si riscontra in Europa da parte di teologi cattolici. Qui l’interpretazione del Vaticano II maggioritaria ha reso il cattolicesimo mellifluo, umanista, sempre alla ricerca dell’affermazione dell’altro e del punto di contatto con tutti.

La tradizione non è negata ma sempre pensata come in divenire e aperta. Difficile qui avere una discussione virilmente apologetica. L’atteggiamento prevalente è quello “ecumenico”: le differenze con la fede evangelica non sono viste come contraddizioni da risolvere, ma come sfumature diverse sulla stessa realtà da abbracciare insieme.

Solo quando si tocca il cuore nevralgico delle questioni (l’istanza di riforma biblica della fede sui dogmi e le istituzioni romane, non solo di un cattolico e blando rinnovamento), allora la reazione si inizia a sentire. In altre parole: papa Francesco direbbe agli evangelici: “siamo fratelli e siamo già uniti, camminiamo insieme, le differenze vanno accolte ed armonizzate”; questi apologeti dicono: “voi evangelici siete un nuovo movimento religioso, avete rotto con la chiesa antica, tornate a Roma se volete scoprire la vera fede”. Sono due atteggiamenti molto diversi, anche se figli dello stesso sistema.


Horn ha confermato questa lettura. Ha subito assunto una posizione polemica anche se con stile e mantenendo l’aplomb di un esperto anchorman. Ha snocciolato la dottrina cattolica (citando concili, Trento e il Catechismo, ma non il Vaticano II).

Ha criticato le (ai suoi occhi) incoerenze della fede evangelica. Ha esaltato la superiorità del cattolicesimo. Ha perorato la causa dell’adesione alla chiesa di Roma. Ha praticato un’apologetica “dura”, oppositiva, critica anche se mai personalmente offensiva. 


Molti teologi cattolici europei sarebbero stati negativamente impressionati da questa postura, così come Horn proverebbe disagio nei confronti dell’indisponibilità a praticare l’apologetica da parte di tanti preti e teologi cattolici ecumenici.

Questo per dire che quando si fa apologetica con interlocutori cattolici, bisogna capire a che tipo di cattolici si sta parlando. Evidentemente ci sono tipologie diverse.

Bisogna imparare a confrontarsi con tutti perché in fondo sono risultanti diverse dello stesso sistema: “romano” (quello appuntito della tradizione) e quello “cattolico” (quello inclusivo del cattolicesimo contemporaneo).

L’apologetica evangelica va adattata e contestualizzata all’interlocutore, partendo sempre da una visione sistemica del cattolicesimo che sa che il cattolicesimo sa tenere insieme anime tradizionaliste, progressiste, ecumeniche, devozionali, ecc. e che, piegandosi senza spezzarsi, è rigido ed elastico allo stesso tempo.


(continua)


Della stessa serie:

“Apologeti cattolici (I)? Una prima mappatura di un mondo in crescita” (20/11/2024)




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