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Cos’ha da dire il pensiero evangelico sull’educazione? (II) Tre priorità per l’Italia

Come per molti altri argomenti, il pensiero evangelico di Abraham Kuyper sull’educazione è di grande ricchezza e ci incoraggia a pensare anche per l’Italia ad una scuola profondamente diversa. Le questioni che una riforma dell’educazione interseca sono assai numerose e non è possibile cambiare la scuola senza toccare le corde profonde di un intero Paese. Le vicende dell’Olanda di Kuyper, per quanto distanti e diverse dalle nostre, ci aiutano comunque ad abbozzare alcune priorità per il contesto italiano.

Ogni opera di riforma deve partire dalle fondamenta. Per Kuyper ciò significava fare i conti con la presunta identità cristiana della sua nazione e con l’articolo 194 della Costituzione che legittimava una situazione di privilegio e non garantiva la libertà religiosa. Non solo l’esperienza olandese, ma tutta la rivelazione biblica ce lo attesta: può esserci trasformazione radicale solo se si va alla radice. Questo principio spirituale è anche estremamente pragmatico. 

A differenza dei Paesi Bassi che aderirono alla Riforma Protestante, il nostro Paese non ha mai davvero conosciuto un movimento di riforma evangelico; l’Italia si è piuttosto contraddistinta per essere prima il cuore della Controriforma cattolica e oggi la culla dell’ecumenismo. Per questo motivo qualunque cambiamento risulterebbe superficiale se non considerassimo il vero e profondo bisogno che il nostro Paese ha di una riforma spirituale, di un annuncio del vero vangelo della grazia senza compromessi, di un profondo e diffuso amore per la Parola di Dio, seguito da un’ondata di conversioni sincere a Cristo per opera dello Spirito Santo. Per l’Italia quindi, andare alle radici, consiste in un impegno su due fronti: da un lato l’impegno profetico che la chiesa deve riconoscere come fondamentale, e dall’altro l’impegno regale che coinvolge i singoli, le famiglie e i corpi intermedi affinché contribuiscano a ripristinare l’ordine di Dio e a preparare un terreno il più possibile ricettivo all’evangelo e pronto per portare buoni frutti in ogni sfera sociale, compresa la scuola.

Ogni opera di riforma deve ribadire l’importanza dell’identità cristiana ma senza pretendere uno spazio di privilegio. L’identità cristiana non può essere realmente vissuta e insegnata indipendentemente dalla fede personale in Cristo. Per questo motivo Groen Van Prinsterer[1] prima e Kuyper dopo, si sono opposti all’idea di una scuola pubblica che si dichiarava promotrice delle “virtù cristiane”, ma senza alcun riferimento a Cristo, così come ad una scuola che pretendeva di essere neutrale, non essendo altro che la portavoce dell’ideologia politica del momento.

Ribadendo l’importanza fondamentale dell’identità cristiana e della libertà religiosa, si impegnarono affinché le confessioni cristiane non godessero di spazi di privilegio alcuno, ma che piuttosto, attraverso le sue leggi, lo Stato esercitasse il dovere di garantire uguali diritti ad ogni individuo, compresa la libertà di educare e istruire secondo la propria visione del mondo. Senza questi riconoscimenti fondamentali la riforma del sistema nazionale d’istruzione in Olanda non sarebbe mai stata possibile. 

La situazione italiana è molto simile. Non potremo vedere alcuna riforma sostanziale se non affronteremo la questione spinosa di uno Stato e di una scuola statale che mantengono un rapporto di privilegio con una chiesa e con una confessione religiosa (quella cattolico romana). Il popolo evangelico italiano, così come fecero i nostri predecessori nell’imminenza dell’Assemblea Costituente, deve affermare “libertà religiosa per tutti” perché essa è la condizione fondamentale per poter servire Dio “in sincerità e responsabilità” e perché “il potete costituito non deve adoperare nessuno dei mezzi che la società gli fornisce, per l’amministrazione ed il governo, per favorire una determinata credenza a danno di un’altra” (“Nell’imminenza della Costituente”, in Il Testimonio, n.7/8 1946, p.41).

Un’opera di riforma dell’istruzione deve promuovere il pluralismo educativo. Kuyper si rifiutava di assumere la postura della competizione tra scuola e genitori, e tra scuola privata e scuola pubblica, perché riteneva che l’educazione non fosse una questione politica, bensì sociale e che ogni azione mossa in suo favore dovesse partire da esigenze di tipo pedagogico e non politico. In questa prospettiva lo Stato è il garante di un diritto in mano alle famiglie e non deve avere alcuna prerogativa sul piano pedagogico. In Italia c’è un dibattito in corso da alcuni anni sulla materia del pluralismo educativo, promosso per lo più da personalità e associazioni cattoliche.  Come evangelici dovremmo partecipare con convinzione sostenendo il primato della famiglia nell’educazione dei figli e la necessità, per una sana crescita dell’infanzia, di ricevere un’istruzione che non confligga con la religione e le convinzioni profonde dei genitori, affinché non porti l’idea della competizione tra scuola e famiglia all’interno nelle aule scolastiche. Fu proprio per questi stessi motivi che Kuyper fu strenuo sostenitore di un sistema educativo libero e plurale, dove accanto alle scuole aperte dallo Stato, fosse incoraggiata e sostenuta la fondazione di scuole di ispirazione religiosa e pedagogica varia, in modo da consentire alle famiglie di istruire i propri figli secondo coscienza, in un clima di pluralismo educativo che contribuisse all’arricchimento intellettuale e sociale della nazione, al quale anche le famiglie cristiane possono e devono contribuire con il loro apporto specifico. Stabilendo il principio della restituzione, inoltre, lo Stato si impegnava a coprire le spese delle scuole private, usando i fondi che avrebbe dovuto spendere se si fosse assunto l’onere in autonomia di garantire l’apertura e la gestione delle strutture scolastiche necessarie per tutti. 

Solo facendo fronte a queste priorità possiamo pensare ad una vera riforma dell’istruzione nel nostro Paese e come evangelici potremo anche pensare di fondare scuole cristiane che abbraccino una visione del mondo biblica in ogni loro aspetto pedagogico, etico e amministrativo, contribuendo al bene della nostra nazione.

[1]Aa.Vv., “G. Groen Van Prinsterer (1801-1876)”, Studi di teologia, n. 26 (2001/2).


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