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"Degrado di Roma, problema dell'Italia". C'è una soluzione?

Non è una voce qualunquista e demagogica. Non è un cittadino arrabbiato e populista. Non è un politico locale in cerca di facili consensi. E’ Andrea Carandini, intellettuale di fama internazionale, professore emerito di Archeologia classica alla Sapienza. Il suo ultimo libro è Dal mostro al principe. Alle origini di Roma, Roma-Bari, Laterza 2021.

Intervistato da Il Foglio (1/7/2022), il noto archeologo dice a proposito di Roma: “La capitale è in condizioni da Medioevo e la sua crisi dovrebbe preoccupare le istituzioni della Repubblica. Ci vuole un piano strategico. Una sensibilizzazione. Questa città è il simbolo della nazione”. La ragione contingente di questa dichiarazione sconsolata è l’ennesima (!) emergenza rifiuti che Roma sta vivendo in queste settimane. La città è sporca, c’è stato un incendio all’unico impianto di smaltimento che ne ha ridotto la funzionalità, i cassettoni sono ricolmi di spazzatura che finisce per le strade in cumuli maleodoranti. Carandini si dice affranto dal fatto che la città che fu capitale di un impero ora lascia ai tanti turisti che la vengono a visitare un’immagine di degrado. 

Al di là di queste ragioni legate alla triste attualità, l’archeologo apre la visuale a questioni di carattere strutturale. La spazzatura è l’epifenomeno di un problema ben più ampio e profondo. “Purtroppo – dice – classi dirigenti di basso livello ci hanno portato a una situazione da alto Medioevo: una decadenza durata sei secoli”. Da storico qual è, Carandini sa che le questioni sono annose, anzi secolari. 

Il problema è anche culturale. “E’ una città dove una borghesia produttiva e un ceto medio propulsivo mai hanno albergato. Popolino, preti, aristocratici, burocrati e generone non rappresentano una gran premessa”, dice. 

Quali sono le sue idee per sperare in un cambiamento? “Servono proposte perché gli italiani riconoscano questa città come propria capitale, preoccupandosi per lei e non solo prendendola in affitto”. Servedotare Roma di un assetto giuridico adeguato”. Serve fare di Roma un fuoco d’interesse nazionale. 

In sostanza: per Carandini ci vogliono nuove leggi e un approccio non locale né comunale, ma nazionale e statale. L’impressione è che, a fronte della lucidità dell’analisi del degrado, le soluzioni suggerite siano meno incisive. Siamo sicuri che la cultura che ha generato il degrado si cambi con le leggi soltanto? 

Qualche anno fa, un altro grande intellettuale come Sabino Cassese, aveva lanciato un grido d’allarme sulla Capitale: “Roma rischia di morire” (Corriere della Sera, 31/8/2017) aveva detto. Per Cassese Roma era una città dagli standard mediorientali e aveva suggerito una ricetta comprendente più soldi, nuove leggi, nuova classe dirigente. In un certo senso, Cassese aveva detto cose simili a quelle di Carandini. Anche in quel caso, l’analisi era incontestabile, ma la via d’uscita un po’ velleitaria. Quanti soldi Roma ha già ricevuto, quanti leggi speciali sono state votate per la Capitale, quanti sindaci di colori politici diversi si sono succeduti? Purtroppo, anche le migliori intelligenze italiane, pur proponendo analisi profonde, brancolano nel buio quanto alle possibili soluzioni. 

La nostra responsabilità come chiese evangeliche è di amare la città di Roma e di impegnarci per il suo bene, senza cedere a qualunquismi o a letture superficiali della realtà. Sappiamo però che solo l'evangelo di Cristo potrà scuotere la città cambiando in profondità la cultura. Cambiando la ricetta di Carandini (e di Cassese), si potrebbe dire che Roma ha bisogno di tre cose:

  1. più chiese fedeli all'evangelo e disseminate in tutta la città;

  2. più persone pronte a vivere l'evangelo integralmente e a rischiare; 

  3. più luoghi di pensiero e di formazione dove ripensare radicalmente tutto alla luce dell'evangelo per rifondare la vita su basi diverse: quelle di Dio e della sua Parola.

Certamente, più soldi, migliori leggi e politici responsabili possono aiutare. Ma senza un riforma secondo l’evangelo, il loro impatto sarà minimo, sicuramente non decisivo. L’evangelo di Gesù è la vera ricetta per fermare il declino e per sognare un cambiamento culturale e strutturale, anche a Roma. La domanda è se le comunità evangeliche a Roma siano convinte che sia così.


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