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Di fronte al dolore di una figlia

Avevamo fatto i conti con l’idea di vedere la sofferenza delle nostre figlie già cinque anni fa. Quando la nostra prima bambina, di solo un mese e mezzo, cominciò a respirare a fatica, capimmo che avremmo dovuto sopportare la vista di aghi, di flebo e urli per il suo bene. Durò solo dieci giorni, una semplice bronchiolite trattata con le migliori cure, ma fu abbastanza per capire che né noi né nessun altro genitore avrebbe mai potuto privare i propri figli della sofferenza. Si può essergli vicino durante i momenti bui, si può pregare con e per loro, si può abbracciarli forte, ma non si può evitargli il dolore. 

Qualche giorno fa abbiamo sperimentato le conseguenze di un’operazione chirurgica ad entrambi gli occhi della nostra primogenita di cinque anni. Sebbene l’avessimo preparata, sebbene sapessimo che sarebbe stato difficile, non ci saremmo mai aspettati tutto questo dolore. Avevamo pregato per un risveglio dolce dall’anestesia ed una ripresa serena, eppure dopo le due ore di intervento, il ritorno alla lucidità è stato un insieme di urla e pianti disperati. Ciò che doveva essere finalmente la soluzione a quella fastidiosa esotropia era diventata la causa di un incubo doloroso. Gli occhi con cui aveva sempre guardato non si aprivano più. Ciò che prima permetteva di esplorare il mondo, in quel momento per nostra figlia ora non era altro che la fonte di una sofferenza mai provata. Mentre dagli occhi scorrevano lacrime di sangue, dalla piccola bocca uscivano parole di sconcerto e disperazione. Noi sapevamo che sarebbe stato solo un momento, solo la conseguenza temporanea di un intervento necessario, per lei no. Nella mente della nostra bambina questo dolore era il tradimento di chi voleva curarla ed invece la stava facendo soffrire ingiustamente. 

Tutti noi quando proviamo dolore sperimentiamo un senso di tradimento. Non è colpa nostra, non è qualcosa che ci siamo cercati e spesso è anche la conseguenza di scelte altrui. Sebbene ognuno di noi affronti il dolore con delle sfaccettature diverse, quando questo colpisce i nostri figli il senso di tradimento diventa piuttosto tangibile nei nostri pensieri. Ma perché il dolore? Cosa ci dice la sofferenza di chi amiamo? 

Il dolore è la triste conseguenza del peccato di Adamo ed Eva (Genesi 2,17;3,16-17;5,5) e lo rende un elemento riconoscibile nella vita di tutta l'umanità (Giobbe 33,19; Ecclesiaste 2,23). Riflettendo sul dolore cronico, Michael R. Emlet afferma: 

“anche se il dolore è la conseguenza del peccato di Adamo ed Eva, questo non significa che è direttamente correlato con il tuo peccato personale, tutt’altro va inteso nel contesto ampio del peccato dell’uomo e della piena redenzione (fisica e spirituale) in Gesù Cristo. Affrontare il dolore implica non solo la ricerca della risoluzione dello stesso ma anche l’opportunità di viverlo alla luce della verità che il regno di Gesù ha stabilito la fine del dolore, della sofferenza, del peccato e della morte (Luca 4,38-40; 13,10-13; Apocalisse 21,4)”.

I cristiani non sono quelli che cercano la sofferenza come espiazione delle proprie colpe. I cristiani non trovano la gioia nel dolore, ma nel momento più buio intravedono la gioia di Gesù Cristo nella Sua opera di redenzione. Il dolore non ci avvicina a Dio, non ci purifica e non ci rende santi ma ci dà l’opportunità di osservare quanto grande, profondo e liberatorio sia stato il compito del Salvatore. Dietro la tristezza e la disperazione del dolore di chi amiamo possiamo intravedere il piano redentivo di Dio per la fine della sofferenza e della morte.

Cara figlia, anche Gesù ebbe le guance rigate da gocce di sangue (Luca 22,44), anche Gesù soffrì il dolore, anche Gesù provò la sofferenza (Isaia 53,3), l’ingiustizia, il tradimento, l’abbandono e la morte. Anche Gesù attraversò e sperimentò le conseguenze del peccato, ma a differenza nostra, lui non ebbe mai alcuna colpa. Senza mai peccare, senza mai partecipare alla corruzione, Gesù Cristo si caricò delle ingiustizie di tutti quelli che avrebbero posto la propria fede in lui e le ha pagate sulla croce morendo e risorgendo il terzo giorno. Gesù ha affrontato il dolore e l’agonia della croce alla luce della gioia della sua vittoria che stava per avvenire (Ebrei 12,2). Così anche tu e noi, mentre piangiamo insieme e combattiamo contro la sofferenza, possiamo gioire nel dolore intravedendo la vittoria che Gesù ha provveduto per chi ha creduto in lui.


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