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Dopo Keller-Piper-Carson, cosa?

Keller-Piper-Carson. Non è l’attacco di una squadra di calcio vincente, ma il trio di personalità evangeliche nord-americane che, almeno in Occidente, ha rappresentato un punto di riferimento importante per almeno due generazioni di ex-giovani e giovani evangelici. Per chi ha iniziato la propria militanza evangelica a cavallo del passaggio del millennio, Keller-Piper-Carson sono stati autori letti, ascoltati, ammirati, di là e di qua dell’Atlantico.

La loro influenza è stata esercitata attraverso libri, conferenze (sono stati tutti in Italia, almeno una volta), e poi video e podcast che sono diventati virali. Hanno anche creato istituzioni come la Gospel Coalition che ha provato a dare una cornice organizzativa e progettuale alla popolarità dei tre. All’apice della curva del “successo”, Collin Hansen ha coniato nel 2008 l’espressione “young, restless and reformed” (giovani, senza requie e riformati) per descrivere la tipologia di evangelicalismo che emergeva anche grazie al loro contributo: un grande impatto sui giovani, un certo movimentismo imprenditoriale e un profilo dottrinale caratterizzato dalla fede riformata (in versione evangelicale più che distintamente confessionale).

Nella stagione del declino fisico di Billy Graham e John Stott (leader evangelici di levatura mondiale sino agli Anni Novanta), Keller-Piper-Carson sono stati coloro che, in un certo senso, hanno fornito una qualche forma di leadership al movimento evangelico-riformato e non solo.

Poi, è successo qualcosa che ha fatto inceppare l’ingranaggio che sembrava perfettamente oliato e funzionante. Alcuni fattori interni e altri esterni hanno mutato lo scenario. Internamente, vi sono stati casi eclatanti di scandali e comportamenti inusitati da parte di giovani leader a cui il trio aveva dato fiducia: su tutti Mark Driscoll che, nel giro di dieci anni, ha fatto prima crescere vertiginosamente poi affossato rovinosamente la chiesa Mars Hill a Seattle, creando macerie e feriti sul campo. Altri casi “minori” ma ugualmente dolorosi di fallimenti hanno mostrato le fragilità interne del movimento. Esternamente poi, è cambiata l’America con le sue polarizzazioni politiche, culturali e sociali che si sono riverberate nel movimento causando fratture profonde al suo interno. Anche in questo caso, si sono mostrate delle debolezze proprie della “coalizione evangelica” che una certa retorica aveva spacciato in punti di forza.

Un interessante articolo di Jake Meador, “Reflections on the Evangelical Fracturing, Ten Years in” (17/1/2024) ripercorre brevemente la storia e si fa alcune domande utili per iniziare a comporre il quadro emergente. L’inizio della crisi della “coalizione evangelica” di Keller-Piper-Carson è indicato nel 2014, anno in cui scoppia il caso Driscoll e anno dell’ultima conferenza di “Desiring God”, il brand di John Piper. Da allora è stato un susseguirsi di graduali frazionamenti del movimento conditi da polemiche, defezioni, abbandoni, trasformazioni delle persone in ex-vangelici, ecc. Le grandi conferenze USA che tra il 2005 e il 2015 raccoglievano migliaia e migliaia di giovani pastori hanno iniziato a mostrare segnali di crisi, alcune hanno chiuso. Nel frattempo, Keller è morto (2023), John Piper è andato in emeritazione anche se ancora molto attivo, Carson ha un profilo più dimesso. Sembra che sia finita un’epoca.

Meador suggerisce alcune chiavi di lettura della transizione in corso. Da un lato, il cambio generazionale (dai baby-boomers alla generazione Z) ha messo in evidenza la diversa “pasta” dei leader evangelici. I più giovani (alcuni dei quali sono andati incontro a fallimenti) sono stati da subito lanciati nel mondo dei media ed esposti mediaticamente senza essere umanamente maturi. La tecnologia ha giocato un ruolo. Le aspettative di “successo” immediato della cultura americana hanno anche influito nel rendere i più giovani vulnerabili alle sirene della visibilità e della celebrità, senza avere strutture ministeriali all’altezza della situazione. Ci sono altri fattori da considerare.  Nel nostro mondo (anche quello evangelico americano) tutto corre veloce, sia le dinamiche di apparente crescita, sia quelle di declino.

Cosa succederà ora dopo Keller-Piper-Carson? Dio solo lo sa. Come è noto, l’Italia evangelica è un altro mondo e ha processi molto più lenti. Qualche eco (positiva) del trio è arrivato anche qui. Prima che arrivi anche l’eco della crisi del movimento, è bene fare tesoro di qualche lezione sulle ragioni che l’hanno favorita?


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