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Evangelici contro il razzismo (IV). “Rifiutiamo il male del razzismo” (Città del Capo 2010)

Il pensiero evangelico contemporaneo ha fatto i conti con il male del razzismo indicandolo come un peccato da rigettare e contro cui combattere. La “Dichiarazione di Berlino” del 1966 ha sottolineato il fatto che l’umanità creata da Dio è una, diversa ma senza distinzioni tra persone inferiori o superiori (“Una sola razza”, 1966). Il “Patto di Losanna” del 1974 ha invitato tutti i credenti a evangelizzare e a servire il mondo intero senza distinzioni di razza, superando pregiudizi culturali peccaminosi (“Senza distinzioni di razza”, 1974). La Dichiarazione di Chicago del 1986 ha impegnato gli evangelici al rispetto dei diritti umani senza discriminazioni razziali (“Nessuna discriminazione razziale sui diritti”, 1986). Ciò non vuol dire che gli evangelici siano sempre stati all’altezza della loro vocazione o che abbiano vissuto pienamente questi appelli. Di fatto, tuttavia, nelle sedi internazionali e in occasione di convegni mondiali, il tema del razzismo è stato affrontato e stigmatizzato. Ogni discorso sul razzismo dovrebbe poter contare su un’ampia riflessione evangelica cui questi documenti danno voce.

L’ultima tappa di questa carrellata non può non riguardare l’Impegno di Città del Capo (2010), il documento che è stato redatto a seguito del III Congresso di Losanna per l’evangelizzazione del mondo. Si tratta di uno tra i più importanti pronunciamenti evangelicali degli ultimi decenni e, per questa ragione, ha trovato posto nella benemerita raccolta di Dichiarazioni evangeliche II (2017), curata da Pietro Bolognesi e pubblicata dalle Edizioni Dehoniane di Bologna. 

Nella sezione 1.7, si trova il capitolo intitolato “Amiamo il mondo di Dio”. Come cristiani che amano Dio Padre, Figlio e Spirito Santo non possiamo non amare la creazione di Dio. All’interno di questo capitolo si legge: “La diversità etnica è il dono di Dio nella creazione e sarà preservata nella nuova creazione, quando sarà liberata dalle nostre divisioni e rivalità, espressioni della caduta nel peccato”. Dio ha creato la diversità di colore, di statura, di tratti fisionomici, ecc. tra le popolazioni del mondo. Tutta questa ricchezza riflette la diversità creativa di Dio. 

Più avanti l’Impegno afferma: “Questo amore per tutti i popoli esige che rifiutiamo i mali del razzismo e dell’etnocentrismo e trattiamo ogni gruppo etnico e culturale con dignità e rispetto, sulla base del valore che hanno per Dio nella creazione e nella redenzione”. L’amore di Dio e per Dio ci costringe a rigettare il razzismo e a considerarlo come un male. 

La storia evangelica non è esente da gravi compromessi e da inaudite giustificazioni al razzismo. Per questa ragione, in un’altra sezione (“La pace di Cristo nei conflitti etnici” 2.b.2) l’Impegno afferma:

A questa confessione di peccato segue l’impegno ad essere operatori di riconciliazione, dentro e fuori la chiesa, e a vigilare affinché la testimonianza dell’evangelo non sia macchiata da ideologie o pregiudizi razzisti che, di fatto, minano la credibilità della missione cristiana in quanto sconfessano in modo inappellabile la buona notizia che Dio Padre ha creato un mondo diversificato, che Gesù Cristo ha redento un popolo fatto di tanti popoli diversi e che lo Spirito Santo considera la diversità un dono da preservare e promuovere. Il razzismo non ha alcuna cittadinanza nella visione del mondo cristiana. E’ in aperta contraddizione al messaggio dell’evangelo. E’ un abominio per chi professa di credere nel Dio biblico. 


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