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«Figliola, ascolta». Jan Hus alle donne boeme

A Roma, al centro della storica piazza di Campo de’ fiori, si erge la statua di Giordano Bruno, filosofo domenicano condannato al rogo nel 1600 dalla chiesa cattolico-romana a causa delle sue idee eterodosse. Simbolo emblematico del libero pensiero, a “sostenere” la statua del filosofo nolano, sono presenti sul basamento profili bronzei di altri personaggi vissuti prima di lui, anch’essi condannati per essere andati contro il pensiero preponderante della loro epoca. Tra questi, c’è anche il noto teologo e predicatore boemo Jan Hus, ricordato dalla storiografia per essere stato, insieme a John Wyclif (1330-1384), una sorta di precursore della Riforma protestante. Contrario al potere temporale della chiesa (si veda il volume Il primato di Pietro, Torino, Claudiana 2009), e in particolare alla vendita delle indulgenze, venne convocato al concilio di Costanza (1414-18) dove fu prima imprigionato poi bruciato al rogo il 6 luglio del 1415.

A parlare di Jan Hus in occasione di Libri per Roma, l’iniziativa dell’Istituto di cultura evangelica e documentazione, è stata Anezka Záková, curatrice insieme a Stefano Cavallotto, e traduttrice di «Figliola, ascolta». Dalla Riforma suggestioni per donne e uomini di ieri e di oggi Il libro, tradotto per la prima volta in italiano, è frutto degli anni di esilio del teologo boemo (1412-1414). Oramai espulso dall’Università di Praga di cui era rettore, Hus vagò per due anni nella campagna boema continuando a fare quello che lo aveva contraddistinto, attirando le ire di molti: predicare la Parola di Dio alle classi meno abbienti. Già da quando era diventato predicatore della cappella di Betlemme, Hus si era fatto conoscere per la sua sensibilità sociale e per il suo desiderio di comunicare con semplicità il messaggio del Vangelo in lingua vernacolare.

«Figliola, ascolta» non è altro che una sinossi del suo spirito evangelico, rivolto esplicitamente alle donne che abitavano nelle case che circondavano la cappella dove era solito predicare numerose volte al giorno. Composto da dieci capitoli, ognuno introdotto dall’invocazione “Figliola, ascolta”, il trattato era inteso per essere letto ad alta voce, probabilmente per via dell’alto tasso di analfabetismo. Esso illustra con una forte ansia escatologica dottrine che Jan Hus riteneva basilari per comprendere e vivere la fede cristiana (Spirito e carne, la lotta ai nemici del cristiano, il rapporto personale con Dio, il giudizio finale e la vita eterna).

Se inserito nel suo giusto contesto, il testo di Jan Hus risulta sicuramente una novità soprattutto perché indirizzato a donne, non solo ritenute all’epoca di per sé inferiori, ma anche eretiche perché seguaci di un altrettanto eretico. Contro la cultura del tempo, Jan Hus comprese che il Vangelo non era esclusivo appannaggio delle classi benestanti, ma che, al contrario, esso doveva essere traducibile a qualsiasi fascia della società, sia essa maschile che femminile.

Nonostante le idiosincrasie presenti nel pensiero di Jan Hus, ragionevolmente giustificabili per via del sistema da cui stava lentamente fuoriuscendo, è evidente come un contatto diretto con la Parola di Dio, interpretata fedelmente, abbia riscontri radicali e reazioni convinte. Jan Hus non ritrasse mai le sue tesi, e come Lutero cento anni più tardi, si appellò alla Parola di Dio e alla sua coscienza. Mentre il predicatore boemo moriva a Costanza, c’erano donne in Boemia che potevano esercitare la loro fede e parlare di teologia grazie al lascito del loro maestro.

Prima della sua esecuzione Hus avrebbe dichiarato: «Oggi voi bruciate una debole oca, ma dalle ceneri sorgerà un cigno» (Hus, infatti, in ceco significa "oca"). Più tardi gli agiografi intesero questa frase come una premonizione della venuta di Lutero e quindi assegnarono a quest'ultimo il cigno come simbolo.


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