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Filmmaker in ricerca. Una mostra di Jonas Mekas

Images Are Real (Le immagini sono reali) è la mostra fotografica in retrospettiva alla settantennale attività del registra, poeta, scrittore e filmaker Jonas Mekas (1922-2019). Lituano di nascita, naturalizzato statunitense, Mekas ha attraversato le tragedie e le speranze del Novecento. Le opere di Mekas (fotogrammi e video) sono esposte al Mattatoio di Testaccio a Roma. L’idea di fondo che spinge l’artista a registrare spezzoni di video in tutti i luoghi possibili e in tutti i momenti della sua vita è un modo per raccontare la realtà come gli è apparsa, in un continuo divenire, in un turbinio conflittuale di fatti e interpretazioni. Mekas racconta la sua vita intensa: dall’inferno della Seconda Guerra Mondiale, agli attentati dell’11 settembre, passando per le amicizie intense con Warhol, Yoko Ono, Pasolini. 

Dunque, il filo conduttore che lega tutti i progetti di Mekas è la vita, la sua vita. Ciò spiega anche il progresso delle tecniche di ripresa con cui si è cimentato: questo ha fatto di lui un artista d’avanguardia. Le raccolte Un racconto d’altri tempi, Purgatorio, Diario sono finestre aperte dall’artista sul mondo.

Così come è attento alle tragedie della storia, lo sguardo di Mekas è attento anche ai fatti di tutti i giorni: un albero che si muove al vento, la pioggia che cade dal cielo, una mamma che allatta suo figlio, una telefonata ad un amico, artisti di strada che si esibiscono.

Nella sua ricerca artistica, intellettuale ed umana, Mekas è alla ricerca di una speranza che qualcosa cambi o che tutto cambi. È famosa una sua citazione che è riprodotta all’interno della mostra e che recita così: 

I’ve read Plato, St. Augustine and John. And read Kant, Christ Jesus. Heiddeger and Dante.

Among others, I go on. No hope. Yet remain an idealist. I cross the ruin of a poisoned earth still believing in miracles.

Cioè: “Ho letto Platone, Sant'Agostino e Giovanni. E ho letto Kant, Cristo Gesù. Heiddeger e Dante.

Tra gli altri, continuo. Senza speranza. Eppure, rimango un idealista. Attraverso le rovine di una terra avvelenata credendo ancora nei miracoli”.

C’è un itinerario di letture e incontri, riflessioni e domande. Mekas è in ricerca, guarda alla vita e spera che il mondo cambi. Legge i filosofi antichi e moderni. Legge la Bibbia e la poesia. Guarda al mondo e spera che esso migliori, da solo. E’ idealista ma non proprio realista, nonostante il titolo della mostra. L’artista cerca di trovare la sua speranza in un mondo decaduto. È come cercare una pepita d’oro in una miniera di carbone anche se lui spera che l’oro, alla fine, lo si troverà. 

La ricerca di Mekas è artisticamente accattivante, ma il suo idealismo è mal fondato. Infatti, sarà praticamente impossibile vedere la speranza di un mondo migliore, se la soluzione non viene cercata altrove, nel Dio che ha creato il mondo, in origine molto buono, ma sfigurato a causa del peccato. La verità è che il mondo da solo non potrà mai migliorare. Non potremmo mai vedere miracoli senza l’impatto dell’evangelo di Cristo, venuto ad inaugurare il suo regno. La creazione geme (Romani 8,19), ha bisogno di qualcosa. Mekas lo intuisce, idealizza una via d’uscita che non c’è, ricerca nelle fonti della cultura, spera in un miracolo, ma non sa Chi lo può fare e come.


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