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Generazione Z: conoscere i giovani per abbracciarli con la cultura dell’evangelo

Dalla sociologia all’economia, tutti si interrogano su quali siano i tratti peculiari e i comportamenti delle giovani generazioni per costruire trend utili alle proprie finalità: dare nuova direzione al mercato, affiliare politicamente, ognuno ha il proprio obiettivo da raggiungere. Anche la chiesa è chiamata a confrontarsi con le giovani generazioni ma non per trarne un profitto personale, istituzionale o di immagine, ma per consegnare l’eredità dell’evangelo di Cristo in modo rilevante e contestualizzato. Ad onore del vero bisogna dire che l’evangelo è perfettamente adatto ai bisogni e alle condizioni di ogni generazione e, nello stesso tempo, è in grado di abbracciare tutte generazioni insieme, per unirle in un unico corpo, in una comunità sola.

È passato il tempo dei Millennials e la generazione attuale non ha ancora un nome proprio. La generazione Z - al momento le è assegnata solo una lettera - è già oggetto di numerose ricerche e indagini che ne delineano i tratti peculiari, i sogni e le aspirazioni, i modi di agire e di pensare. Global Youth Culture è il titolo di una ricerca condotta tra il mese di febbraio e marzo 2020 (poco prima dei lockdown) dall’Organizzazione internazionale OneHope, che ha censito 8,394 adolescenti tra i 13 e i 19 anni in 20 paesi diversi. I risultati resi disponibili attraverso un sito web accuratamente preparato e contenente tutte le informazioni relative ai dati raccolti, sono stati ripresi da un interessante articolo di Joke Haaijer dal titolo “Understanding and discipling youth” (Comprendere e discepolare i giovani).

Anche in Italia il tema del discepolato dei giovani è stato oggetto di diverse e recenti pubblicazioni. Il Comitato del Movimento di Losanna in Italia ha dedicato all’argomento una delle sue Conversazioni mensili (maggio) e un webinardurante il quale leader coinvolti a vari livelli nel lavoro con i più giovani, si sono interrogati sulle sfide, i rischi e le opportunità che la generazione Z offre alla chiesa in Italia. 

A caldo si potrebbe pensare che i tratti caratteristici di questa generazione mettano in crisi tutti i capisaldi della fede e dell’etica evangelica classica: l’autorità della Scrittura, la centralità della croce di Cristo, la Trinità, la necessità della conversione e l’attivismo cristiano. In realtà questi capisaldi sono proprio la risorsa più straordinaria per raggiungere i bisogni, le domande, i dubbi e le aspirazioni della generazione Z. 

Si tende a pensare che l’azione sociale sia il ponte più prossimo per raggiungere questa generazione, dato il forte anelito per la giustizia (diritti umani, cura del pianeta, ecc…). In realtà, se tentiamo un approccio per singole questioni invece che un approccio integrale, ci sono anche dei rischi per la chiesa. Se creiamo un ponte senza che la struttura sia costituita dall’ossatura dell’identità evangelica, il ponte crollerà. Questa è stata la strategia cattolico romana del Vaticano II che ha abbracciato i bisogni della cultura moderna e alla fine li ha fatti propri senza reinterpretarli alla luce dell’evangelo, perché era più interessata a preservare lo status quo che a proclamare la salvezza in Cristo. 

La chiesa di Cristo deve piuttosto costruire un ponte culturale dove tutti questi elementi costituiscono la struttura portante, perché tutti richiamano un bisogno specifico di questa generazione e l’Evangelo è la risposta adatta. L’autorità della Scrittura richiama il loro bisogno di autorità, di una fonte, di una guida certa e stabile per le loro vite. L’indipendenza e le responsabilità precoci a cui sono stati esposti dai loro adulti di riferimento, la relatività e la fluidità su cui hanno dovuto costruire la propria vita non soddisfa il loro spirito, ed è significativo che per il loro futuro cerchino proprio ciò che gli è mancato. In oltre 8 casi su 10, gli adolescenti italiani vorrebbero costruire una famiglia, soprattutto attraverso un legame matrimoniale; e 3 su 4 aspirano a diventare genitori (Grassucci, Taddia, 2021).

Il messaggio della croce poi è estremamente rilevante perché questi giovani hanno bisogno di sapere che c’è qualcuno che è disposto a sacrificarsi per loro, a sacrificare i propri interessi, la propria carriera, il proprio successo, per il loro bene e la loro salvezza.

La conversione parla al loro forte desiderio di cambiamento della loro condizione personale e di quella del mondo attorno e per questo motivo la chiesa deve essere attenta alle questioni sociali, economiche, ambientali, umane del nostro tempo per dare risposte radicali e contro-culturali secondo l’Evangelo. Non risposte moraliste o legaliste, ma risposte bibliche.

La fede evangelica inoltre è la fede in un Dio uno e trino che racchiude in sé stesso l’unità e la diversità e per questo motivo è la sola persona che può metterci in grado di comprendere la realtà e di vivere nel modo più adatto in un mondo complesso senza perdere di vista l’armonia di cui è stato dotato dal suo Creatore.

La generazione Z è una grandissima fruitrice di cultura, ma la chiesa italiana “adulta” sembra piuttosto restare a guardare. Pensiamo ai giovani Z più vicini a noi, quelli che frequentano le nostre comunità insieme alle loro famiglie o che gravitano attorno alle nostre chiese: molti di questi sono credenti sinceri. Quale cultura stiamo offrendo loro? 

Solo quattro anni dopo il Congresso di Losanna per l’Evangelizzazione del mondo, una commissione del movimento di Losanna si incontrò per stilare il Rapporto di Willowbank su Evangelo e cultura (in Dichiarazioni Evangeliche I, p.78). A distanza di 43 anni quanto la chiesa conosce di questo rapporto e si è lasciata sfidare dalle sue parole?

La chiesa deve diventare sempre più consapevole della propria identità, se vuole davvero fare del bene a questa generazione, deve farsi promotrice della cultura dell’evangelo, vivendo in modo integro e pertinente in mezzo a questa generazione. Le famiglie hanno un ruolo inestimabile, insieme a tutta la chiesa. La chiesa deve consapevolmente produrre cultura oppure si limiterà solo a consumare la cultura altrui e non avrà nulla da offrire e da lasciare a questa generazione, se non provare ad inseguirla e arrivando sempre tardi e col fiatone. La chiesa deve incoraggiare tutti a formarsi e investire talenti e risorse, deve imparare ad occupare gli spazi della cultura (l’educazione, la scienza, l’arte, letteratura, il cinema), deve diffondere cultura negli spazi pubblici facendosi portavoce di giustizia, dignità, sobrietà; attraverso organismi rappresentativi (come l’Alleanza evangelica) deve entrare nel dibattito pubblico con competenza; nelle sue diverse articolazioni, deve occupare i luoghi di ritrovo dei più giovani, il web, i social; deve offrire un luogo di rifugio non virtuale ma fatto di relazioni vere. 

Familiarizzare con i dati delle ricerche come quella sopra presentata non ha solo l’obiettivo di raccogliere informazioni sulla generazione Z, etichettarla, fruttare qualcosa a nostro vantaggio oppure tenerci a debita distanza, ma serve ad equipaggiare la chiesa per offrire loro una prospettiva diversa, una visione del mondo diversa, un esempio e una speranza che solo l’Evangelo di Gesù Cristo può offrire.


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