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Grande piccolo uomo. Parola di astronauta (ma c’è di più)

Qualche tempo fa ebbi modo di ascoltare un’intervista rilascia da Luca Parmitano, noto astronauta italiano, che nel corso di un’impresa spaziale denominata Stazione Spaziale Internazionale  passeggiò nello spazio poco più di 6 ore. L’intervistatore gli chiese cosa avesse provato in quella esperienza. Egli rispose: “Ho sperimentato la piccolezza dell’essere uomo”. Curioso: nel punto più alto dell’impresa umana ha visto quanto piccoli siamo. 

Non è sbagliato essere fieri delle imprese spaziali. Esse danno nuovi impulsi alle ricerche e rispondono ad un desiderio di sapere. La scienza è un dono del Signore e quel che essa compie fa emergere le insondabili ricchezze di cui Dio ha dotato l’essere umano ed il suo habitat. D’altronde, il superamento delle conoscenze attuali non deve mai perdere di vista il senso del limite. Non a caso, l’Impegno di Città del Capo (2010, 2.a.6) pur riconoscendo l’elevato compito della scienza in tutti i suoi svariati aspetti, esorta gli scienziati e la chiesa a non perdere lo sguardo autocritico e critico su di essa. La consapevolezza della piccolezza dell’uomo è positiva. Senza il senso del limite, diventiamo orgogliosi, presuntuosi e manipolatori delle coscienze. 

L’uomo e la donna non sempre prendono coscienza della loro piccolezza. Si sentono dio di sé stessi, si illudendosi di essere grandi e autoreferenziali. E’ pura follia. Mosè, grande condottiero e poi il re Davide si interrogarono intorno a se stessi. Essi erano grandi uomini, ma non poterono fare a meno di pensare alla loro piccolezza e fragilità. Davide, rivolgendosi a Dio, si domandò: “che cos’è l’uomo  che tu ne  abbia  mente e il figlio dell’uomo che tu ne abbia cura?” (Salmo  90 e 8,4). Anche Giobbe fece una simile riflessione (42,1-6). Come Parmitano ha percepito la propria piccolezza trovandosi nell’immenso spazio, così ogni essere umano può e deve trovare la propria statura in un concetto sobrio di sé, non troppo alto, non troppo basso.

All’essere piccoli si aggiunge qualcosa che Parmitano non dice, ma che la Bibbia insegna. Oltre ad essere piccoli, siamo anche peccatori. Ribelli. Antagonisti a Dio. Pecchiamo come persone e costruiamo disegni e schemi peccaminosi che diventano strutture di peccato. L’essere umano, grande ed eccellente in tante imprese, rimane intrinsecamente piccolo, debole e discutibile per quello che fa. Imprese ben riuscite, come quella spaziale indicata, perdono il loro fascino se compiute per motivi egemonici, ricerca di potere ed interessi nazionalistici. La scienza è usata, come ogni altro ambito della vita, per promuovere progetti intrisi di peccato e volti ad incrementarne la tossicità della vita. La coscienza di essere piccoli va bene, ma la consapevolezza di essere peccatori è ancora meglio. 

L’uomo è piccolo e peccatore, ma c’è di più. Se chiamato e toccato dalla grazia del Signore, prenderà coscienza della propria piccolezza e del proprio peccato, realizzerà di essere “polvere della terra” e perduto nella propria follia. Invocherà il Signore Gesù – morto e risorto – per essere salvato. Grandezza e fragilità convivono insieme in tutti noi. A questo si aggiunge che siamo tutti peccatori. Solo per la sola grazia di Dio possiamo diventare figli adottivi di Dio e vivere la nostra piccolezza con un senso di gratitudine e riprendendo in mano quel mandato culturale affidatoci, che il peccato ha deviato e che Cristo ha rilanciato. Allora svilupperemo un’etica della responsabilità che, non ignorando i limiti umani e combattendo sempre contro il peccato, ci consentirà nondimeno di glorificare Dio e trovare gioia in Lui.


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