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GT 2022 (II). La cura del creato nelle Dichiarazioni evangeliche

La Transizione Ecologica è un tema nuovo per la riflessione evangelica contemporanea? Nella seconda sessione delle Giornate Teologiche dell’IFED di Padova, Gianluca Piccirillo ha analizzato i documenti prodotti dall’evangelicalismo contemporaneo e raccolti nei volumi Dichiarazioni Evangeliche I e II, a cura di Pietro Bolognesi e pubblicati dalla casa editrice EDB, Bologna.

Il movimento evangelico mondiale possiede, anche se ancora in corso di sviluppo e di elaborazione, un pensiero sociale anche su tematiche ambientali. Già a partire dagli anni ’60 si riscontrano riferimenti al cambiamento climatico e alla responsabilità umana nel deterioramento del creato, mentre i primi riferimenti ad uno stile di vita semplice si trovano già nel Patto di Losanna (1974), poi ripreso in altri documenti successivi. È stata una riflessione progressiva in ambito evangelico, che si è sviluppata nel corso del tempo producendo anche dichiarazioni fortemente incentrate sulla cura del creato e alla luce delle sfide più recenti. Noi siamo eredi di tutto questo lavoro e abbiamo la responsabilità di non disperderlo, anzi di incrementarlo. 

Dalle dichiarazioni evangeliche si evince inoltre che la riflessione sulla cura del creato ha un carattere multidimensionale ed è parte integrante della missione della chiesa. Le Dichiarazioni hanno un approccio equilibrato senza cadere nello scetticismo di chi crede che il vangelo abbia a che fare solo con la salvezza delle anime e non del creato e senza esasperare la cura del creato quale missione finale e unica della chiesa. Evangelizzazione e cura del creato non devono confondersi e devono restare su piani diversi, ma hanno un collegamento nella responsabilità profetica, regale e sacerdotale della chiesa. Con la bocca noi annunciamo l’evangelo e con le nostre vite noi viviamo nel regno di Dio. I ruoli non sono uno contro l’altro o l’uno senza l’altro, ma sono sempre intrecciati.

Le Dichiarazioni evangeliche non solo affrontano il tema in maniera multidimensionale, ma danno un quadro che prova a mantenere una sua coerenza evangelica. Mentre governi e organizzazioni riposizionano l’uomo al centro del problema oppure mettono la “natura” al centro, una lettura biblica del problema riposiziona Dio al centro della sua creazione e mette in luce la salvezza di suo Figlio e l’opera dello Spirito Santo come soluzione al problema, pur riconoscendo il valore della grazia comune e della responsabilità di tutta l’umanità nei confronti dell’amministrazione del creato.  

I governi parlano delle tre P, “people, planet e prosperity” come priorità per le Nazioni, dimenticandone almeno 2: le P del peccato, causa e origine del problema ecologico e la P della promessa cosmica che Dio ha realizzato in Cristo e realizzerà nella sua seconda venuta, ricordando che non è la conversione ecologica a risolvere il problema, ma una conversione ben più ampia e radicale che passa dal ravvedimento e dalla fede in Cristo per manifestarsi anche nell’impegno integrale per la cura del creato. 

Piccirillo ha anche sostenuto che le Dichiarazioni evangeliche invitano anche all’azione concreta. I singoli credenti e le comunità cristiane sono infatti invitati in modo chiaro ad adottare stili di vita sobri e consoni ad una vita che si accontenta del “pane quotidiano”. La rinuncia al superfluo è una testimonianza di vita che riconosce che ogni cosa viene da Dio e che occorre usarla in modo saggio, generoso e sostenibile. 

Il tema della cura del creato è immenso e gli evangelici possono strategicamente collaborare con altre comunità di fede o altri movimenti ideologici, senza però scadere nell’ ecumenismo ecologico. Si può fare “co-belligeranza” sui temi dell’ambiente con tutti coloro che condividono obbiettivi specifici, senza per questo fare pasticci ecumenici e pan-religiosi, ad esempio senza “pregare” con altri esponenti religiosi. Un conto è la collaborazione, un altro è l’unità spirituale tra i credenti. 

(continua)


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