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Il “mondo negativo”, anche l’America evangelica se ne accorge

Aveva fatto discutere il suo articolo (“The Three Worlds of Evangelicalism”) quando uscì nel 2022. Ora ha pubblicato un libro che riprende e amplia gli stessi temi (Life in the Negative World. Confronting the Challenges in an Anti-Christian World, Downers Grove, IVP 2024). L’autore è Aaron Renn, analista politico e critico della cultura, di fede evangelica. E’ proprio agli evangelici che si rivolge con la sua analisi dei “tre mondi” e sono gli evangelici che stanno discutendo le sue tesi e proposte. L’ultimo contributo a questo dibattito è un articolo-recensione di Kevin DeYoung “Antifragile Faith” (First Things, April 2024).

Di cosa si tratta? In pillole di questo: negli ultimi trent’anni è cambiato drasticamente l’atteggiamento della società americana nei confronti del cristianesimo (evangelico). Prima del 1994, il mondo era “positivo” nei confronti della fede, delle chiese in generale, delle voci pubbliche in politica, delle pratiche di vita ispirate all’etica evangelica. Certo, nel secondo dopoguerra, l’America ha introdotto l’aborto, il divorzio, ecc. ma c’era pur sempre una “moral majority” che combatteva le battaglie culturali e che manteneva una posizione di egemonia.

Dopo il 1994 (era Clinton) e fino al 2014, il mondo è diventato “neutro” rispetto alla presenza evangelica nella società. Il pluralismo ideologico si è accentuato e la voce evangelica è diventata una tra le tante, non favorita, né osteggiata. La spinta secolarizzatrice è andata avanti in modo parallelo al permanere di presidi consolidati. Da parte evangelica, in questo ventennio, ha prevalso il “coinvolgimento culturale” soft, non polemico, “equidistante” tra destra e sinistra, à la Tim Keller.

Dal 2014 in poi (da Obama in avanti per intenderci), il mondo è diventato “negativo”, ostile al cristianesimo, in preda ad una ricombinazione aggressiva e decostruttiva dei tratti identitari tradizionali (tra cui il gender, la famiglia, i simboli cristiani nella società). L’opinione pubblica, i media, la politica sono diventati “woke”, adepti della “cancel culture”, con atteggiamenti corrosivi del patrimonio ideale “cristiano”. I cristiani (e in particolare gli evangelici) si sentono sottrarre il terreno di sotto i piedi. Questo spiega, in parte, l’emersione di Trump e il sostegno evangelico a questo personaggio che promette di “fare grande l’America di nuovo”. Gli evangelici hanno inteso questo messaggio come una possibilità di tornare ad un mondo maggioritario, “positivo”, egemonico. Si illudono di ricostruirlo con la politica?

Come c’era da aspettarsi, sono fioccate critiche alla lettura dei tre mondi di Renn: troppo semplicistica, non abbastanza documentata, con eccessive tinte fosche. Tutto vero. Renn risponde che lui non è né un sociologo, né uno storico, ma un analista di scenari e che la sua lettura è impressionistica per dare a pensare e per ipotizzare strategie di sopravvivenza.

Per Renn, gli evangelici devono imparare ad essere “antifragili”, ad avere la pelle dura, a non reagire in modo scomposto, a non urlare istericamente. Il “mondo negativo” va affrontato non con la fuga e la creazione di mondi alternativi (l’opzione Benedetto), nemmeno con la “guerra culturale” della rivendicazione politica, ma con la resilienza cristiana, coltivando eccellenze nelle vocazioni, investendo nelle famiglie, costruendo reti intermedie in cui sviluppare professioni e istituzioni evangeliche.

Tutto questo discorso pare essere lontano dalla vecchia Europa, forse non troppo distante dalla Gran Bretagna dove vi sono avvisaglie di “mondo negativo” anti-cristiano. In Europa meridionale, il mondo “positivo” non è stato tale: in Paesi a maggioranza cattolica, l’egemonia politico-culturale del cattolicesimo ha significato l’emarginazione, se non proprio la discriminazione delle minoranze. In nome del cattolicesimo, il pluralismo è stato strozzato. Di fatto, il regime di cristianità era un “mondo negativo” per chi non era cattolico. Si può dire che oggi, dopo l’impatto della secolarizzazione, viviamo in un mondo più “neutro”, anche se permangono sacche di privilegio per il cattolicesimo. 

In ogni caso, oggi anche l’America evangelica, abituata a pensarsi come “nazione cristiana” che avrebbe cristianizzato il mondo, comincia ad interrogarsi sul fatto che forse deve scoprire cosa vuol dire essere una testimonianza evangelica di minoranza, senza perdere il mordente della fede, ma non potendo più contare sulla protezione culturale dell’egemonia e senza attribuire ruoli “redentivi” all’America. Il regno di Dio è tra di noi, ma non è di questo mondo.


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