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Intelligenza artificiale, la quarta rivoluzione

Stiamo vivendo la “quarta rivoluzione” e il Covid (per una volta) non c’entra niente. La numerazione segue una precisa sequenza. La rivoluzione copernicana ha spostato il centro dalla terra al sole: questa è la prima. La rivoluzione darwiniana ha rimesso in discussione la centralità dell’essere umano nella vita sul pianeta: e questa è la seconda. Quella freudiana ha infranto il presunto controllo umano sulla mente: di qui la terza rivoluzione. Ora siamo in piena “quarta rivoluzione”: la nostra vita off line e on line è fusa sempre più con la nostra vita fisica, biologica e relazionale. L’identità digitale è personale e vice versa. La tecnologia ha fatto così tanti passi in avanti che ha determinato uno scatto rivoluzionario di magnitudo storica.  

L’intelligenza artificiale (IA) è il simbolo della quarta rivoluzione. Insieme alla robotica, i veicoli senza conducente, la stampa 3D, le nano-tecnologie, le biotecnologie, il quantum computing, ecc. l’IA ne è tuttavia il fiore all’occhiello. Le macchine intelligenti sono più veloci e performanti degli esseri umani, costano ma non ricevono lo stipendio, non vanno in ferie, non dormono, non si ammalano. Oltre a questo, acquisiscono sempre più lo status di Artificial Moral Agent (AMA), agenti artificiali morali. In altre parole, le relazioni morali non sono solo mediate da artefatti, ma, essendo state dotate di un livello di “intelligenza”, le macchine stesse sono diventate soggetti morali o quasi-morali. Da mezzi a soggetti. Da strumenti ad attori. Da recettori di input morali esterni a decisori morali impattanti la vita umana. 

Le macchine intelligenti hanno acquisito o stanno acquisendo uno status di agenzie morali. La soglia della moralità è stata attraversata? E quale significato ha l’eventuale attraversamento? Quanto sono capaci di “apprendimento” che poi diventa “comportamento” sulla base di scelte morali autonome? Quali limiti devono essere posti (imposti?) affinché le creazioni umane, realizzate per favorire il raggiungimento di questo o quell’obbiettivo, non sfuggano di mano agli esseri umani stessi? Quali conseguenze vi possono essere nel trattamento continuo di big data da parte dell’AI sulla gestione di dati privati? Quali risvolti per la trasparenza e la rendicontazione? Quali effetti di lungo periodo sul mercato del lavoro, sui processi democratici e sulle istituzioni politiche? Quali asimmetrie strutturali nella gestione del potere introduce?

Come si evince, le domande si moltiplicano e le risposte non sono facilmente pre-date e scontate. La moralità artificiale o la moralità delle macchine artificiali mette in discussione l’impianto etico tradizionale abituato a pensare l’etica in termini strettamente umani e non (ancora) artificiali. Uno dei segni dei tempi della quarta rivoluzione è che in Italia abbiamo un ministro importante e l’attuale presidente del CNR che hanno lavorato in questo campo e ora hanno responsabilità di governo. L’AI non è più solo un argomento per addetti ai lavori, ma i suoi studiosi e ricercatori sono al centro dell’azione politica. Questo è un motivo ulteriore per promuovere una riflessione allargata e partecipata.

La rivista Studi di teologia ha già sfiorato temi variamente connessi all’IA, toccando la relazione tra etica e internet e istruendo la questione del post-umanesimo. Tenendo presente quel fascio di considerazioni morali, con questo fascicolo vuole contribuire ulteriormente a promuovere un avvicinamento dell’etica evangelica alle sfide e alle opportunità poste dall’IA. 

[questo articolo riprende l’introduzione al fascicolo Intelligenza artificiale”, Studi di teologia – Suppl. N. 19 (2021)]


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