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Lavorare da soli? Più rischi che opportunità

Esaurimento psicofisico, rischio di ictus, disturbi del sonno. Non sono i sintomi del Covid, né di un nuovo virus e nemmeno del post allenamento modalità “avanzata” che la nostra app ci suggerisce di fare. Si tratta delle conseguenze della solitudine di persone di una certa età, genitori, giovani adulti. Nel corso degli ultimi anni, trattandosi del periodo post-pandemia da Covid, emerge sempre di più che fasce della popolazione si sentono isolate. Almeno questa è la loro percezione. Può sembrare un paradosso per una società che è sempre “connessa” con tutto e tutti. In ogni caso, si tratta del 77% della popolazione mondiale come riporta Il Sole 24 ore. Genitori, anziani, giovani, giovani adulti e … lavoratori. Anche chi lavora non è esente dal rischio di solitudine.

“A livello globale, un dipendente su cinque riferisce di aver sperimentato molto la solitudine”: questo è ciò che emerge nell’ultimo State of the Global Workplace: 2024 Report di Gallup, un’agenzia di analisi e consulenza con sede a Washington. 

I dati analizzati dicono che la solitudine è più diffusa tra i dipendenti di età inferiore ai 35 anni. Le stesse percentuali di uomini e donne che lavorano denunciano la solitudine: il 20% per entrambi i generi. Di tutte le variabili analizzate da Gallup, il luogo di lavoro mostra le maggiori differenze nelle esperienze dei dipendenti con la solitudine. I dipendenti completamente remoti segnalano livelli di solitudine significativamente più elevati (25%) rispetto a coloro che lavorano esclusivamente in sede ed in contesti socialmente e fisicamente interconnessi (16%). I lavoratori “ibridi” si collocano nel mezzo con il 21%. 

Il lavoro è per definizione un’attività comunitaria, da fare insieme, in sinergia e armonia; pertanto, lavorare può essere la soluzione stessa alla solitudine. Il report ricorda che, in generale, gli adulti che lavorano hanno meno probabilità di sperimentare la solitudine (20%) rispetto a quelli disoccupati (32%), in tutte le fasce d'età. Se questo è vero, allora, sganciare totalmente e permanentemente il lavoro dalla sua dimensione inter-personale e fisicamente vicina (smart-working) e da quella scandita da cicli di lavoro e di riposo (cronolavoro) non sembra essere una risposta che possa limitare gli effetti della solitudine sperimentata da tanti. 

Contrastare la solitudine nel luogo di lavoro in questo periodo di riorganizzazione del lavoro dovrebbe essere una priorità visti gli effetti dannosi a cui le persone vanno incontro. Il problema più importante che emerge dalla condizione dei lavoratori su scala mondiale è che mancano momenti di comunità, di confronto, di collaborazione: tutti legami che il lavoro prevede e favorisce. Il lavoro è “relazionale” in tutte le direzioni: orizzontalmente (tra colleghi e collaboratori) e trasversalmente (tra imprese, organizzazioni e mercati). Il punto è che non si lavora mai da “soli”. 

Da dove iniziare? Come poter apportare un cambiamento in culture aziendali orientate solo al profitto o in organizzazioni del lavoro profondamente impattate dalla tecnologia e, ora, anche dall’Intelligenza Artificiale? Il punto non è elaborare un’organizzazione del lavoro orientata alle persone soltanto oppure orientata esclusivamente al risultato, perché è come guardare ad una tessera soltanto del grande mosaico del lavoro. 

Il lavoro invita ad assumere uno sguardo di “sistema”. I lavoratori e gli obiettivi aziendali sono solo una parte del grande mosaico del lavoro. È necessario ripensare al lavoro nella sua complessa interezza, al suo scopo e alle persone che ne sono coinvolte, per ritrovarne la socialità e per promuoverla in un mondo del lavoro che cambia. Certamente, è necessario considerare processi di cambiamento per migliorare le condizioni di lavoro a patto che non ne siano minati il valore e l’importanza della dimensione relazionale dell’attività lavorativa. Il lavoro non serve solo a fare soldi, né a raggiungere l’obbiettivo dell’azienda soltanto: insieme e accanto a questi, il lavoro è rispondere alla chiamata di abitare la terra in modo responsabile, insieme alle reti di persone intorno a noi. 


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