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Lloyd-Jones, Stott e Schaeffer. Cos’hanno da insegnarci sull’evangelizzazione?

Non è da tutti poter dire di aver ascoltato dal vivo le predicazioni di Martin Llyod-Jones (1899-1981), chiacchierato con John Stott (1921-2011) e partecipato agli incontri di Francis Schaeffer (1912-1984). Lindsay Brown, ex-segretario dell’IFES (International Fellowship of Evangelical Students), è una di queste poche persone. Brown si è trovato al posto giusto al momento giusto, riuscendo ad interfacciarsi regolarmente con tre uomini che hanno lasciato il segno, ognuno a modo suo, nella storia della chiesa evangelica contemporanea. 


Spinto dal desiderio di condividere nuovamente gli insegnamenti tratti da questi tre uomini (e altri come Michael Green, Jurgen Spiess e John Lennox), nell’ambito dell’evangelizzazione, è nato un webinar organizzato il 23 gennaio 2025 dall’European Leadership Forum, la conferenza annuale che vede la partecipazione di centinaia di leader europei nella città di Wisla, in Polonia. Tra un’edizione e l’altra, il Forum offre webinars per mantenere vivo l’interesse per la conferenza, coltivare relazioni a lungo raggio e offrire una formazione continua. Nell’incontro online, Brown ha delineato capacità evangelizzatrici che hanno contraddistinto queste tre figure auspicando possano essere acquisite da altri credenti. Di quali capacità si tratta? 


Puntare alla mente, al cuore e alla volontà. Nell’ambito della predicazione, Llyod-Jones afferma la necessità di indirizzare tutte le facoltà della persona. L’annuncio del Vangelo deve suscitare reazione non solo mentalmente, ma anche emotivamente e praticamente. Riprendendo la predicazione di Pietro in Atti 2, Llyod-Jones osserva che l’apostolo indirizza prima la ragione (Gesù compimento delle profezie), dopodiché il cuore (accusa gli astanti di aver crocifisso Gesù) e infine la volontà (invita al ravvedimento e a credere). Il risultato è la conversione di persone contrassegnate dalla gioia, scaturita per mezzo dello Spirito Santo dall’aver compreso chi è Gesù (mente), essersi resi conto della loro colpevolezza (cuore) e in grado di poter riporre la propria fede nel Signore per il perdono dei propri peccati (volontà). In altre parole, le persone devono accettare la verità del Vangelo, comprendere la sua potenza e ammirare la sua meraviglia. Il rischio è attuare una proclamazione monca, dove ci si concentra solamente su un aspetto della facoltà umana. Così facendo, si rischia di diluire il Vangelo, rendendolo una notizia che produce razionalismo, sentimentalismo o attivismo, ma non una vera conversione al Dio vivente.  


Essere chiari, cristocentrici e coinvolti. Secondo Brown, Stott aveva una notevole capacità di chiarezza, sia nell’esposizione orale che nella scrittura di libri. La sua semplicità caratteriale si rifletteva nella sua semplicità espressiva. Il suo obiettivo non era quello di ammaliare sofisticamente con le parole, ma di persuadere gli ascoltatori e i lettori a credere alla buona notizia di Dio, di per sé chiara, veritiera e senza ombre di mutamento come il suo stesso Autore. Per Stott, la centralità di Cristo non è solamente un aspetto legato alla salvezza, ma ad ogni momento della vita. In ogni ambito dell’esistenza, il credente deve impegnarsi affinché Cristo cresca ed egli diminuisca (Gv 3,30). Colui che riconosce la centralità di Cristo e del suo messaggio, non potrà segregarsi dal mondo e neppure assimilare la cultura senza sguardo critico. Cristo è il primo che si è coinvolto nel suo mondo incarnandosi; perciò, anche i credenti dovrebbero interagire ed essere coinvolti nella società e nella vita pubblica. L’evangelizzazione è l’annuncio della salvezza in Cristo accompagnata dalla proclamazione della sua signoria su ogni centimetro della realtà. Mantenendo in tensione questi due aspetti, i non credenti verranno persuasi da persone che annunciano il Vangelo mentre lo vivono e lo applicano in ogni circostanza individuale e sociale della vita. 


Sapere ospitare, fare domande e ascoltare. Quando si pensa a Schaeffer, non si può non pensare a L’Abri e all’ospitalità che incarnava. Lo chalet svizzero fu pensato dagli Schaeffer come luogo aperto a chiunque volesse conoscere, fare domande e ascoltare risposte basate sulla Parola di Dio. Accogliere chi era interessato a saperne di più e disposto a mettersi in discussione era il marchio del ministero schaefferiano. Schaeffer era solito ricevere domande ma anche farle per far riflettere il suo interlocutore. I momenti di interazione con il teologo americano sono spesso ricordati come occasioni di confronto contrassegnate da forti convinzioni teologiche condivise in un contesto sereno e amorevole. Chi parlava non Schaeffer non poteva non rimanere colpito da verità e amore, convinzione apologetica e ospitalità dialogica, conservatorismo teologico e apertura relazionale. Così, i credenti dovrebbero essere riconosciuti per la loro ospitalità e capacità di ascolto. Porre domande all’interlocutore per comprendere chiaramente il suo punto di vista e allo stesso tempo essere in grado di presentare con convinzione e audacia ciò che Dio dice e comanda. 


Brown ci ha permesso di beneficiare dell’insegnamento e dell’esperienza di tre grandi evangelici del XX secolo che sono stati approvati da Dio. C’è tanto da cogliere, imparare e applicare nelle nostre interazioni con le persone più diverse.


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