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L’Occidente è una Sodoma perversa o una Costantinopoli decadente?

“Mi sembra di viaggiare tra una Sodoma perversa e una Costantinopoli decadente”. Tornando da un viaggio in Europa verso gli Stati Uniti, e facendo mente locale sui fatti della settimana, un amico dell’intellettuale cattolico George Weigel ha così descritto la sua percezione del momento storico che stiamo vivendo. L’Europa lasciata la settimana scorsa è la Francia che inserisce in Costituzione il “diritto all’aborto” (nel Paese si praticano più di 230.000 aborti all’anno) ed è la Gran Bretagna che vieta Mary Poppins ai minori di 12 anni perché il film contiene un riferimento (considerato dispregiativo) agli “ottentotti”. D’altro canto, l’America è il Paese dove la Segreteria di Stato emana un vademecum per la comunicazione delle ambasciate americane nel mondo in cui si vieta l’uso di espressioni come “signore e signore”, “padre” e “madre”, ecc. sostituite da versioni non binarie in ossequio al politicamente corretto. Stiamo vivendo in un pendio scivoloso irreversibile?

Il viaggiatore dà voce ad un senso di smarrimento avvertito da molti. Qualcosa di grosso si sta muovendo nelle viscere dell’Occidente. I presidi simbolici considerati alla base della civiltà occidentale (ci sono due generi dal concepimento: maschile e femminile; la storia non si può “cancellare”) sono sostituiti da surrogati che liquefano ciò che è stato considerato un dato imprescindibile. Sembra la fine di un mondo più o meno noto e l’inizio di un altro dove il campo di gioco e le regole del gioco della vita sono stati cambiati. Siamo dentro un processo inarrestabile verso la perversione di Sodoma o la decadenza di Constantinopoli?

Il tema è enorme e con mille sfaccettature. Due sole considerazioni a caldo possono solo sfiorare la superficie della complessità.

1. Sembra che la percezione di decadenza sia un “refrain” ciclico nella storia. Senza andare troppo lontano, non più tardi di un secolo fa Oswald Spengler pubblicava Il tramonto dell’Occidente (1918-1922). Dopo le tragedie della Prima guerra mondiale e il venir meno dell’illusione del progresso positivista di fine Ottocento, Spengler sentenziava la fine della civiltà occidentale e l’avvio di un’era all’insegna del nichilismo. Nel 1992, dopo il crollo del Muro di Berlino, Francis Fukuyama addirittura sentenziava La fine della storia, dando voce ad un senso di conclusione definitiva non solo della civiltà occidentale, ma della civiltà tout court. Questo per dire che l’idea di tramonto, decadenza, scivolamento in basso, crollo dei valori, ecc. non è nuova, ma sembra emergere ciclicamente nella percezione di una crisi profonda che ogni generazione sperimenta. Ciò non vuol dire che il nostro tempo non sia effettivamente paragonabile alla fine di Costantinopoli, se non proprio ad una post-moderna Sodoma. Il punto è che anche generazioni prima di noi hanno avuto la stessa sensazione a proposito della loro. 

2. Per quanto avvertiamo una crisi radicale nello sbriciolamento di presidi fondamentali della cultura, siamo sicuri che avere nostalgia del passato che fu o che è stato sia veramente un’opzione migliore? Ci spaventa il venir meno di elementi che davamo per scontato fino a ieri (cioè che esistono la donna e l’uomo) ed è cristianamente giusto provare sbigottimento per il venir meno dell’antropologia binaria. Eppure, sino all’altro ieri, accettavamo la schiavitù o l’asservimento delle donne o il machismo come fenomeni naturali, tollerati e accettabili. Sotto la coltre di apparente cristianità si nascondevano terribili peccati strutturali. Non erano queste ultime aberrazioni come lo sono le odierne teorie del gender? In altre parole, non è che ciò che ci ha preceduto era “buono” e “bello”, mentre ciò che si prefigura oggi è “brutto” e “cattivo”. E’ dal peccato di Adamo e Eva che si susseguono sodome e gomorre. Quella che si profila non sarà la prima, né probabilmente l’ultima. In questo senso, non c’è niente di nuovo sotto il sole.

Da un punto vista cristiano, il modo in cui si leggono questi fenomeni dipende in parte dall’escatologia professata. Se si ha un’escatologia postmillenarista, si penserà che la storia andrà via via aprendosi al compimento graduale e progressivo del regno di Dio. Se si ha un’escatologia premillenarista, si crederà che il mondo andrà sempre peggio e in modo irreversibile. Se si ha un approccio amillenarista, si crederà che alti e bassi si susseguiranno senza avere nostalgia del passato e senza aspettarsi troppo dalle realizzazioni storiche sino a quando arriverà la seconda venuta del Signore Gesù. In ogni caso, per quanto acuto sia lo scoramento di fronte alle regressioni attuali dell’Occidente, l’impegno di tenere alta la Parola della vita non deve mai venir meno.


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