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“Ma che razza di vangelo vivete?” L’Occidente evangelico visto da Oriente

Sferrato con grazia orientale, ma pur sempre un sonoro ceffone (salutare). Così è stato il richiamo contenuto in una sessione di Hwa Yung allo European Leadership Forum a Wisla (20-24 maggio) dal titolo “Cosa possono imparare i cristiani occidentali dalle chiese del resto del mondo?”. Yung, missiologo malese, leader della chiesa metodista del Paese asiatico e coinvolto nel Movimento di Losanna, ha offerto un’analisi del problema dell’evangelicalismo occidentale visto dall’esterno. Perché la chiesa evangelica in Europa cresce meno che nel Sud del mondo? Perché è in una situazione stagnante se non proprio declinante, salvo eccezioni? Le nostre chiese si arrabattano con queste domande, ma sono pronte ad ascoltare le risposte altrui? Come appare la sua performance ad osservatori che condividono la stessa fede ma la vivono in contesti molto diversi dove la chiesa evangelica cresce (non senza problemi e criticità)?

Il cristianesimo non occidentale (cioè asiatico, africano e latino-americano) rappresenta oggi i 2/3 dell’intero cristianesimo. Nella seconda metà del XX secolo, il centro di gravità della chiesa evangelica si è trasferito al Sud del mondo. Nel suo libro I volti nuovi del cristianesimo, Milano, Vita e Pensiero 2007, il sociologo americano Philip Jenkins aveva documentato questo spostamento di asse da Nord a Sud, da Occidente a Oriente. I nuovi centri del mondo evangelico non sono più Londra e New York, ma Seul, Singapore, Jakarta, San Paolo. E’ importante ascoltare le voci degli evangelici del Sud del mondo e confrontarsi con le loro letture della situazione.

Secondo Yung, il problema dell’evangelismo occidentale ha a che fare con il tipo di vangelo creduto. In sostanza, la sua relazione può essere sintetizzata con la domanda: “Ma che razza di vangelo credete?”

Ecco alcuni spunti tratti dalla sua analisi. Le chiese evangeliche occidentali non crescono perché:

  1. Vivono in uno stato di cattività ad una visione del mondo anti-soprannaturalista. Benché professino la fede in un Dio onnipotente, la loro cultura è secolarizzata. Non vivono nella tensione e nell’apertura al soprannaturale (es.: scontri con demoni, guarigioni, miracoli).

  2. Si affidano a tecniche manageriali o a pratiche sociali convenzionali piuttosto che dipendere dallo Spirito Santo. Anche in questo caso, a parole direbbero di voler seguire la direzione dello Spirito, ma nei fatti si comportano come comunità del tutto simili a imprese (le mega-chiese) o a piccoli-grandi circoli hobbistici.

  3. Dimostrano di avere una scarsa fiducia nella credibilità e nella potenza dell’evangelo. Sono timorose di annunciare con coraggio la verità dell’evangelo perché, in fondo, non vogliono disturbare la “quiete” della cultura dominante che approva solo le voci che stanno al gioco del relativismo. L’evangelo per loro diventa una specie di emolliente, ma non un messaggio di morte e resurrezione.

  4. Formano i loro membri e i loro leader in modo astratto e irrilevante. Gran parte della formazione teologica non avviene nel contesto della vita e in vista della trasformazione, ma accumula nozioni che risultano sganciate dalla realtà.

  5. Sono incapaci di gestire l’idea di vivere in un contesto contrassegnato dalla persecuzione nei confronti dei credenti. Sì certo, mostrano un certo interesse per la chiesa perseguitata se la persecuzione avviene lontano da loro, ma solo l’idea che la persecuzione li potrebbe riguardare li paralizza.

Così appaiono le nostre chiese evangeliche occidentali a chi ci guarda da fuori. Non agli occhi di oppositori della fede, ma allo sguardo di sorelle e fratelli del Sud del mondo. Si potrebbero fare osservazioni su questo o quel punto dell’analisi. Prima di respingerla in toto o in parte, sarebbe bene ascoltarla e farsi provare da essa. Che razza di vangelo professiamo e viviamo?

Oltre alla sessione di Yung, allo European Leadership Forum vi sono stati altri contributi di evangelici del Sud del mondo. Le meditazioni bibliche giornaliere dal libro di Malachia sono state portate da Conrad Mbewe (Zambia) mentre Sam-Ko dalla Corea ha tenuto un interessante seminario sulla missione policentrica e transnazionale. La chiesa evangelica è una famiglia globale ed è giusto ascoltare con attenzione tutti le sue voci, anche quelle critiche.


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