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Ma il gelato non piace a tutti? Un ricordo a vent’anni da un’adozione

Per definizione, il gelato piace a tutti, specialmente ai bambini, vero? Sbagliato. Non è detto. Abbiamo fatto esperienza di questo vent’anni fa, il 4 agosto 2004, quando tornammo in Italia dopo aver adottato, insieme al nostro figlio più grande, un nuovo figlio dall’Etiopia. Era una giornata afosa, dal caldo umido quasi asfissiante. Fuori si boccheggiava come solo chi ha vissuto l’estate della Pianura Padana può capire.


Dopo un lungo volo da Addis Abeba a Roma e poi un altrettanto lungo viaggio in treno da Roma a Ferrara, eravamo finalmente arrivati a casa, non più in tre ma in quattro. L’emozione di affrontare una nuova stagione della vita insieme era alta, di molto superiore alla stanchezza accumulata durante il soggiorno in Etiopia. Dopo aver introdotto il nostro secondo figlio alla casa, il letto, la cucina, il bagno; dopo aver disfatto le valigie ed esserci rinfrescati, pensammo che andare a mangiare un gelato fosse la cosa giusta da fare. Che idea migliore potrebbe esserci per due genitori italiani di prendere un gelato ai propri figli quando fuori fa caldo? 


Sicuramente, il nostro bimbo appena arrivato avrebbe apprezzato questa “esperienza” dolce, fresca e gustosa. Dopo tutto, il gelato piace a tutti, no? L’unico problema che forse sarebbe sorto riguardava la scelta dei gusti: alle creme? alla frutta? Come spiegargli i gusti, se non con i colori, visto che non parlava la nostra lingua? “Un gusto lo troveremo. Il gelato farà il resto”, pensammo.


Decidemmo di aspettare le ore del tramonto e poi di uscire per andare alla gelateria migliore della città. Avrebbe dovuto essere una piccola festa: una celebrazione del primo giorno a casa tutti insieme, con un buon gelato.


Arrivati alla gelateria, scegliemmo velocemente i nostri gusti preferiti e cercammo di orientare la scelta del nostro bambino: “guarda questo colore; ti piace più quello?”. Insomma, mettemmo insieme un bel cono con due gusti dai colori in contrasto: bello da vedere e sicuramente buono da mangiare.


Con compiacimento e senso di attesa, gli mettemmo in mano il cono, certi che in poco tempo avrebbe divorato tutto il contenuto e, forse, ne avrebbe chiesto un altro! Invece, con nostra grande sorpresa, dopo aver esitato non poco ad appoggiare le labbra al gelato, lo sfiorò appena e, subito dopo, lanciò il cono lontano, in segno di rigetto, quasi di repulsione! Ma come, gettare un gelato?!? 


Solo più avanti nel tempo, iniziammo a capire cosa fosse successo. Intanto, il nostro bimbo non era abituato ai cibi “freddi”. Noi avevamo dato per scontato che il “freddo” collegato al cibo fosse un’esperienza universale associata al piacere. Ma per chi vive in climi caldi, senza uso di refrigeratori, il cibo è solo cotto o crudo, mai freddo. E’ caldo o a temperatura ambiente, mai gelato. 


Inoltre, anche il “dolce” non doveva essere dato come esperienza universalmente percepita come gradevole. Il nostro bimbo non era abituato a cibi addizionati di zucchero e quel primo impatto con il molto dolce del gelato aveva attivato una forma di repulsione. 


Infine, quel gelato era a base di latte, ma il bimbo non aveva dimestichezza con i prodotti del latte. Anzi aveva avversione per tutto ciò che lo contenesse. La sua alimentazione precedente, infatti, non prevedeva l’uso di latticini.


Dunque, il gelato era freddo e dolce e a base di latte, troppo freddo, troppo dolce, troppo latte-dipendente per essere gradito. Di qui il lancio del cono lontano, a teatrale dimostrazione di non voler nulla a che fare con esso. Avevamo dato per scontato troppi passaggi che, in realtà, dovevano essere percorsi uno dopo l’altro, con pazienza e gradualità. 


Con il tempo, i gusti del bimbo si sono ampliati e diversificati. Lui ha sviluppato una curiosità nei confronti di cibi nuovi e diversi, anche quelli freddi, dolci e contenenti il latte. 


Sono passati vent’anni da quel gelato lanciato in aria. Per ricordare il suo arrivo ed il percorso fatto insieme, vent’anni dopo andremo semplicemente a mangiare un gelato, questa volta nella migliore gelateria di Roma. Sarà un modo per ringraziare il Signore per il cammino svolto. Il gelato mangiato tutti e quattro insieme è una metafora di quello che Dio ha fatto nella nostra famiglia. Siamo grati per l’avventura della genitorialità, anche quella adottiva


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