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Mamme non all’altezza unitevi!

Essere abbastanza mamma potrebbe suonare una contraddizione in termini. O si è mamme o non lo si è. Eppure, ogni mamma che si imbatte in questo titolo Abbastanza mamma. Il cuore e la speranza di una madre senza paura, Porto Mantovano (MN), Coram Deo 2023, sa che la questione di essere “abbastanza” mamma è la sfida che tutte le mamme affrontano. Il libro raccoglie ventiquattro articoli di sei blogger americane pubblicati nel corso degli anni sul portale di “Desiring God.

Non sentirsi all’altezza, la pressione del giudizio, il senso di colpa per le scelte prese, le reazioni negative dei figli, il confronto con altre mamme sono all’ordine del giorno nell’esperienza della maternità e probabilmente la sensazione più diffusa è quella di, almeno una volta, non essersi sentite abbastanza mamme!

Il titolo provocatorio riprende quello di una copertina del Time Magazine (maggio 2012) che ritraeva una donna che allattava il figlio di ormai quattro anni. Questa immagine anticipava quello che sarebbe arrivato anche in Italia dopo qualche tempo, e cioè un nuovo modo di misurarsi, specialmente sui social, nel proprio modo di gestire la maternità dimostrando di essere “più mamme di altre” attraverso l’autosufficienza e l’irrealistica prospettiva di eccellere in ogni aspetto che riguarda la crescita dei propri figli.

Gli articoli raccolti nel libro, invece, tutti insieme restituiscono una prospettiva sulla maternità capovolta che invita a ripensare ad essa come un grande campo di missione il cui valore non dipende dalle capacità della donna, ma dal piano che il Signore, alla creazione, ha pensato per la genitorialità.

La nostra società vive uno squilibrio che sembra incolmabile tra chi rifiuta (sempre di più) la maternità per non dover rinunciare a sé stesse e alla propria realizzazione individuale e chi, invece, fa della maternità un idolo, un campo di realizzazione in base alle proprie capacità e ai propri successi mettendosi in competizione con altre donne. Entrambe i meccanismi possono entrare anche nelle chiese ed ogni mamma, anche credente, può lottare sia con la tentazione di vivere continuamente amareggiata pensando a quanto della sua vita sta perdendo, sia con la tentazione di fare della propria maternità un idolo e un campo di validazione attraverso la competizione con altre sorelle in Cristo.

Entrambe le derive sono tossiche per le madri in sé, per i figli e per la chiesa intera che invece potrebbe beneficiare da maternità vissute in maniera missionale (cap.24), e cioè vissute con la consapevolezza che la cura dei figli è un grande campo di missione in cui lavorare per la gloria di Dio e dove ricevere grande onore dal Signore.

In filigrana, nei vari articoli emerge il tema della santificazione. Ogni credente dovrebbe tendere a somigliare sempre di più a Cristo e a spogliarsi del proprio uomo vecchio; la maternità, con tutte le sue prove è un grande campo in cui sperimentare la gioia della santificazione e dell’avvicinamento al carattere di Cristo. Per sua natura, la maternità è fatta di tanti, piccoli, invisibili sacrifici; si può scegliere di viverli con amarezza e scoraggiamento qualora non vengano valorizzati da chi ci sta intorno, o con la consapevolezza che Cristo per primo ha rinunciato a sé stesso donando la sua vita per altri.

La santificazione non sta nel dare di più di sé stesse ai figli, non sta nell’impegnarsi di più per tenere la casa in ordine, i bambini puliti, servire pranzi saporiti e bilanciati, fare attività creative e educative e decine di altri must irrealistici. La santificazione sta nel riconoscere che la risposta alla domanda “sei abbastanza mamma?” è senz’altro “NO”, un no che non è scoraggiamento e avvilimento, ma è allontanamento dall’autoreferenzialità e avvicinamento alla dipendenza totale da Cristo, la roccia solida su cui costruire maternità che possono fronteggiare il mare infinito di difficoltà che qualsiasi maternità comporta.


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