Mistero buffo e vietato? La salute (pessima) del pluralismo italiano
Un mistero buffo sta facendo notizia in questo caldo agosto del 2020 rompendo il clima di festa delle “Notti in Massa” della provincia perugina, ancor prima che la festa abbia inizio.
L’amministrazione del comune di Massa Martana infatti, pochi giorni prima dell’evento, ha comunicato agli organizzatori che lo spettacolo previsto ad apertura del programma non si potrà fare “in quanto non lo ritengono adeguato (per i temi attinenti alla religione cattolica) alla loro popolazione”. Uno spettacolo che pare non sia adatto a stare sulla piazza pubblica, non adatto a tutti, come riportato dagli organizzatori, e denunciato dall’attore Matthias Martelli.
A Massa Martana doveva andare in scena una giullarata dell’opera “Mistero Buffo” del premio Nobel per la letteratura Dario Fo, nello specifico “Il primo miracolo di Gesù Bambino”, con la regia di Eugenio Allegri e interpretato dallo stesso Martelli; monologo che riprende uno dei racconti dei vangeli apocrifi narrandolo alla maniera dei giullari medievali condito di abbondante cultura e tradizione popolare. Lo spettacolo ha già girato l’Italia e l’Europa dal 2017 ad oggi ma in questa piccola cittadina è venuto alla luce un mistero tutto italiano.
La vicenda può sembrare irrilevante eppure ha scomodato persino il giurista Vladimiro Zagrebelsky che in un suo articolo ha sottolineato come essa richiami alcune questioni estremamente rilevanti per il nostro paese: "la libertà di espressione, l'ammissibilità di limiti, il ruolo dei poteri pubblici." In molti hanno commentato la vicenda ponendo l'accento sulla violazione della libertà di espressione artistica e non solo e sul tempo storico in cui essa è avvenuta, il 2020!! Come se l'avanzare del tempo da solo fosse sufficiente ad impedire una tale limitazione.
Non c'è forse un mistero più profondo da indagare attraverso questa vicenda? Nella sua analisi, Zagrebelsky, coglie un aspetto che va al cuore del problema: "si tratta di una curiosa assunzione di un ruolo estraneo a quello proprio di un sindaco e probabilmente di qualunque autorità pubblica", cioè quello di stabilire quale sia l'atteggiamento del popolo in materia morale e religiosa, assegnando "un unico contenuto al popolo nel suo complesso". C'è un problema di autorità, c'è una assunzione di responsabilità che supera i limiti del proprio ruolo, un connubio tra religione e stato che legittima un'autorità pubblica a stabilire quali parole possono essere dette e quali ascoltate. C'è il problema di una autorità terrena che non riconosce Colui che gli ha dato autorità (Giovanni 19,11).
Vicende come queste non sono isolate, segno che il nostro Paese, nonostante la nostra bella Costituzione, non conosce ancora un vero pluralismo, non ha assimilato i principi della laicità e della libertà e impedisce nei fatti ad ogni minoranza creativa di prosperare e a ogni cittadino di ascoltare, valutare e credere in modo personale. Allora dovremmo piuttosto chiederci perché nel 2020 avvengono queste cose nel nostro Paese. Questa buffa vicenda ha scosso il terreno e portato alla luce le radici della nostra storia millenaria che alimentano la vita del nostro paese, una storia di imperatori, papi e re, un paese sul quale la cultura cattolica-imperialista ha lasciato e lascia tutt'oggi un'impronta così profonda da influenzare la visione di tutte le cose, esercizio dell'autorità compresa.
Chiediamoci allora perché nel 2020 l'Italia non ha ancora una legge sulla libertà religiosa? Perché nel 2020 ci sono leggi regionali tese a impedire a confessioni diverse da quella cattolica di esercitare liberamente il proprio culto? Perché nel 2020 l'opera di un autore che ride dei potenti per restituire dignità agli oppressi è vista con sospetto? E se ha ragione Zagrebelsky a chiederci retoricamente se la popolazione di Massa Martana, quella dell'Umbria o quella italiana nel suo complesso sia cattolica, forse dovremmo chiederci se in fondo il cuore spirituale del nostro Paese lo è.
Quest'anno ricorrono i 150 anni dalla Breccia di Porta Pia che portò alla liberazione di Roma da un potere religioso che voleva essere anche politico, che ruppe le mura dell'ignoranza e permise alla Parola di Dio di iniziare a circolare. Una parola che illuminava le menti e accendeva la speranza di un Risorgimento. Eppure quella fu solo una breccia e quella liberazione è ancora tutta da compiere! Una liberazione possibile solo attraverso gli strumenti dell'Evangelo di Gesù Cristo, Colui che ha detto con forza, "date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio". Se l'Italia vuol veder prosperare una cultura del pluralismo, della libertà di espressione, di fioritura delle arti e delle scienze ha bisogno di andare a fondo, al cuore spirituale del problema per mezzo dell'Evangelo. Forse è questo il "mistero buffo" che i nostri meravigliosi artisti potrebbero mettere in scena.