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Il Natale di Maria commentato da Lutero (I)

Confesso che quando arrivano le festività natalizie, non l'evento del Natale, provo un certo disagio, ma lo avverto anche in altre persone. In ogni dove "buone feste.. tanti auguri", attraverso i media "se non compri... che Natale è.. quest'anno cosa preparo per Natale..". Auguri che nascondono formalismo e frustrazione per i tanti impegni in più. La mia non vuole essere una critica sterile, ma il tentativo di proporre qualcosa che aiuti a riflettere sull'evento centrale della fede cristiana; l'incarnazione del Signore Gesù, Dio fatto uomo.


Senza volerlo, un poco tempo fa ho ritrovato un libretto che avevo letto molti anni fa, il Commento al Magnificat di Martin Lutero [1].

Superata una leggera emozione iniziale, ho cominciato a rileggerlo. Mi sono detto; "ecco questa lettura può essere l'ouverture più adeguata per prepararsi al Natale".


Lutero scrisse questo commento nel 1520, un anno drammatico della sua opera riformatrice. Papa Leone X, comminandogli la scomunica con la bolla Exsurge Domine, gli impone, entro 60 giorni, di ritrattare dai suoi scritti una serie di dottrine, in caso contrario avrebbe dovuto presentarsi a Roma per il giudizio.


Allo scadere dei giorni della notifica, il 10 dicembre 1520, Lutero brucia i libri di diritto canonico e una copia della bolla papale. Queste vicende gli impedirono di portare a termine il commento, infatti, la dedica risale al 10 marzo 1521, qualche giorno dopo iniziò il viaggio per comparire davanti all’imperatore nella Dieta di Worms. Questi accenni ci fanno capire qual'erano le condizioni e lo stato d'animo in cui si trovò Lutero, ma tutto ciò non ha affatto sminuito la bellezza e la lucidità di questo Commento.


Nella sua introduzione, Lutero premette che Maria attraverso "la luce dello Spirito Santo le insegna a comprendere ciò che di grande la Parola di Dio ha operato nella sua vita: il Signore eleva ciò che è basso, abbassa ciò che è alto, spezza ciò che è intatto, ripara ciò che è spezzato" (p.17). Fin dall'inizio emerge la theologia crucis: il punto centrale del Magnificat è la croce di Cristo, il cuore del messaggio evangelico. Nella realtà di totale spoliazione e d’impotenza si svelano paradossalmente la ricchezza, la sapienza e l’onnipotenza di Dio.


Per Lutero, la maternità di Maria rivela l’iniziativa di Dio per la nostra salvezza. Dio fa il primo passo verso di noi, ci chiama, ci sostiene e ci salva in maniera gratuita e libera. La grazia richiede solo la nostra accoglienza nella fede, e non presuppone alcun merito o alcuna qualità, né alcuna pretesa da parte nostra. Maria è il segno più grande dell’iniziativa meravigliosa di Dio nella storia umana, dove Egli rivela la grazia e la misericordia proprio nella piccolezza, nella povertà, nella indegnità della fanciulla di Nazaret. Maria per fede lo riconosce suo Signore e Salvatore, da cui ha ricevuto ogni dono.  


Lutero, quindi, si allontana dal modo tradizionale di rappresentare la "Madonna" del cattolicesimo. Egli non si chiede chi è Maria, ma in che modo Maria ha risposto al volere di Dio. La grandezza di Maria è tutta nel "mi sia fatto secondo la tua parola" (Lc 1,38) cioè nella sua disponibilità a compiere il volere di Dio, anzi nell’offrire il proprio nulla perché la grazia divina lo ricolmi.


Il metodo che Lutero usa è quello di commentare il testo parola per parola, in modo da far emergere tutta la profondità delle parole di Maria, insieme alla sua nullità e alla sua fede. "Maria non non dice: “Io magnifico il Signore”, ma “l’anima mia”, come se volesse dire: tutta la mia vita e i miei sensi sono come sorretti dall'amore di Dio, dalla sua lode e dalla gioia che è in Lui, tanto che, non più padrona di me stessa, vengo elevata più di quanto io non mi elevi alla lode di Dio, come accade a tutti coloro che, pervasi da una dolcezza divina nello spirito, sentono più di quanto non riescano ad esprimere" (p.25).


Quali applicazioni che ne trae Lutero? Fra le tante ne cito due che sfidano la nostra idea di adorazione anche per il culto nel giorno di Natale. 


Prima, "Maria non dice "la mia voce" o "la mia bocca" , e neppure "la mia mano" o "i miei  pensieri" o "la mia ragione" o "la mia volontà", magnifica il Signore. Mentre molti lodano Dio a gran voce, predicano con belle parole, discorrono di lui, disputano, scrivono e dipingono e costruiscono teorie intorno a lui, cercando di raggiungerlo con la ragione e la speculazione ed esaltandolo con una falsa pietà, Maria dice: "L'anima mia magnifica", cioè tutta la mia vita, il mio sentire, la mia forza lo ammirano, tanto che ella è rapita in lui e si sente esaltata nella sua volontà" (p.31).  


Seconda, "Quando si ricevono i beni di Dio pensando che ciò sia una cosa naturale, si diventa orgogliosi e soddisfatti di se stessi. Perciò qui bisogna ben sottolineare l'ultima parola, "Dio". Maria, infatti, non dice: "L'anima mia magnifica se stessa", oppure "ha grande stima di se stessa", anzi non voleva per niente avere stima di sé, ma essa magnifica soltanto Dio, al quale attribuisce ogni cosa, mentre si spoglia e riporta di nuovo a Dio tutto ciò che da lui aveva ricevuto. Sebbene avesse accolto in sé quella grande opera di Dio, conservò il proposito di non elevarsi al di sopra del più piccolo uomo della terra" (p.32).


Nel v.48 Lutero chiarisce che: "Alcuni hanno reso qui la parola humilitas con "umiltà", quasi che la vergine Maria avesse rivestita la sua umiltà e se ne fosse vantata... ciò non è assolutamente vero. E ciò perché davanti a Dio nessuno può vantarsi di una buona qualità senza che vi sia peccato e corruzione. Dinanzi a Lui non ci si può vantare che della sua sola bontà e grazia verso di noi esseri indegni, in modo che noi vi sia orgoglio, ma soltanto l'amore e la lode di Dio" (p.39). "I veri umili non hanno di mira il risultato dell'umiltà, ma con animo semplice si rivolgono alle cose di infima condizione, se ne occupano volentieri e non si accorgono mai di essere umili" (p. 42).


Le riflessioni di Lutero sull'umiltà aiutano a spiegare il vero significato delle parole di Maria: "Da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata" (v.48b). "Si badi alle parole: essa non dice che si parlerà molto bene di lei, che si celebrerà la sua virtù, si esalterà la sua verginità o umiltà, o che si canterà un inno all'opera sua, ma si dirà soltanto che Dio ha riguardato a lei, per cui essa è beata... Non viene lodata lei, ma la grazia di Dio scesa sulla sua persona" (p.49). In altre parole, il grande evento della storia è proprio lo sguardo di Dio su Maria, da cui è nato Gesù, il Salvatore. Per Lutero, Maria non afferma la sua dignità, e nemmeno la sua nullità, ma solo la considerazione che Dio ha avuto nei suoi confronti.


Dopo aver esaltato i beni ricevuti da Dio, nella seconda parte del cantico Maria proclama le opere di Dio nella storia degli uomini. Questi sono solo alcuni spunti per unirci alla vera Maria che, con tutta se stessa ha magnificato ed esaltato Dio il quale, in Cristo Gesù, ha fatto irruzione nella storia combiando in modo decisivo la sua vita e quella di tutti coloro che hanno creduto come lei. Non a caso, per Lutero, il canto di Maria dovrebbe essere imparato a memoria da tutti noi.


(continua)



[1]: Esistono diverse versioni italiane: "Il Magnificat tradotto in tedesco e commentato", a cura di V. Vinay, in Scritti religiosi, Torino, Utet 1967, pp. 431-512; M. Luther, Commento al Magnificat, a cura di R. M. Bruno, Sotto il Monte (Bg), Centro di Studi Ecumenici Giovanni XXIII 1967 (da cui ho tratto le citazioni di questo articolo).


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