Oltre lo stato di emergenza (II). Finirà l’interventismo dello Stato?
Prima della pandemia, solo gli addetti ai lavori o quasi sapevano cosa fosse un DPCM (decreto del presidente del consiglio dei ministri). Poi dagli inizi di marzo 2020, abbiamo tutti imparato a fare i conti con i DPCM, le decisioni esecutive del governo che, nello stato di emergenza dovuto alla pandemia, hanno regolato la vita sanitaria, economica, sociale, anche religiosa dell’intero Paese impattando fortemente sulla sfera di libertà dei cittadini e sull’esercizio dei diritti costituzionalmente riconosciuti. A differenza di altre tipologie di decreti che sono poi sottoposti all’approvazione del Parlamento, il DPCM non passa al vaglio della discussione parlamentare e quindi del voto della Camera e del Senato. È una decisione d’imperio del governo senza interlocuzione esterna allo stesso.
In tempi di emergenza, è ragionevole che le decisioni importanti per il bene comune abbiano effetto immediato. Si deve far fronte a rischi enormi che necessitano decisioni rapide. Si devono affrontare situazioni di tale portata da richiedere risposte che si traducano in azioni qui e ora.
È evidente a tutti, tuttavia, che per uno Stato democratico, basato su diritti inalienabili dei cittadini e retto su un’architettura bilanciata di poteri che vigilano gli uni sugli altri, essere governato a colpi di DPCM per due anni, è comunque uno stress che non può essere prolungato a dismisura.
Nella cultura emergenziale si può instaurare il rischio della volontà intrusiva di potenza, dell’interventismo onnivoro dello Stato, del dirigismo da parte del governo sulla vita delle persone, anche in sfere di responsabilità che ordinariamente non compete allo Stato regolamentare. Tracce di questa degenerazione vi sono state: si pensi, ad esempio, a come i DPCM sono entrati in modo scomposto nelle vite affettive, nelle pratiche religiose, nella gestione delle case private, nelle modalità del lavoro personale, ecc.
Con la fine dello stato di emergenza, termina, per il momento, anche l’era dei DPCM e si ritorna ad un’azione di governo entro il solco ordinario delle prassi costituzionali italiane che prevedono la centralità del Parlamento: il governo ha a sua disposizione la decretazione d’urgenza, ma sempre sottoposta al voto differito del Parlamento.
La cultura evangelica, ispirata com’è dal principio della sovranità delle sfere, non può che salutare con gratitudine la fine dello stato di emergenza, non solo per ovvi motivi sanitari (la pandemia è in recesso), ma anche per motivi istituzionali (il ripristino di modalità di governo più rispettose del pluralismo). Secondo il pensiero evangelico, la vita pubblica si fonda sul riconoscimento di ambiti di responsabilità che appartengono a soggetti diversi: le persone, le famiglie, le imprese, le associazioni, le chiese, il governo, il parlamento, ecc., ognuna delle quali risponde ad un ambito proprio. Quando un soggetto entra nelle sfere di pertinenza altrui, si produce un’intrusione che, per quanto accettabile di fronte ad un’emergenza, deve poi rientrare nei suoi confini istituzionali. In caso contrario, da un sistema pluralista si passa ad uno tendenzialmente totalitario che schiaccia le libertà ed esautora le responsabilità diffuse.
Per quanto differenziato possa essere il giudizio sui governi Conte II e Draghi che hanno gestito la pandemia e hanno usato i DPCM, è una buona notizia per tutti che lo stato di emergenza sia decaduto. Questo non significa che il sistema italiano ordinario (non emergenziale) sia esente da criticità e che tutto vada bene. La nostra Costituzione formale (la Carta costituzionale) e materiale (le prassi politico-culturali) sono ben lungi dal rappresentare un modello in cui la sovranità delle sfere è applicata in modo compiuto.
Per chi ha a cuore la cultura del pluralismo istituzionale rimane il compito di elaborare un pensiero che promuova una visione riformata della vita pubblica all’insegna della responsabilità specifica di tutti e di ognuno, oltre a quello biblicamente stringente di pregare per le autorità, che ci piacciano o meno.
Della stessa serie:
“Oltre lo stato di emergenza (I). Sempre fedeli, mai soli” (01/04/2022)