Qatargate. Politicamente corretti, moralmente corrotti
Soldi (molti soldi) non tracciabili presi per diffondere un’immagine positiva del Qatar, nonostante la violazione dei diritti umani (su tutti la negata libertà religiosa) e le condizioni strutturalmente ingiuste del mercato del lavoro che sono praticate lì. Benvenuti nel Qatargate, lo scandalo che vede coinvolti parlamentari europei e loro collaboratori che hanno ricevuto lauti compensi (milioni di euro) per divulgare nelle istituzioni europee e nell’opinione un’immagine “positiva” di quel Paese arabo. Qualcuno dirà: un ennesimo caso di cattiva e corrotta politica, capace di farsi tutto e il contrario di tutto di fronte al guadagno personale. Vero, ma forse c’è di più. Mentre le indagini sono ancora in corso, ci sono almeno tre considerazioni che vanno fatte a caldo, anche perché il quadro che sta emergendo è già terribilmente chiaro.
Nessuno è superiore. Questa volta le persone implicate nella compravendita del consenso da parte del Qatar sono tutte appartenenti allo schieramento progressista, di sinistra per intenderci. Si tratta di una componente che negli ultimi anni si è fatta (a parole) paladina della difesa dei diritti, delle tutele, delle pari opportunità, della giustizia sociale, ecc. e che in questa vicenda si è invece fatta trovare con le mani nella marmellata avvelenata della svendita di tutti quegli ideali per un tornaconto personale. Questa area si è in genere presentata come portatrice di una “superiorità morale” rispetto alle altre e di una “correttezza politica” molto attenta ai temi delle disuguaglianze e delle forme della comunicazione. Il senso di essere moralmente superiori nasceva dalla visione sociale che avrebbe dovuto contraddistinguerla e della rappresentanza dei ceti medio-bassi (che non dovrebbero rubare) e di quelli intellettuali (che dovrebbero sapere che rubare è incivile oltre che immorale). In realtà, il Qatargate mostra che la corruzione, il malaffare e la scarsa qualità umana dei rappresentanti politici dilaga a destra e a sinistra. La sinistra politico-culturale non è moralmente su un livello più alto rispetto alla destra o al centro. Ciò significa che i pulpiti della sinistra intellettuale che pontifica su come “dovrebbe” essere il mondo possono essere marci dentro, rivestiti di una patina di correttezza e infraciditi dalla stessa corruzione presente in altri schieramenti.
Sintomo di una malattia sistemica. Il Qatargate ha visto coinvolti politici e collaboratori italiani e, in misura minore, greci. Da italiani, dovremmo vergognarci per lo scarsissimo spessore istituzionale e morale delle persone che votiamo per rappresentarci. Quando gli emissari del Qatar hanno dovuto individuare i soggetti deboli e pronti a “collaboratore” dietro lauti compensi sottobanco, hanno trovato nel gruppo italiano al Parlamento europeo degli interlocutori pronti a farsi corrompere. Giusta è l’indignazione che serpeggia in questi giorni nel Paese. Tuttavia, non dovremmo nasconderci dietro una foglia di fico. In Europa, l’Italia è uno dei Paesi a più alto tasso di economia sommersa, di mercato “nero”, di evasione fiscale, di illeciti amministrativi, ecc. La nostra classe politica semplicemente riflette la scadente etica pubblica che caratterizza il Paese nel suo complesso. Il punto è che, mentre è vero che questi politici e collaboratori corrotti hanno mostrato di essere indegni di rappresentare l’Italia e di avere incarichi istituzionali, il Paese che li ha eletti non è molto diverso da loro. C’è un sistema marcio a tutti i livelli che dovrebbe far capire che il Qatargate è un sintomo di una malattia cronica e ramificata.
Questione morale, questione spirituale. In una storica intervista del 1981 ad Eugenio Scalfari, Enrico Berlinguer aveva sollevato il tema della “questione morale” della politica italiana. Pochi anni dopo l’intero sistema politico italiano sarebbe crollato sotto il peso di Tangentopoli. In effetti, Berlinguer aveva toccato un punto dolente. C’era un deficit di moralità pubblica nei partiti che era diventato parossistico. Pur pungente, l’analisi di Berlinguer era ancora superficiale. La questione morale non era solo dei partiti e non era solo morale. La questione morale intaccava i partiti, ma anche le imprese, le istituzioni, il mercato, le persone. Oltre Berlinguer, bisogna rendersi conto che la questione morale è un cancro diffuso in tutti i gangli della società perché radicato nella perversione del cuore di tutti. Inoltre, c’era e c’è una questione morale perché c’è un problema spirituale a monte. La moralità riflette il tipo di spiritualità diffusa. In Italia, senza che sia mai accaduta una Riforma religiosa (come quella protestante), ha prevalso il codice morale della cultura cattolica con qualche spruzzatina (peraltro poco influente) di pepe liberal-risorgimentale e poi di sale fascista e comunista. Se abbiamo una questione morale grossa quanto una casa è perché la nostra cultura italiana si è attorcigliata intorno ad un impianto morale legalista e lassista, formalmente esigente e praticamente assolutorio, doppiogiochista e doppiopesista.
Tangentopoli, affittopoli, parentopoli … ora il Qatargate. Tutti frutti marci di una cultura malata che abbisogna di una riforma spirituale.