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Quando un boss di mafia viene arrestato. Cinque considerazioni

Matteo Messina Denaro è stato arrestato a Palermo. Ci sono alcune ragioni che mi spingono a parlare dell’arresto del penultimo “capo dei capi” di “Cosa Nostra”… sì, penultimo, perché come in tutti i sistemi di potere, “morto un papa se ne fa un altro” e, purtroppo, immagino che ci sarà già qualcuno che è stato designato a prendere il suo posto. 

La prima ragione è perché sono siciliano e perché sono uno di quei siciliani che, come ha detto Nino Frassica (parodiando un film di Pif), in quella che credo sia stata la migliore battuta che abbia mai pronunciato, se «la mafia uccide solo d’estate, taglieggia solo in autunno, ricatta solo d’inverno e spaccia solo in primavera… vuol dire che “la mafia fa schifo tutto l’anno”». Quindi, con tantissimi altri italiani mi rallegro grandemente che, adesso, per le nostre strade e città ci sia in giro un criminale in meno.

La seconda ragione è perché mi ha colpito il fatto che Matteo Messina Denaro sia stato arrestato nello stesso ospedale dove sono stato curato anch’io: “La Maddalena” di Palermo. Non credo di averlo mai incrociato (in effetti la probabilità è estremamente remota), ma, in effetti, non sarebbe stato impossibile, visto che dalla fine del 2020 ho frequentato quel luogo e continuo a farlo fino a ora per i miei controlli periodici. Questo mi ha fatto pensare a quale grande responsabilità, ciascuno di noi, in quanto depositario della grazia di Dio e del messaggio della salvezza del Vangelo, abbia nei confronti delle persone che incrociamo “occasionalmente e casualmente” nel corso della nostra vita. Pensare che quell’uomo ha attraversato le stesse porte, si è seduto sulle stesse sedie e ha stazionato negli stessi luoghi che frequento, mi ricorda che dovrei essere più attivo, esplicito e “aggressivo” nel condividere il Vangelo con tutte le persone che incontro… perché, non si sa mai, il giorno di Cristo potrebbe rivelare che sono stato lo strumento utilizzato per portare alla salvezza o per accrescere la condanna perfino di un boss della mafia!

La terza è la triste e inconfutabile verità che tutti gli uomini sono creati uguali e che tutti condividono la medesima sorte. Non conta né l’estrazione sociale, né la cultura, né la moralità, la religiosità o l’età anagrafica… tutti, allo stesso modo, ci ammaliamo e abbiamo bisogno di cure e di altri uomini e donne che ci aiutano a combattere le patologie che ci affliggono e che c’è sempre, SEMPRE… qualcuno (con la “q” minuscola o maiuscola) a cui dobbiamo affidarci e nel quale dobbiamo riporre una certa dose di fiducia. Pensateci bene tutti voi che vi vantate di appartenere a categorie sociali, culturali, religiose, economiche, ecc. molto diverse da quella alla quale appartiene l’ormai detenuto Matteo Messina Denaro. Non siete affatto diversi da lui, con lui condividete le fragilità della natura umana, la probabilità (sempre crescente man mano che passano gli anni) di ammalarvi di una grave patologia e il bisogno di essere curati per allungare di un po’ la vostra vita terrena. Nelle cose che contano, non siamo poi così tanto diversi… non è vero?

La quarta è che l’attaccamento alla vita è qualcosa che distingue ogni essere umano e che, in una certa misura, è presente perfino nel più degradato e in quello che non si è fatto scrupolo di ordinare ed eseguire la soppressione di tante altre vite proprio come la sua. Quest’uomo si è esposto a grandissimi rischi per potersi curare ed è stato disposto a correrli nella speranza di sconfiggere anche un nemico implacabile come il cancro. A ben riflettere, un tale attaccamento alla vita non è logico che lo si trovi in chi la disprezza fino al punto di non avere alcuna remora nel toglierla senza pietà al prossimo. Ma il peccato e la malvagità che comporta sono tra le realtà più irrazionali esistenti nel mondo.

La quinta ed ultima è che il giudizio e la fine giunge per tutti e per tutte le cose create, prima o poi. Nonostante il grande potere, le grandi risorse e la grande rete di connivenze e di coperture che gli hanno permesso di vivere nei pressi di casa sua nei quasi trent’anni di latitanza facendo praticamente quasi tutto quello che può fare una persona qualunque (compresa la possibilità di incontrare la moglie e avere da lei un figlio), ecco, nonostante tutto ciò, “il giorno della fine della latitanza” è giunto anche per lui e, seppure non fosse mai venuto il 16 gennaio del 2023 come il giorno dell’arresto, presto o tardi, sarebbe giunto “il giorno del giudizio” che né lui né alcuno di noi potrà mai evitare: il giorno in cui il Figlio dell’uomo sederà sul suo trono glorioso e separerà gli uomini come il pastore separa le pecore dalle capre (Cfr. Matteo 25:31ss). In quel giorno non conterà tanto se siamo stati uomini e donne di potere o meno, mafiosi o brave persone, religiosi o irreligiosi, in quel giorno conterà solo se saremo trovati “in Cristo” o meno, se avremo vissuto “nella fede del Figlio di Dio” amandolo e confessando il suo nome davanti a Dio e davanti agli uomini. Quello conterà e farà la differenza!

In una certa circostanza i discepoli di Gesù si rivolsero a lui in modo talmente gioioso che il Signore appare come se abbia voluto mitigare il loro trionfalismo, non tanto per soffocare il loro entusiasmo, quanto per dirigere le loro menti verso cose più importanti e durevoli. Di ritorno dalla missione, i discepoli potevano ben rallegrarsi di essere stati utili nel guarire, risuscitare i morti, scacciare i demoni e compiere opere potenti, ma Gesù sembra quasi voler gettare “acqua sul fuoco” per distoglierli dal far dipendere la loro gioia dai successi temporanei e misurabili nei confronti di mali terreni e indirizzandoli a rallegrarsi per benefici di gran lunga più importanti e durevoli (Cfr. Luca 10:16-20).

Ascoltiamo anche noi il Signore: rallegriamoci pure perché il mafioso in cima alla lista dei ricercati è stato tolto di mezzo… ma rallegriamoci molto di più perché uomini e donne comuni, per sola grazia, vengono salvati da Cristo e trasformati dallo Spirito Santo, e ancora: rallegriamoci perché i nostri nomi sono scritti nei cieli!

Verrà il tempo in cui le gioie delle vittorie temporanee, anche delle più grandi, cesseranno. In quel giorno, però, la vittoria di Cristo che con la sua opera ha distrutto il Diavolo, ha espiato il peccato e ha ucciso la morte, si mostrerà l’unica in grado di riempire i cuori degli uomini di una gioia eterna e la sola che potrà essere celebrata, raccontata e cantata per sempre!

(l’articolo è apparso sul sito www.ildiscredente.it)


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