Quanti amici hanno i pastori? Un libro per parlarne
Chi trova un amico trova un tesoro. Questo vale per tutti, ma si può dire qualcosa di più specifico per chi è da Dio chiamato a svolgere un ministero nella chiesa? I pastori sono amici? Gli anziani hanno amici? I conduttori hanno reti di amicizie adeguate?
Si sa che l’amicizia è un dono di Dio. Dio non ci ha creato per essere soli e la Bibbia ci mostra il valore dell’amicizia. Mosè e Aronne, Davide e Jonathan, Paolo e Barnaba, sono tutte coppie di amici di cui ci parla la Scrittura. Lutero e Melantone, Calvino e Farel, sono coppie di amici che si trovano nella storia della chiesa. Addirittura a Ginevra esiste dal Cinquecento la “compagnia dei pastori” ad indicare come il servizio nella chiesa possa essere svolto nel contesto di relazioni emotivamente calde e fattivamente collaborative. Ora, Michael A. G. Haykin, Brian Croft e James B. Carrol nel loro libro Pastoral Friendship The Forgotten Piece in a Persevering Ministry, Fearn, Christian Focus 2023, sottolineano l’importanza dell’amicizia nella vita dei pastori e conduttori di chiesa, sia per la vita personale, sia per la riuscita del ministero.
Da dove partono per parlarne? Da Dio. La nostra vocazione “relazionale”, infatti, esiste perché Dio è un Dio di relazione. L’amicizia è un dono divino caratterizzato da amore, fiducia e lealtà gli uni nei confronti degli altri. Vero è che le conseguenze del peccato che hanno rovinato anche le relazioni amicali. Dopo il peccato, fiducia, amore, lealtà sono merce rara da trovare nelle amicizie.
A causa del peccato l’amicizia non è più caratterizzata da fiducia, amore e fedeltà, ma piuttosto incompresa e svuotata del suo significato. I social media e una cultura sempre più ossessionata dal sesso fanno dell’amicizia un concetto “spersonalizzante”, che spinge alla competizione e ad una iper-sessualizzazione di tutte le relazioni. È necessario l’intervento di Dio stesso affinché le relazioni, anche quelle amicali, possano essere riorientate. Ed è proprio con e attraverso Cristo che nuove relazioni possono essere ristabilite, guarite e rinnovate. In Cristo, Dio diventa in un certo senso il nostro primo vero amico, in una maniera in cui noi non potremmo esserlo per lui. Questa amicizia “asimmetrica” è l’unica che mostra veramente fiducia, amore e fedeltà.
Oltre alle sfide “esterne” ci sono quelle “interne” che hanno a che vedere con il nostro cuore. Orgoglio, pienezza di sé, egoismo, paura di mostrarsi vulnerabili, passività, pigrizia e complessi di inferiorità sono degli ostacoli molto spesso difficili da superare. Non sono forse queste le sfide più grandi anche per noi? Per usare una metafora degli autori, l’amicizia è una corsa che richiede energie, cuore e sforzo. Questo per dire che essere amici non è una cosa che avviene senza impegno, ma è qualcosa di serio e alto a cui aspirare. Sicuramente è qualcosa che necessita di essere ri-vissuta alla luce di categorie bibliche.
L’attenzione data dal libro all’amicizia in relazione al ministero pastorale è ammirevole. Molto spesso i pastori e gli anziani di chiesa sembrano persone intoccabili, super uomini, persone che sono in grado di affrontare tutto e tutti da soli senza il bisogno di chiedere aiuto, oppure delle celebrità inarrivabili, dei capi che non hanno bisogno di consigli né suggerimenti.
Per gli autori, anche il pastore è bisognoso di relazioni amicali profonde da trovare nella rete di relazioni vicine e lontane. La presenza di amici nella vita è una benedizione di cui anche loro necessitano. L’amicizia è vera, profonda e proficua quando viene vissuta nella cornice di Proverbi 27,17: “il ferro forbisce il ferro; così un uomo ne forbisce un altro”.
I nostri conduttori di chiesa hanno amici? Se no, si tratta di un segnale preoccupante. Siamo amici loro? Questo è un campo di lavoro che sicuramente può essere coltivato: non solo per un vantaggio personale, ma anche per un ministero fruttuoso.