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Quanto evangelico è stato Bonhoeffer?

Non è facile cimentarsi nell’impresa di misurarsi con un gigante come Bonhoeffer in modo non settoriale e superficiale e bisogna dare atto a Fulvio Ferrario, Bonhoeffer, Roma, Carocci 2014, di aver avuto il coraggio di farlo e di farlo in modo egregio. Ferrario, professore di teologia sistematica alla Facoltà Valdese di Teologia, ha sempre avuto nel suo impegno teologico un’attenzione particolare nei confronti di Bonhoeffer. In questo libro, riconduce le ricerche del passato in un discorso unitario che va oltre la mera introduzione al teologo o alla dettagliata rassegna delle opere. Il volume di Ferrario è informativo ed interpretativo. Ripercorre le tappe principali della vicenda biografia di Bonhoeffer e intreccia il racconto, sempre ben informato, con le opere, le discussioni, le questioni teologiche sottese ad ogni passaggio. Ne esce un quadro sufficientemente particolareggiato, ma sempre nei limiti di un certo uso economico della parola. L’A. è abile nel presentare i drammi della storia di Bonhoeffer senza peraltro calcare la mano sul ritratto oleografico e senza cedere alla tentazione di dipingerne un profilo da “santo” protestante.

Già nel corso della trattazione, ma a maggior ragione nel capitolo conclusivo, Ferrario espone le linee portanti della sua interpretazione teologica. Giustamente, mette in risalto il rapporto di Bonhoeffer con Lutero. Il grande riformatore tedesco è nella filigrana della teologia di Bonhoeffer. Si tratta di un rapporto maturo di riconoscenza e d’ispirazione. I contesti sono, ovviamente, diversi e Bonhoeffer non si limita tanto a ripetere quanto ad elaborare partendo da Lutero e rimanendo in contatto permanente con la sua opera. In secondo luogo, l’A. parla di Bonhoeffer come di un “teologo barthiano-liberale”, proprio in questa successione. Da un lato, è evidente la vicinanza a Barth nel respingere alcuni assunti della teologia liberale e nel tornare ad un rapporto vitale con la Scrittura senza pagar dazio alla saccenza storico-critica. Dall’altro Bonhoeffer farebbe propria l’esigenza di “onestà intellettuale incarnata dal liberalismo teologico” (233), soprattutto in alcune pagine dell’Etica e nelle lettere dal carcere. Il confronto con la modernità, secondo Ferrario, non può risolversi in una sorta di conflitto frontale e Bonhoeffer darebbe una lettura più sfumata di certe rigidità di Barth. 

A questo proposito, l’A., pur citando la recente biografia di Eric Metaxas, Bonhoeffer. La vita del teologo che sfidò Hitler, Roma, Fazi 2012, non ne discute la tesi interpretativa di fondo e cioè che Bonhoeffer, pur essendo un teologo complesso, sarebbe più vicino alla sensibilità evangelicale che a quella liberale. Sulla Scrittura, sulla comprensione “tradizionale” della dottrina protestante, sulla centralità del rapporto “personale” con Cristo e la risultante vita di sequela, Bonhoeffer incarnerebbe una teologia che si è congedata dal liberalismo in modo ancor più forte di Barth e si è avvicinata alla fede radicale ed esperienziale che ha apprezzato nelle chiese nere di Harlem nel corso del suo soggiorno statunitense. Anche l’articolo sulla Scrittura della Confessione di Bethel (1933) a cui Bonhoeffer contribuì è molto in linea con le confessioni di fede evangeliche classiche, quindi lontano anni luce dal liberalismo. 

Non si tratta di voler tirare Bonhoeffer per la giacchetta e nemmeno di iscriverlo ad un album degli eroi dell’una o dell’altra parte. Si tratta di capire la sua fede, la sua teologia, le sue domande in un orizzonte che sia il più ampio possibile e vicino ai nodi principali della sua teologia. Ferrario offre uno strumento che tiene aperto il discorso e invita al confronto con la ricchezza sofferta del pensiero di Bonhoeffer.

Per le aperture evocative del suo pensiero, tanto geniali quanto ambigue, oltre all’indiscutibile fascino biografico, letterario e poetico della sua opera, non stupisce che Bonhoeffer sia il teologo protestante più letto in Italia. Il mondo cattolico, infatti, vede in lui una grande figura di “martire” cristiano contemporaneo, mentre la cultura laica è attratta dalla sua riflessione sul “mondo adulto” che non mette in discussione lo scetticismo moderno, ma semmai lo legittima.


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