“Rapito”. Il film di Bellocchio e il sacramentalismo cattolico

 
 

“Rapito” è l’ultimo film di Marco Bellocchio. Racconta la storia vera di Edgardo Mortara, bambino ebreo di Bologna, che fu sottratto alla sua famiglia nel 1858 quando aveva sei anni e portato in un collegio cattolico per ordine del tribunale dell’inquisizione, su mandato di papa Pio IX. Bologna era ancora sotto lo Stato Pontificio. Il motivo di questo rapimento sta nel fatto che, quando era ancora un neonato, la balia che lo accudiva, vedendolo malato e febbricitante, lo aveva battezzato di nascosto ai genitori per timore che morisse senza il sacramento e fosse quindi perduto. Per sei anni aveva tenuto il segreto, salvo poi rivelarlo alle autorità ecclesiastiche in cambio di un aiuto economico. A quel punto, il tribunale decretò la sottrazione del bimbo dalla famiglia in quanto “cristiano”: la chiesa romana lo considerava un suo “figlio” e aveva la responsabilità di educarlo in modo cattolico. Edgardo fu preso con la forza, portato a Roma in un collegio a stretto contatto con Pio IX. I tentativi della famiglia di riportarlo a casa furono vani. Con la Breccia di Porta Pia e con la fine dello Stato Pontificio, la famiglia riuscì a rivedere Edgardo ormai diciottenne, salvo prendere amaramente atto che il loro figlio non solo aveva abbandonato l’ebraismo, ma era sulla strada per diventare prete cattolico. In effetti, l’ebreo-battezzato divenne prete e lo fu fino alla sua morte nel 1940.

Il film racconta questa storia drammatica: la violenza del rapimento, il trauma del bimbo strappato dai genitori, la sofferenza della famiglia, lo scontro di identità, la solidarietà della comunità ebraica bolognese e romana, l’abuso della chiesa cattolica, il regime autoritario dello Stato Pontificio e la sottomissione della minoranza ebrea, la personalità complessa di Pio IX, ecc. A tutto questo intreccio complesso, si aggiunge anche la scelta di Edgardo che, diventato adulto, sposa l’identità cattolica del tempo e, invece di tornare all’ebraismo e alla sua comunità d’origine, abbraccia il sacerdozio cattolico.

Molta critica cinematografica ha sottolineato la carica negativa del film contro la chiesa cattolica: l’intransigenza dei suoi dogmi, l’autoritarismo della sua cultura, l’intolleranza delle sue pratiche, gli abusi delle sue istituzioni. La stampa cattolica tradizionalista ha messo in evidenza i pregiudizi anticlericali del regista, sostenendo che, al netto della violenza del rapimento, Edgardo ha fatto una scelta “libera” e “adulta” verso il sacerdozio. Ognuno può vedere il film e trarre le proprie conclusioni.

Detto questo, c’è un commento “teologico” che è passato quasi inosservato ma che merita di essere accennato. Esso ha a che fare con la dottrina cattolica del sacramento del battesimo. Secondo questa dottrina, il battesimo è efficace ex opere operato, per il fatto stesso di essere amministrato. Secondo la concezione cattolica, la grazia di Dio è infusa tramite il rito del battesimo. C’è un automatismo, un meccanismo che funziona nel sacramento. In quest’ottica, una volta battezzato, Edgardo era diventato cristiano, a prescindere dalla fede professata da lui e dai suoi genitori. Siccome era stato attivato il sacramento, esso aveva determinato un cambiamento oggettivo della realtà. A quel punto, la chiesa cattolica si sentiva in dovere di agire di conseguenza. Al battesimo avrebbero dovuto seguire gli altri sacramenti, per necessità, senza guardare in faccia a nessuno. In gioco c’è la concezione causativa del battesimo che permea il sacramentalismo cattolico, al punto da portarlo ad attuare il rapimento di un bimbo ebreo battezzato da una balia.

La forza del sacramentalismo cattolico è così dirompente che lo stesso Edgardo, diventato prete, è intriso di esso. Infatti, il film si chiude con la scena in cui lui visita la madre sul letto di morte e cerca di battezzarla di nascosto perché convinto che, amministrando il rito, l’avrebbe salvata. Oltre alla critica ideologica contro il sistema cattolico di cui il film di Bellocchio è intessuto, sarebbe utile interrogarsi sulle ragioni teologiche che hanno reso il cattolicesimo una macchina autoritaria che, sotto Pio IX, ha portato la chiesa romana ad orchestrare il rapimento di un bambino. La dottrina del sacramento ex opere operato è parte di esse.

Il fatto che Pio IX allora ordinò il rapimento dell’ebreo Edgardo, mentre oggi papa Francesco chiama “fratelli tutti” è segno di uno spostamento del pendolo del cattolicesimo romano da essere una religione prevalentemente “romana” a essere diventata una massicciamente “cattolica”, senza per questo modificare la sua base ideologica che tiene la struttura “romana” e l’afflato “cattolico” in costante tensione.