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La nuova enciclica di papa Francesco. Più che il cuore di Gesù, il cuore del cattolicesimo

Dilexit nos (DN, “Ci ha amati”, una citazione da Romani 8,37) è la quarta enciclica del pontificato di Francesco uscita il 24 ottobre. Dopo Lumen fidei del 2013 (peraltro scritta da Benedetto XVI, quindi non farina del suo sacco), Laudato si’ del 2015 su temi ambientali, [1] Fratelli tutti del 2020 sulla fratellanza universale, DN prende spunto dalla devozione cattolica al Sacro Cuore di Gesù per elaborare una riflessione più generale sul cuore, l’affettività e la compassione verso i mali del mondo.


L’enciclica è composta da 5 capitoli a loro volta formati da 220 paragrafi ed esce mentre è ancora in corso la celebrazione del 350° anniversario della prima manifestazione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque. Non a caso il testo menziona le apparizioni di Gesù a Paray-le-Monial, tra la fine di dicembre 1673 e il giugno 1675. Francesco fa anche i nomi di alcune sante particolarmente legate a questa devozione: Teresa di Lisieux e Faustina Kowalska. L’enciclica cuce insieme riflessioni bibliche, citazioni patristiche, rievocazioni storiche, pratiche devozionali che vanno tutte a convergere ora sul cuore umano, ora su quello di Cristo, e su tutto e tutti sul “sacro cuore”.


La devozione al Sacro Cuore è molto presente nella tradizione cattolica. Le immagini del cuore sanguinante, le processioni dedicate, gli scritti mistici, l’immaginario collettivo, l’iconografia nelle chiese e nelle chiese sono tutti spazi impregnati da questa tradizione relativamente moderna. Addirittura, l’Università cattolica di Milano è intitolata al Sacro Cuore. Questo per dire che DN si innesta su un terreno molto fertile per il cattolicesimo che, evidentemente, il papa vuole ulteriormente valorizzare.


In DN si vede in filigrana tutto il movimento del cattolicesimo: c’è qualche citazione biblica che poi viene vissuta ed elaborata in pratiche che dalla Bibbia prendono congedo in quanto vanno a concentrarsi su immagini e devozioni che vogliono “attualizzare” il messaggio biblico tramite il ricorso a rivelazioni ulteriori che spostano l’attenzione dal Cristo biblico per farla virare sul Cristo immaginato dalla chiesa e mediato da essa.


In DN, il punto di partenza biblico sfocia nella pietà popolare. Gli argini della Scrittura sono rotti per fare spazio al mondo delle devozioni. Addirittura, per il papa la pietà popolare è il “sistema immunitario della chiesa”, invece di essere considerato una escrescenza da tenere sempre sotto controllo e curare con antidoti biblici.


La stessa Santa Margherita Maria Alacoque che diede avvio alla devozione del Sacro Cuore racconta di rivelazioni che l’hanno portata a mortificazioni corporali (autoflagellazione, conficcamento di aghi, ingestione di vomito altrui, ecc.), incoraggiamenti a dedicarsi al culto della Madonna, persino alla devozione del cuore di Maria (n. 176). Ebbene, papa Francesco ricorda con approvazione che Pio XII nel 1956 affermò che “il culto del Sacro Cuore esprime in modo eccellente, come una sintesi sublime, il nostro culto a Gesù Cristo” (n. 79); addirittura esso è “una sintesi del Vangelo” (n. 83). Forse si tratta di una sintesi del vangelo cattolico-romano, non di quello biblico!


Vale la pena concludere questa breve introduzione a DN con un riferimento ad un’opera quasi coeva alle apparizioni cattoliche del sacro cuore. L’opera si intitola Il cuore di Cristo in cielo verso i peccatori sulla terra (The Heart of Christ in Heaven towards Sinners on Earth) e fu pubblicata per la prima volta nel 1651, divenendo ben presto l'opera più popolare del puritano Thomas Goodwin (1600-1680). 


Qui troviamo un ottimo esempio di cosa significa meditare sul cuore di Cristo biblicamente, senza dare spazio a devozioni spurie e fuorvianti. Nel libro Goodwin si propone di mostrare dalle Scritture che, in tutta la sua maestà celeste, Cristo non è ora distaccato dai credenti e indifferente, ma ha un affetto fortissimo per loro. Goodwin inizia con le belle rassicurazioni date da Cristo ai suoi discepoli, prendendo come esempio di questo amore la lavanda dei piedi di Cristo (Giovanni 13). Il cuore della sua argomentazione, tuttavia, risiede nell'esposizione di Ebrei 4,15, in cui Goodwin mostra che, in tutta la sua gloriosa santità in cielo, Cristo non è indispettito nei confronti del suo popolo; semmai, il suo cuore capiente batte più forte che mai di tenero amore per loro. In particolare, due cose suscitano la sua compassione: le nostre afflizioni e, quasi incredibilmente, i nostri peccati.


Ecco, invece del “sacro cuore” di Dilexit Nos, così irrimediabilmente intriso di concezioni e pratiche evangelicamente irricevibili, abbiamo bisogno di conoscere e sperimentare il cuore di Gesù come la Bibbia (sola Scriptura!) lo presenta.



[1]: Per un approfondimento, rimando al mio “Laudato si’, promesse e domande”, Studi ecumenici XXXIV/1-2 (2016) pp. 151-155.


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