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Santi nel mondo (II). I Puritani e la vita per la gloria di Dio

Introspettivi, spaccatori di capelli in quattro, bigotti. E’ questa l’immagine dei Puritani che secoli di propaganda cattolica e marxista hanno consegnato alla cultura popolare.  Il libro Leland Ryken Santi nel mondo. Il vero volto dei puritani, Caltanissetta, Alfa & Omega 2017 ci mostra invece la ricchezza della vita e del pensiero dei Puritani, in cui quelle dimensioni della vita che spesso sono viste in modo contrapposto come ragione e fede, intelletto e sentimento, legge e grazia, adorazione e azione, santità e piacere si armonizzano e si riflettono in una vita spesa in modo totale per l’Evangelo. 

Il libro è un utile correttivo a camionate di luoghi comuni sui Puritani. Ryken ricorda bene che i Puritani non erano certamente degli oscurantisti (p.279), cioè contro il progresso o l’istruzione, ma piuttosto mostrano impegno pubblico in ambito culturale e sociale. Nella loro visione del mondo, diventa centrale il significato di vocazione: attività sociali, politiche, governative venivano considerati campi d’azione per ogni credente chiamato a esserne coinvolto. Rispetto ai cattolici e ai quaccheri che vedevano la vita “santa” lontana dalla società, i Puritani rilanciano la vita dei credenti per un progetto di società cristiana, in cui il Dio della Bibbia fosse glorificato in ogni cosa. 

“L’americano John Bernard dichiarò: Gli scopi ultimi e supremi del governo coincidono con lo scopo ultimo di ogni creatura: glorificare Dio in ogni cosa” (p.281). Si tratta di un’affermazione che rimanda alla volontà di ricercare il bene nella società a vari livelli mettendo Dio al centro! Perché una buona società è quella in cui “ogni parte è così legata alle altre che sono tutte ugualmente partecipi della forza e della debolezza, del piacere e del dolore” (p.282): è evidente un forte desiderio di ricercare il bene comune in una società regolata da un patto tra persone, organi, istituzioni che la compongono. 

Al mandato culturale per il bene comune, si affianca l’azione sociale attraverso la cura dei poveri e dei bisognosi di cui i Puritani sono stati senza ombra di dubbio dei difensori facendo attività che oggi si direbbe “advocacy”. In concreto si fecero promotori di svariate opere filantropiche: nelle chiese calviniste nessuno dei poveri mendicava per strada (p.285). Qui troviamo un’applicazione della cultura del “dono” che non è in relazione ad una scala di opere meritorie perché “la pietà genuina produce buone opere, che sono atti di gratitudine, non di merito” (p.288) e strettamente collegata al buon uso delle risorse guadagnate, per una vita sobria che non fosse nell’eccesso e nello spreco.  Questa cultura del dono scardina anche l’idea secondo cui l’etica puritana fosse solamente orientata verso l’extra profitto di ogni attività lavorativa, perché spinta dalla responsabilità verso coloro che sono nel bisogno e una dimostrazione di pietà in risposta alla grazia di Dio mostrata per gli uomini peccatori (p.288).

Il puritanesimo è anche conosciuto come un movimento che “ha sostenuto l’individualismo” (p.291) alla base del quale c’era un principio teologico: il sacerdozio universale dei credenti, un paradigma per l’uguaglianza di tutte le persone. Ryken ricorda che la difesa della centralità dell’individuo era un atteggiamento basat su un criterio spirituale, perché “dando la preminenza alle cose spirituali rispetto a quelle materiali, i puritani spianavano la via all’indebolimento dei privilegi basati esclusivamente sulla nascita o sul ruolo” (p.293). Tutti perciò erano considerati sullo stesso piano e tutti dovevano essere considerati con una propria dignità e libertà da rispettare. Certamente, anche i Puritani erano figli del loro tempo e soggetti a condizionamenti culturali ed ingiustizie sociali (come la tolleranza della schiavitù) che limitarono l’impatto del loro pensiero. Tuttavia gettarono “semi” che portarono frutto dopo di loro. 

Ancora oggi come evangelici abbiamo bisogno di prendere consapevolezza del mandato culturale così come è coniugato al mandato missionario. Pietà e impegno, individuo e società, famiglia e lavoro, culto e cultura: vivere tutte queste dimensioni per la gloria di Dio!

(continua)

Della stessa serie:
“Santi nel mondo (I). Si può imparare qualcosa dai Puritani?” (1 novembre 2022)


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