Loci Communes

View Original

“Sono la figlia di James Senese” e il deficit italiano di civismo

Non sono un vero e proprio fan di James Senese, ma solo un suo incompetente estimatore alla lontana. Del musicista napoletano ricordo soprattutto il sodalizio con Pino Daniele e la sua partecipazione al mitico gruppo che lo accompagnò nei successi degli Anni Ottanta-Novanta: Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Rino Zurzolo, Joe Amoruso e, appunto James Senese, il virtuoso sassofonista. 


Negli ultimi giorni, Senese è tornato alla ribalta della cronaca non per le sue imprese artistiche e musicali, ma per uno spiacevole episodio capitato a sua figlia nel quale anche lui è rimasto coinvolto. La figlia aveva parcheggiato l’auto sulle strisce pedonali e in prossimità di uno scivolo per disabili. Di fronte alla protesta di chi le ha detto che non avrebbe dovuto parcheggiare lì, la signora se ne è uscita con l’affermazione: “sono la figlia di James Senese”, quasi ad avanzare un suo diritto a fare ciò che voleva in ragione del suo essere imparentata ad un personaggio famoso. In un primo tempo, anche il padre ha difeso la figlia in questo suo comportamento incivile, poi ha diramato un video di pubbliche scuse riconoscendo che l’essere “figlio di” non esime dal rispettare le regole che valgono per tutti.


Il caso specifico è chiuso, ma non può non riportare alla mente i tanti episodi a cui tutti hanno assistito. Infatti, il “lei non sa chi sono io!” è molto diffuso nella vita di tutti i giorni. Può essere sulla bocca di personaggi dello spettacolo, sportivi, politici o comunque influenti che, in ragione del loro status professionale o di notorietà, rivendicano un trattamento diverso dagli altri. 


C’era un tempo (nell’antichità) in cui i figli degli dèi pretendevano di essere considerati al di sopra degli altri. Poi, nella società feudale del medioevo, le gerarchie sociali venivano esibite per beneficiare di privilegi a seconda della posizione goduta nella scala sociale. In chiave religiosa, la rigorosa distinzione tra “chierici” e “laici” ha anche alimentato il senso di superiorità dei primi sugli altri. Con l’avvento dello stato di diritto e dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, le diversificazioni sociali hanno perso valore, almeno sulla carta. Tuttavia, rimangono sacche di cultura ancora influenzata dall’autoproclamata eccezionalità. Essa scatta quando le persone pretendono di essere sopra le regole che valgono per gli altri in ragione del loro status.


A farne le spese è il civismo cioè l’accettazione che la vita comune comporta delle responsabilità a cui tutti devono attenersi e la sottomissione a regole minime che disciplinano il quieto vivere.


E’ noto che la cultura italiana è povera e scadente quanto a civismo. Dall’alto tasso di evasione fiscale all’endemica presenza dell’economia sommersa; dal lavoro nero alla scarsa cura dei beni pubblici; dalla difficoltà a rendicontare alla fuga dall’assunzione di responsabilità. Sono tutte spie di una ancora superficiale assimilazione dell’abc del civismo. La cultura che prevedeva la presenza di schiavi e di liberi, poi quella che separava religiosi e laici, poi gli strascichi di un assetto aristocratico … insomma i residui di questo impasto sono ancora incrostati nella nostra cultura e la fanno inceppare.


Ogni tanto ricompaiono anche nella forma del “lei non sa chi sono io!”. Ci sentiamo tutti numeri uno, tutti eccezionali, tutti sopra le regole, tutti aventi diritti più degli altri e doveri meno degli altri. L’importante sono io, qui e ora. Il resto frega poco o niente.


Dietro alla frase “sono la figlia di James Senese” c’è una cultura che non ha ancora veramente sentito che “davanti a Dio non c’è favoritismo” (Romani 2,11) e che Dio vuole che amiamo il prossimo come noi stessi (Marco 12,29-31). Queste sono le radici evangeliche di una cultura rinnovata che genera i frutti del civismo. 


See this gallery in the original post