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Toccare per credere? Sul dito di Tommaso in Caravaggio

Di fronte al dipinto dell’Incredulità di San Tommaso di Caravaggio (1571-1610), una luce intensa e drammatica guida lo sguardo dello spettatore verso un punto specifico nel quadro che fotografa il momento in cui Gesù guida la mano di Tommaso consentendogli di entrare con il dito nella piaga presente sul suo costato. La scena richiama il Vangelo secondo Giovanni, il quale narra della seconda apparizione di Cristo otto giorni dopo la resurrezione. Gesù, rivolgendosi direttamente a Tommaso, lo invita a mettere la mano nel suo costato per dimostrargli che era veramente risorto e gli comanda di non essere incredulo ma credente. Facendo un passo indietro nella storia, ricordiamo che la sera della resurrezione, quando Gesù apparve agli apostoli, Tommaso non era con loro e quando gli apostoli gli testimoniarono in un momento successivo di aver visto il Signore, Tommaso si mostra incredulo, dubbioso della resurrezione di Gesù Cristo e lo vediamo porre condizioni che dovevano per lui essere soddisfatte prima di poter credere: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò”.

L’opera di Caravaggio sembra mettere in luce le due nature nell’unica persona di Gesù Cristo: Gesù, il Figlio di Dio, è vero Dio e vero uomo e il Merisi sembra riprendere il verso di Giovanni 1,14 il quale afferma che “Il Logos si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi.”. L’umanità è reale, vera, è concreta come lo sono le labbra della ferita del costato dove Tommaso inserisce il suo dito. Nel dipinto, infatti, Gesù dirige la mano incredula di Tommaso che, con la fronte accigliata, pone il dito direttamente dentro la ferita del costato, tanto da piegare un lembo di carne. L’episodio evangelico viene magistralmente illustrato da Caravaggio con realismo; l’artista interpreta in modo letterale il verso in cui Gesù invita Tommaso a porgere la sua mano e a metterla nel suo costato e lo fa con un’acuta sensibilità. Osservando il dipinto, si percepisce un senso di intima vicinanza tra Cristo e gli uomini attorno e l’esperienza visiva dello spettatore è come se si trasformasse in esperienza tattile: la pratica del vedere si sposa con la pratica del toccare.

Il volto sorpreso degli apostoli potrebbe essere il volto di coloro che oggi, di fronte all’annuncio della morte e della resurrezione di Cristo, rimangono increduli non volendo credere fino a quando non vedono e non toccano riecheggiando quel bisogno di toccare per credere che Tommaso mostra di avere. In verità, nella Bibbia vengono chiamati beati coloro che, pur non vedendo, crederanno, in base alla testimonianza rivelata nella Parola di Dio. 

Sulla fede personale di Caravaggio non possiamo avanzare ipotesi. Sono molti i pareri contrastanti riguardo l’orientamento spirituale dell’artista: per molti fu un blasfemo, per altri una persona profondamente religiosa o semplicemente quell’artista nel cui lavoro sembrano venire attuate tutte quelle direttive artistiche avanzate al tempo della Controriforma. È difficile poter definire la sua spiritualità, tuttavia, nel dipinto preso in questione, Michelangelo Merisi sembra volerci portare con lui a seguire lo sguardo timoroso e incredulo di Tommaso fino a quel dito che ci fa verificare del mistero di quella morte vinta dal Figlio di Dio il quale, ancora oggi, ci invita a non essere increduli, ma credenti. 


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