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Tra santi protettori e papi santi: l’orizzonte religioso del discorso di Giorgia Meloni

La prima donna premier in Italia, il primo governo radicalmente spostato a destra, il primo governo dopo molto tempo con un forte mandato popolare. Questi e altri erano i motivi dell’attesa per il discorso programmatico che Giorgia Meloni ha tenuto alla Camera, in vista del voto di fiducia. La Presidente del Consiglio ha, come di consueto accade, definito la propria identità e i propri valori tracciando le linee guida del prossimo governo. 

Il discorso, durato più di un’ora, ha avuto i suoi punti prevedibili ed il suo carico di rottura e di novità. La prima importante sottolineatura è stata quella sull’essere la prima premier donna della storia italiana. Il focus non si è tanto concentrato su quanto di diverso questo dato comporterà, ma nel ringraziare le predecessore che hanno aperto la possibilità alle donne di farsi strada in campo politico e non solo.

Il discorso è continuato con al centro la parola chiave del “pragmatismo” e nel segno della metafora del nostro Paese come di una nave in tempesta. La premier è stata molto schietta nel parlare di una giuntura nazionale ed internazionale in cui gli scenari futuri sono di decrescita e di arretramento e ha parlato di scelte decise e pragmatiche per riportare la nave in porto.

Nonostante le preoccupazioni nazionali ed internazionali, Meloni ha sottolineato l’appartenenza e il radicamento del nostro Paese in Europa. Secondo lei i valori dell’Unione derivano dalle comuni radici classiche e giudaico cristiane, ma soprattutto dall’essere, nelle sue parole, “eredi di San Benedetto, un italiano, patrono principale dell’intera Europa”. Come purtroppo ormai sembra consuetudine, i discorsi nelle aule del Parlamento diventano un’occasione per ristabilire la supremazia religiosa del cattolicesimo in Italia più che per aprire spiragli ad un pluralismo non solo formale ma fattuale. Ed infatti a seguire non sono mancati gli “affettuosi saluti a patrono principale dell’intera Europa” citato per parlare del tema dell’impoverimento dilagante nel nostro Paese e per attaccare le opposizioni sul provvedimento del reddito di cittadinanza; e la conclusione è stata affidata alle parole di Giovanni Paolo II, di cui ne ha ricordato la memoria liturgica che ricorreva nel giorno del giuramento del nuovo governo e che ha definito come un “Pontefice, uno statista, un Santo” che le ha insegnato a considerare la libertà “non fare ciò che ci piace, ma nell’avere il diritto di fare ciò che si deve”. Una carrellata di santi protettori e di papi santi: non proprio una cornice promettente per un nuovo governo di un Paese laico.

Sul tema della libertà il discorso ha battuto più volte per delineare i contorni ideologici del governo e per costruirne i riferimenti conservatori ma non reazionari, di destra ma non fascisti, ecologisti ma fuori da un’ideologia ambientalista radicale.

Come imposto dal momento critico, i temi toccati sono stati tanti e tutti rilevanti per il futuro prossimo come quello della guerra e del sostegno all’Ucraina, dell’energia e dell’approvvigionamento delle risorse energetiche, all’uso dei fondi del PNRR, all’esigenza di una nuova politica industriale che investa e rivitalizzi anche il Sud. 

Il discorso però non si è tenuto sul presentismo dell’emergenza e si è allargato alla visione di un Paese che nei prossimi dieci anni possa essere in grado di sfruttare le sue risorse al meglio e investire sui giovani. Politicamente il passaggio sull’instabilità politica ha messo al centro la riforma sul presidenzialismo come soluzione per risolvere l’impasse con o senza l’appoggio delle opposizioni. 

Interessante è stato il passaggio sulla famiglia riportata al centro del discorso politico come “nucleo primario delle nostre società, culla degli affetti e luogo nel quale si forma l’identità di ognuno di noi; intendiamo sostenerla e tutelarla e, con questa, sostenere la natalità”.

Tra le tante libertà citate, tra cui quella inconsueta per un governo di destra di manifestare nelle piazze, è completamente mancata la citazione della libertà religiosa così come il pluralismo o la tutela delle minoranze. Queste ultime, nella retorica di questo discorso, sono state ridotte a tema di sicurezza sui migranti e del controllo dei flussi migratori. 

Nel bene e nel male, le coordinate culturali di questo governo nascono all’insegna del cattolicesimo tradizionale. Nel bene, per l’impegno verso le famiglie. Nel male, perché per chi non riconosce né santi patroni né papi regnanti non sembrano esserci santi in paradiso. In ogni caso, auguriamo alla Presidente Meloni e al suo governo buon lavoro e assicuriamo le nostre preghiere. 


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