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Una Cena del Signore “cyber”? No grazie

In tempi di quarantena, quando i culti con la chiesa fisicamente raccolta sono sospesi, è possibile celebrare la Cena del Signore? Un interessante articolo di Gary Williams (Evangelicals Now, April 2020, pp. 18-19) risponde con un categorico “no”. Williams è direttore della Pastors’ Academy presso il London Seminary ed è stato uno degli oratori delle Giornate teologiche 2011 su “La Bibbia al centro”. In questo articolo sostiene che la Cena è un segno dell’opera di Cristo che appartiene alla realtà fisica della chiesa riunita e tale deve rimanere.

La Cena “cyber” è praticata da quelle comunità che, connesse tramite piattaforma digitale, sincronizzano l’assunzione del pane e del vino da remoto, ogni membro rimanendo davanti allo schermo da solo e guardando gli altri. Williams sostiene che questa modalità è contro la natura stessa della Cena secondo 1 Corinzi 10-11. Paolo insiste sul fatto che la comunità deve essere riunita per mangiare (11,18; 11,20; 11,33) da un unico pane e bevendo lo stesso vino. La chiesa riunita è distinta da quando è essa sparsa nel mondo, nelle case, nella città. La Cena è per quando la chiesa è insieme, riunita. A casa si mangia la propria cena, riuniti insieme si mangia la Cena del Signore. 

Williams discute l’obiezione di chi sostiene che la Cena possa essere celebrata anche da remoto perché quello che conta è la realtà spirituale della comunione con Cristo e tra noi. Vero è che l’unione con Cristo è una realtà spirituale, ma la Cena istituita dal Signore appartiene alla dimensione fisica. I “segni” della Cena, benché rappresentino una benedizione spirituale, hanno tuttavia senso nella dimensione materiale: ci deve essere la comunità fisicamente riunita, con vero pane e un vero vino. Williams dice che come non si può sostituire il vino con la Coca Cola né il pane con le patatine fritte, non si può cambiare la modalità della chiesa riunita fisicamente insieme con una presenza solamente virtuale.

Mentre la predicazione digitale o da remoto risulta “indebolita” ma non “impossibilitata”, la Cena deve essere celebrata mantenendo gli elementi istituiti (pane e vino) e la chiesa raccolta. La predicazione è basata sulla comunicazione di un messaggio da parte di un messaggero ad una comunità: tutto ciò può avvenire anche da remoto, anche se può scontare una certa impersonalità della comunicazione. La Cena, invece, è un segno che accade nel mondo materiale, fisico. Se non è così, è altra cosa.

Williams conclude il suo articolo dicendo che con la Cena “cyber” viene meno anche la dimensione ecclesiale della stessa. Se ognuno può prendere il pane e il vino da solo davanti allo schermo, gli anziani non sorvegliano più chi partecipa e chi no, eventuali persone in disciplina possono evadere i provvedimenti della chiesa e partecipare alla cena virtuale senza ottemperare alla disciplina della chiesa. Viene meno il senso della chiesa che celebra la Cena come comunità disciplinata e disciplinante. Il rischio è di appiattire tutto sull’altare dell’individualismo. 

Che fare allora? Piuttosto di pasticciare con la Cena del Signore e trasformarla in un bene di consumo qualunque, è bene aspettare quando la chiesa potrà nuovamente riunirsi e, insieme, fare memoria dell’opera di Cristo morto e risorto in attesa delle nozze finali dell’Agnello.


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