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“Una chiesa che vuole incontrare l'uomo”. E la conversione?

Una chiesa che vuole incontrare l’uomo è il titolo di un recente libro (2021) di Francesco Celestino[1], il guardiano dei Santi XII Apostoli a Roma e docente di Teologia pastorale e catechetica presso la Pontifica Facoltà San Bonaventura. Il libro propone una rilettura della vita pastorale della Chiesa cattolica alla luce dell’esortazione apostolica di Papa Francesco, Evangelii gaudium (2013). Una chiesa che vuole incontrare l'uomo è una chiesa che vuole stare con la gente per accompagnarla, consapevoli che l'incontro e il dialogo possono aiutare l'uomo di oggi ad avvicinarsi a Dio. Una chiesa che vuole incontrare l'uomo è, allora, una chiesa in dialogo.

Questa caratteristica della chiesa, però, fa suscitare delle domande molto importanti. Una di esse è proposta da Celestino: "Oggi, una delle questioni più importanti è la relazione della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane" (p. 183). Questa domanda, tuttavia, non nasce dal libro di Celestino. C'è, infatti, un documento del Vaticano II dedicato a questo argomento. Si chiama Nostra Aetate e inizia così: "Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l'interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo dovere di promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino" (NA, 1).

Questa frase di NA contiene un concetto chiave che forma il fondamento della Chiesa cattolica di oggi che vuole incontrare l'uomo e che vuole essere in dialogo. Tale chiesa cerca di identificare e evidenziare ciò che gli uomini hanno in comune e ciò che unisce. Questo vuol dire che ciò che non unisce viene relegato ad un posto di minore importanza e di inferiorità. Riflettendo su Evangelii gaudium Celestino ci dà un esempio molto chiaro di questo modo di pensare. "Una particolare attenzione va riservata all'ebraismo: non possiamo considerarlo una religione estranea, perché crediamo insieme nell'unico Dio unico che agisce nella storia e dona la Sua Parola rivelata. Accogliere i valori dell'ebraismo è una ricchezza per la Chiesa, anche se non accetta alcune convinzioni cristiane ... Una particolare importanza riveste il rapporto con l'isalm, perché con i musulmani si condividono la professione della stessa fede di Abramo, si adora un Dio unico e misericordioso e si crede nel giudizio finale" (p. 192).

La chiesa in dialogo che vuole incontrare l'uomo non è una chiesa che evidenzia le particolarità dell'evangelo di Gesù Cristo, ma è invece una chiesa che sottolinea ciò che ha in comune con le altre religioni, anche se quelle religioni propagano insegnamenti e dottrine che sono contrari a quelli della Bibbia. Questo perché "lo scambio delle diverse credenze è un arricchimento di conoscenze culturali che non poco incide - se autentico - sulla propria esperienza religiosa stessa" (p. 196). "Bisogna, quindi, confrontarsi con le diverse culture dei popoli e cercare di apprezzare i valori religiosi presenti nell'induismo, nel buddismo, nell'islam..." (p. 211). Alla luce di tutto questo, non stupisce il seguente ragionamento di Celestino: "Il dialogo interreligioso 'non ha come scopo la conversione dell'altro, benché sovente la favorisca'" (p. 220).

Si può quindi dedurre che la Chiesa cattolica non ha molto a che fare oggi giorno con l'evangelizzazione e la missione. Se lo scopo del dialogo non è la conversione dell'altro, non bisogna predicare e annunciare l'evangelo di Gesù Cristo. Non bisogna evangelizzare. Sono corrette queste deduzioni? Secondo Celestino la risposta è un decisivo "no”.

È a questo punto, però, che ci imbattiamo nelle contraddizioni di questo modo di pensare e di questo approccio al dialogo ed alla missione. A prescindere dal fatto che la Chiesa deve dare precedenza a ciò che unisce e deve apprezzare e evidenziare ciò che ha in comune con le altre religioni, e a prescindere dal fatto che lo scopo del dialogo non è la conversione dell'altro, leggiamo anche che per "...il cristiano, tuttavia, deve restare irrinunciabile l'annuncio, esplicito o implicito secondo le circostanze, della salvezza in Cristo, unico mediatore fra Dio e gli uomini, al quale tende tutta l'opera della Chiesa, in modo tale che né il dialogo fraterno né lo scambio e la condivisione di valori 'umani' possano sminuire l'impegno ecclesiale di evangelizzazione" (p. 217).

Cosa!? Sono compatibili queste due linee di pensiero? Se Gesù Cristo è l'unico mediatore fra Dio e gli uomini per cui l'uomo può essere salvato, perché allora lo scopo del dialogo non è la conversione dell'altro? Se Gesù è l'unica via di salvezza, perché dobbiamo "cercare di apprezzare i valori religiosi presenti nell'induismo, nel buddismo, nell'islam”, le quali sono tutte religioni che negano l'insegnamento di un Cristo morto e risorto? Affermare le altre religioni e mantenere come irrinunciabile l'annuncio della salvezza in Cristo, l'unico mediatore fra Dio e gli uomini, sono concetti totalmente contraddittori. È o l'uno o l'altro, ma non possono essere entrambi veri.

Il problema non è una mancanza di chiarezza nella Bibbia. La Bibbia è molto chiara. Gesù Cristo stesso disse, "Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Giovanni 14,6). Negli Atti degli apostoli le parole di Gesù vengono affermate: "In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati" (Atti 4,12). Lo scopo del dialogo e dell'annuncio sono sempre chiari. La chiesa dialoga e proclama affinché tutte le estremità della terra si ricordino del Signore e si convertano a lui; e affinché tutte le famiglie delle nazioni adorino in sua presenza (Salmo 22,27).

Il dialogo è decisamente importante. Sicuramente la chiesa deve essere in dialogo. Deve essere una chiesa in uscita che vuole incontrare l'uomo. Il dialogo apre le porte all'annuncio della buona notizia di Gesù Cristo. Ciò detto, il dialogo deve essere accompagnato dai confini ben definiti e dalle chiare definizioni dei termini chiavi del dialogo. Altrimenti il rischio delle contraddizioni è molto alto e la missione della chiesa viene molto sfuocata, al punto in cui non ci sono più distinzioni tra l'evangelo di Gesù Cristo, il quale è l'unica via di salvezza, e il buddismo, l'induismo, l'islam, ecc.

La chiesa deve essere in dialogo, ma l'evangelo di Gesù Cristo deve essere anche difeso dalla chiesa a tutti i costi. Purtroppo, però, la chiesa in dialogo che non ha come scopo la conversione dell'altro, così come presentata da Celestino, non è in grado di difenderlo. Preghiamo che questa possa cambiare e che la chiesa di Roma possa sperimentare una riforma biblica.

[1] F. Celestino, Una Chiesa che vuole incontrare l'uomo: Per una vita pastorale alla luce dell'Evangelii gaudium, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2021.


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