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Venerare le reliquie di Agostino? Molto “romano”, per niente biblico

Quest’anno viene celebrato il XIII centenario della traslazione del corpo di Agostino d’Ippona a Pavia (723 – 2023). Oltre alle iniziative culturali proposte dall’Università pavese sul pensiero agostiniano e lo studio storico-artistico della tomba altomedievale, ciò che lascia maggiormente basiti sono le devozioni religiose che si sono svolte poco più di un mese fa attorno alle reliquie dell’ipponense. Con la celebrazione solenne annessa all’esposizione dell’urna per la venerazione delle ossa di Agostino e la loro reposizione in una cassetta argentea seguita da una messa, la chiesa cattolica ha voluto esaltare un’altra volta i resti di una persona, elevandoli a una sorta di “totem” dal quale ricevere qualche presunto beneficio spirituale.  

Fu Liutprando, re dei Longobardi, a comprare con un’ingente somma di denaro le spoglie del vescovo africano dai Saraceni nel 722 e a traslarle a Pavia, l’allora capitale del regno. È evidente che questa vena antiquaria da parte del re longobardo non fosse esente da preconcetti teologici che lo avevano portato ad agire con così tanta prodigalità. Infatti, già prima di allora, la chiesa di Roma cominciò ad affermare che il corpo di coloro che si erano distinti come “santi” doveva essere venerato, così come i loro effetti personali. Il devoto avrebbe beneficiato dal culto delle reliquie del santo in questione generando in lui l’impulso di imitarne le virtù e implorarne l’aiuto nelle difficoltà.

Nell’undicesimo locus della sua Istituzione, Turrettini, dopo aver approfondito il primo comandamento (Es 20,3-5), dedica un intero capitolo proprio all’adorazione delle reliquie. Egli nega tale pratica mostrando innanzitutto il silenzio della Scrittura: quando i patriarchi morirono non ci fu nessun tipo di venerazione religiosa, così come per il corpo del martire Stefano. Per di più, Dio decise di seppellire e nascondere il corpo di Mosè proprio per evitare che esso diventasse oggetto di idolatria. Nonostante sia una pratica inutile e idolatrica perché rivolta a cose inanimate anziché al Dio vivente, la chiesa romana continua a motivarla distinguendo tra adorazione assoluta e venerazione relativa. La prima sarebbe rivolta esclusivamente nei confronti di Dio, mentre la seconda dovrebbe essere dedicata alle reliquie. Contrariamente, la Scrittura, a partire proprio dal primo comandamento, proclama chiaramente una sola e indistinta adorazione: quella nei confronti dell’unico vero Dio (2 Sa 7,22; Sl 68,4-5; Lc 4,8, At 14,10-14; Ap. 19,10). 

Fu però Costantino a introdurre “ufficialmente” questa prassi. Infatti, come narra Eusebio, dato che lo stesso servizio era offerto ai corpi dei re e dei personaggi pubblici, l’imperatore romano decise “male” di agire ugualmente nei confronti dei corpi e delle reliquie delle donne e uomini che si erano distinti per la loro fede. Così facendo, sperava di attirare, oltre che le simpatie degli stessi cristiani, anche quelle dei pagani. Purtroppo, anziché vagliare questa decisione “politica” attraverso la Scrittura, la chiesa era ormai così intrusa nello stato da non avere gli anticorpi necessari per controbattere all’insensatezza del sovrano.  

Quel piccolo sassolino romano gettato dalla montagna non ha fatto altro che trasportare con sé altri detriti pagani introdotti nel tempo, provocando una frana sincretistica e perciò anti-biblica, evidente tutt’ora. Con la celebrazione della traslazione del corpo di Agostino e la sua venerazione, la chiesa cattolica conferma la sua “romanità” e pertanto il suo tradizionalismo basato su pratiche religiose scevre di qualsiasi fondamento biblico. 

Chissà cosa succederebbe se anziché venerare i resti di un morto, si ascoltassero più attentamente le sue parole biblicamente appurate: “Vedete come i santi abbiano avuto in orrore l'essere adorati quali dèi. Così pure il beato Giovanni Evangelista, scrittore dell'Apocalisse, sopraffatto dallo stupore per le cose mirabili che gli venivano mostrate, ad un tratto, preso da sgomento, cadde ai piedi dell'angelo che andava mostrandogli ogni cosa. Ma l'angelo, al quale non si può paragonare alcun uomo, gli disse: Alzati, che fai? Adora Dio. Perché anch'io sono servo come te e i tuoi fratelli. I martiri hanno aborrito le vostre anfore, i vostri vasi per i sacrifici; i martiri hanno aborrito i vostri eccessi […]. I martiri hanno detestato un simile comportamento e non hanno affetto per quanti fanno di tali cose. Ma se poi si giungesse all'adorazione nei loro confronti, ne resterebbero molto più sdegnati” (Discorso 273.8).


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