Gli animali in Costituzione. Sì però
Sta facendo discutere il disegno di legge costituzionale che prevede l’inserimento degli animali nel testo della Costituzione. Sinora, nella nostra Carta gli animali non “esistono” e questa esclusione o silenzio rappresenta una sensibilità giuridica e culturale che non è più al passo coi tempi. Da decenni, ormai, si parla di diritti degli animali, di animali non umani, di essere senzienti, ecc. Questo cambio di mentalità ha portato alla domanda se sia giusto e utile dare rilevanza culturale e giuridica agli animali in quanto soggetti di diritti.
Nello specifico della proposta in discussione, l’art. 9 della Costituzione sarebbe arricchito da un comma per la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi, nell’interesse delle future generazioni, e farebbe riferimento anche alla protezione della biodiversità e degli animali. L’art. 41 prevedrebbe che l’iniziativa economica non possa arrecare danno alla salute e all’ambiente, stabilendo altresì che l’attività economica pubblica e privata possa essere finalizzata non solo in senso sociale ma anche ambientale. Infine, l’art. 117 includerebbe la tutela degli animali tra le materie di competenza esclusiva statale, oltre a quella della tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Tra l’altro il riconoscimento degli animali come soggetti di diritti è stato già affermato a livello europeo dal Trattato di Lisbona entrato in vigore nel 2009 e, dunque, la loro citazione in Costituzione sarebbe un modo per recepirlo in Italia al più alto livello possibile.
Il pensiero evangelico ha elaborato una sua riflessione sull’etica animale (si veda, ad esempio, il fascicolo “Etica animale”, Studi di teologia – Suppl. 11 [2013]). L’apporto dell’etica evangelica è sicuramente utile per non cadere nella polarizzazione tra un antropocentrismo insensibile ed escludente e un animalismo a suo modo idolatrico. Quando si eleva un dato della creazione ad assoluto (l’uomo o l’animale), si crea un idolo e si deforma la realtà. La creazione di Dio è ricca e varia sotto ogni punto di vista (tra cui quello zoologico); le responsabilità sono differenziate e agli uomini e alle donne è stato dato un compito di amministrazione saggia e generosa del mondo di Dio. C’è da chiedersi se l’inserimento degli animali in Costituzione possa essere un modo per stabilire o ri-stabilire un principio di responsabilità anche nei loro confronti, per ridimensionare i rischi dell’antropocentrismo, evitando al contempo un (ab)-uso strumentale o scriteriato degli animali, cosa di cui spesso la nostra cultura si è macchiata.
Rimane l’interrogativo su quali potranno essere le conseguenze di lungo periodo nell’avere gli animali come soggetti di diritti costituzionalmente garantiti. Forse non domani, ma dopodomani sarà ancora lecita la caccia e la pesca? E l’allevamento per la produzione di carne? E il consumo stesso di carne animale? E la ricerca scientifica che fa uso di cavie? Che dire degli zoo: saranno ancora leciti? Si farà distinzione tra le zanzare tigre e gli animali domestici? Avranno tutti la stessa tutela? E poi: si affermerà il principio di accesso gratuito a livelli minima di assistenza sanitaria per gli animali, con un incrementato carico fiscale da parte dei contribuenti (umani)? Gli effetti a lungo termine dovrebbero essere presi in considerazione nel dibattito in corso.
Un rivolto dell’interrogativo è il seguente: cosa impedisce un trattamento responsabile degli animali a legislazione vigente, cioè senza che siano nominati in Costituzione? Siccome l’inserimento in Costituzione non è solo un ininfluente dato retorico, ma diventa un principio generatore di processi culturali, quindi anche di future legislazioni, qual è il valore aggiunto culturale di inserirli in Costituzione? Siccome la Carta non può trattare di tutto e di tutti, e nemmeno essere un trattato di etica pubblica, ma stabilire principi fondamentali per la convivenza di una comunità politica, c’è davvero una ragione stringente per ampliare la gamma dei soggetti protetti agli animali?
Così, mentre da un lato l’inserimento degli animali in Costituzione può essere considerata un’opportuna mossa per calmierare l’antropocentrismo nella direzione di un’accresciuta responsabilità umana nei loro confronti, gli effetti di lungo periodo possono aprire scenari culturali di segno animalista ed erodere gli spazi per l’amministrazione umana del mandato culturale.