Il Futurismo italiano. Quando il progresso tecnologico diventa un idolo

 
 

“Il regno della Luce è prossimo. La Luce trionferà. Con velocità, nella velocità, dalla velocità sprizzerà la luce. Veloluce! Veloluce!”. A dire questa frase suggestiva è stato sì un predicatore, ma non del Vangelo. È stata sì una persona che credeva in un regno, ma non quello di Dio. È stato sì un fervente sostenitore di una vittoria finale, ma non quella di Gesù Cristo sul peccato e la morte. Si tratta di Tommaso Filippo Marinetti (1876-1944), poeta fondatore del Futurismo italiano, movimento ufficialmente nato nel 1909 quando Marinetti pubblicò Il Manifesto futurista, esponendo le sue caratteristiche portanti. 


Come suggerito dal nome, il Futurismo guardava al progresso con grande speranza e ottimismo, a tal punto da sostenere la totale estirpazione di qualsiasi cosa legata al passato e alla tradizione, tra cui anche la religione. Il movimento aveva trovato la sua ragion d’essere nella sprizzante avanguardia tecnologica di inizio ‘900, subentrata alla lentezza agricola che fino ad allora aveva contraddistinto una monotona Italia. Basta con biblioteche, musei e accademie, simboli di un passato retrogrado e oscurantista; la macchina, la tecnica, l’industria, la velocità, il movimento, sono i capisaldi del futuro che l’uomo deve cavalcare per garantirsi un avvenire prospero e luminoso! 


Il Futurismo attirò molti adepti, intellettuali impegnati nei diversi campi della cultura, tra cui anche pittori, scultori e architetti. A loro, è stata dedicata la mostra Il Tempo del Futurismo, esposta alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma (fino a fine febbraio). 


Gli artisti futuristi, tra cui Boccioni, Balla, Depero, Russolo, Carrà, Severini, rappresentano nelle loro opere il dinamismo e la simultaneità della modernità. Mentre l’Impressionismo fine Ottocentesco imprime sulla tela una scena riconoscibile, senza però definirne i contorni, il Futurismo Novecentesco definisce meglio quest’ultimi, ma rende meno riconoscibile il soggetto illustrato. A dettare le regole sono il movimento e la velocità. La difficoltà nel riconoscere il soggetto è parte integrante di ciò che l’artista vuole trasmettere: ciò che si sta guardando è così veloce e dinamico da essere quasi irriconoscibile. Appena lo si riconoscerà, sarà il tempo di passare ad altro, ancora più veloce, ancora più moderno, ancora meno legato al passato.


In questo vortice dinamico e accelerato, l’uomo è risucchiato dalla forza centrifuga del progresso. Non viene rappresentato chiaramente, ma è dematerializzato e decostruito, annichilito dalla tecnologia e dall’avanguardia. Così scrivevano gli artisti futuristi: “Noi proclamiamo che il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi”. Nel Futurismo non solo l’uomo si inginocchia davanti all’ idolo che ha fabbricato con le sue mani (Isaia 44, 6-48), ma arriva addirittura a scomparire inghiottito dalla sua stessa creatura.  


È difficile non notare somiglianze con l’epoca odierna. Così come agli inizi del Novecento, nel nostro secolo si guarda al presente-futuro dell’Intelligenza artificiale con un ottimismo e una speranza utopici. Con il Post-umanesimo, l’uomo è considerato una “macchina” caduca e limitata in grado di essere perfezionata, quasi resa perfetta fisicamente e cognitivamente con l’utilizzo della tecnologia. Così, l’uomo stanco del passato viene “ripristinato” in favore dell’uomo bionico instancabile del futuro. 


Se da una parte, il progresso tecnologico non è da demonizzare essendo inscritto nel potenziale della creazione e quindi parte del mandato culturale dell’umanità, dall’altra non dovrebbe essere divinizzato, a tal punto da adorarlo e diventare panteisticamente un tutt’uno con esso. Soltanto una visione cristiana ci aiuta a collocare la tecnica al giusto posto. Quest’ultima è parte della vocazione creativa data all’uomo da parte di Dio. Essa non è il fine, ma uno dei tanti mezzi attraverso cui il Signore dell’Universo chiama l’uomo a beneficiare e a godere della creazione. 


Solo coloro che fanno parte del vero regno della luce e riconoscono il trionfo cosmico di Cristo sul peccato, avvenuto sulla croce in un preciso momento della storia tanto vilipesa dal Futurismo, potranno inquadrare la tecnologia nella corretta prospettiva, continuando ad utilizzarla e svilupparla sobriamente a sola gloria di Colui che l’ha donata.