Il Paradiso che avviluppa e irretisce di Michele Masneri. Non c’è proprio via d’uscita?
Sin dalle prima pagine del Paradiso di Michele Masneri (Milano, Adelphi 2024) non ho potuto trattenere l’associazione di idee alla Grande bellezza di Paolo Sorrentino. Il film entrava nei meandri di una Roma dorata e bollita, incantevole e ripugnante, i cui personaggi spezzati eppure socialmente rispettabili erano dei dischi rotti incapaci di andare oltre la prigione delle loro vite spezzate. Il tutto condito da un fiume continuo di droga e sullo sfondo di una città mai uscita dalla sua antichità diventata vetustà. Sorrentino è napoletano e Masneri bresciano: entrambi adottati da Roma al punto da misurarsi con un film (il primo) e un romanzo (il secondo) su Roma.
Chissà se Roma suscita uno sguardo sui suoi abissi esistenziali e contraddizioni culturali proprio in chi romano non è nato, ma lo è diventato. Fare i conti con il luogo-non-luogo della città di Roma sembra essere un’esigenza avvertita da chi si è immerso nelle sue dinamiche irrequiete eppure immodificabili. L’associazione alla Grande bellezza è anche corroborata da una storia del romanzo in cui Federico (uno dei protagonisti) va da Milano a Roma per intervistare il regista Mario Maresca il cui film lo ha da poco fatto diventare una star.
Il Paradiso di Masneri è un luogo sul litorale romano dove vive (o sopravvive) una comitiva di persone apparentemente le più diverse tra loro, in realtà tutte accomunate da intrecci che hanno visto le loro vite incontrarsi, scontrarsi, separarsi, riconnettersi e trovare nelle casette del Paradiso e nel ménage della vita comune la cifra tra il gaudente e il disperato delle loro amarezze, sconfitte, ferite aperte e situazioni irrisolte. Da fuori il Paradiso ha tratti paradisiaci (appunto): il mare, la spiaggia, le tavolate imbandite, il benessere ostentato anche se sempre sull’orlo della bancarotta. A ben vedere, tuttavia, c’è una malinconia profonda che accomuna le case impolverate e le persone dai passati complicati e dai presenti irrisolti. Sullo sfondo c’è il mondo di Roma con le sue liturgie sociali sempre uguali e il suo mondo alla ricerca della “dolce vita” che, a grattare solo un po’, si rivela una patacca. Notevole è lo scavo antropologico di Masneri nell’avvicinarsi ai personaggi, vedendone le voragini interne ma rispettandone il dolore ostentato o represso.
Per le ragioni che il romanzo dipana narrativamente, Federico, il giovane giornalista milanese, si trova catapultato nel Paradiso avvertendo una repulsione iniziale salvo poi subirne il fascino e finire per sentirsene parte. Inizi a leggere il libro pensando di essere fuori dal Paradiso (come Federico), ma lo finisci trovandoti dentro con la domanda aperta: ci vuoi restare anche tu?
Un’altra associazione di idee l’ha provocata il personaggio centrale del romanzo: Barry Volpicelli. Barry è un romano che ha provato a fare fortuna in California e si è affacciato al mondo statunitense rimanendone folgorato per la sua vitalità ed apparente libertà. Non avendo sfondato negli USA, Barry è tornato diventando una sorta di “americano a Roma” alla guida della sua Rolls Royce con targa californiana, facendosi chiamare col nickname americano, dando ad intendere di conoscere un mondo “altro” (quello americano), così diverso dalle lentezze arcaiche e dalle pesantezze stratificate di Roma. In realtà, Barry è un fallito che non ce l’ha fatta in California e che a Roma vive di espedienti, diventando però una sorta di playmaker del Paradiso.
Mi ha fatto venire in mente personaggi reali incontrati nel corso degli anni. Italiani che, per motivi professionali o per ampie facoltà economiche, hanno viaggiato negli USA rimanendo affascinati dalla spiritualità diretta, sprizzante vitalità, organizzata come uno show che hanno visto oltreoceano. Tornati a Roma, hanno cercato di riprodurla senza successo, diventando persone spiritualmente disadattate e ciniche. Non avendo scavato più in profondità capendo la necessità di una “riforma” evangelica di Roma (partendo da loro stessi), hanno cercato di portare l’America sul Tevere, salvo scoprire che Roma non cambia, ma ti cambia. Roma rimane sé stessa e ti modella. Se vuoi riformare il Paradiso, devi stare attento a che non sia il Paradiso a deformare te.
Per chi sogna una stagione di riforma spirituale e culturale di Roma, il romanzo di Masneri lascia l’amaro in bocca, o meglio un gusto agrodolce. Il Paradiso è lì con tutte le sue contraddizioni oltre il limite della vivibilità. Per quanto faccia acqua da tutte le parti, non smantella, ma fa proseliti. La domanda aperta è: c’è una via d’uscita da questo Paradiso, verso un diverso ed evangelico paradiso dove le vite spezzate sono guarite e dove la cultura è rinnovata dalla shalom biblica?