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Inverno demografico, gli italiani si estingueranno?

I numeri (quelli dell’ISTAT) parlano più di tante analisi sociologiche. Nel 2020 c’è stato il minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia, unito al massimo storico di decessi dalla Seconda guerra mondiale.  Nascono sempre meno bambini (-16.000 rispetto al 2019) e, causa covid, sono morte molte più persone (+20% rispetto al 2019). Gli studiosi parlano da tempo di “inverno demografico” che dura da decenni e, con la pandemia, è diventato polare. Ci sarà una primavera demografica? L’Italia corre il rischio di vedere l’estinzione degli italiani? Al Foglio (27 marzo) il presidente dell’ISTAT Gian Carlo Blangiardo ha dichiarato: “o la situazione demografica torna prioritaria nel dibattito pubblico, o rischiamo di spegnere il motore della società”. Se le nascite calano e continuano a calare, si spegne il motore della società. Saltano sistemi occupazionali, sanitari, previdenziali. La piramide demografica si frantuma. Muore una popolazione. Cessa una cultura. 

Il rischio dell’estinzione degli italiani è dietro l’angolo, ma pochi sembrano volerne parlare. Sarebbe bello che anche gli evangelici partecipassero a questo dibattito pubblico. Ne hanno titolo perché, oltre ad essere cittadini italiani, credono nella benedizione della famiglia e incoraggiano i giovani chiamati al matrimonio a sposarsi e ad aprirsi alla genitorialità. Credono nella benedizione della procreazione e dell’educazione dei figli. Credono che la vita eterna inizi qui, con il mandato ricevuto alla creazione di crescere e moltiplicarsi, abitando il mondo in modo responsabile. Infine, credono che la presenza di comunità evangeliche sia una specie di “sale e luce del mondo”, una testimonianza che insaporisce la vita pubblica e tiene acceso un barlume di verità. Per tutte queste ragioni, è auspicabile che il “dibattito pubblico”, così intriso di visioni umaniste o populiste, veda anche la cultura evangelica contribuirvi.

Senza alcuna pretesa di esaustività, ecco un paio di spunti di partenza per iniziare a prepararsi a partecipare al dibattito. 

1. Questioni politico-economiche. Tra le voci umaniste, si inizia sempre dalle questioni politiche ed economiche. Si dice che fare figli costa, costa troppo soprattutto in tempi di crisi come questi. Fare figli è “faticoso” perché non c’è uno Stato “amico” che favorisce le famiglie con politiche per la famiglia. Per questo, si dovrebbe operare con maggiore intenzionalità sul versante fiscale (con detrazioni), con misure incentivanti (assegni di maternità) e politiche a favore della natalità (asili di prossimità, congedi, flessibilità lavorativa). L’Italia è un Paese in cui la Democrazia cristiana nella Prima Repubblica e i vari partiti di centro-sinistra (PD) e centro destra (FI, Lega, FdI) nella Seconda hanno detto di rappresentare il voto cattolico maggioritario, ma hanno costruito un sistema di welfare molto scadente e lacunoso rispetto ai temi della natalità. È ovvio che senza interventi legislativi e fiscali, sorretti da una volontà politica coerente, è difficile immaginare che l’inverno demografico passi da solo. Come evangelici dovremmo impratichirci ad entrare in questi dibattiti in modo competente e propositivo, sostenendo programmi volti a mettere la natalità al centro di scelte politiche, oltre a rendere la vita delle nostre chiese “amichevole” verso la natalità. Ad esempio, prevedendo interventi diaconali per famiglie bisognose con figli, istituendo “banche del tempo” all’interno della chiesa per sostenere genitori che lavorano, prevedendo forme di doposcuola, coinvolgendo sempre le famiglie con bambini nelle attività della chiesa. Mentre sollecitiamo interventi strutturali da parte dello Stato a favore della natalità, dobbiamo organizzare la vita della chiesa in modo che le giovani famiglie si sentano capite, protette e aiutate nella loro genitorialità. 

2. Svolta culturale. Le voci umaniste si fermano in genere alle questioni di ordine politico ed economico, ma non osano andare oltre. Eppure, l’inverno demografico non è solo causato dalla crisi economica o da un welfare deficitario, ma anche da una precisa direzione culturale che l’Occidente ha intrapreso. Non è questa la sede per riprendere il combinato disposto della “liberazione sessuale” degli Anni Sessanta e della liquefazione della vita sociale contemporanea. Sta di fatto che fare figli oggi è spesso sganciato da impegni pattizi precedenti: quelli della relazione matrimoniale col coniuge e quelli che accolgono la vita nascente. In altre parole, se i matrimoni in Italia calano, ci stupiamo che anche la natalità crolli? Inoltre, se in Italia si praticano 76.328 interruzioni volontarie di gravidanza all’anno (Rapporto Ministero della Salute 2018), ci stupiamo di vivere in un inverno demografico? Siamo sicuri che tutto dipenda dalla crisi economica o dall’assenza di politiche per la famiglia, o non dobbiamo fare anche i conti con il risultato di una cultura avversa agli impegni pattizi per il matrimonio e per la vita nascente? Senza idealizzare in modo astratto la famiglia, gli evangelici sanno tuttavia che essa è una istituzione della creazione che regge la società intera. Senza l’impegno di nuclei famigliari a vivere insieme (anche sessualmente) in modo solidale, la natalità è come ostacolata e, alla fine, strozzata. 

Mentre, almeno si spera, il dibattito pubblico verterà sui temi politico-economici, è bene che non dimentichino le scaturigini culturali dell’inverno demografico. Perché la primavera arrivi, ci vogliono interventi politici ed economici, ma ci vuole una riforma culturale che li accompagni. Come evangelici, vogliamo stare al tavolo della discussione pubblica?


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