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La libertà religiosa non prevede sedie pieghevoli

La sedia pieghevole è quella che teniamo dentro lo sgabuzzino o in cantina e che tiriamo fuori quando abbiamo ospiti, in circostanze eccezionali. Dopo aver accolto i visitatori, ci aspettiamo che vadano via per riporre le sedie pieghevoli al loro posto: lontano dalla vista per non occupare troppo spazio e chiuse da qualche parte per non essere viste, in attesa di riusarle in futuro se proprio necessario. Mentre le sedie normali sono per noi e sono comode, quelle pieghevoli sono sedute precarie e traballanti, per ospiti.

L’immagine della sedia pieghevole è usata dal politologo Olivier Roy nel suo libro L’Europa è ancora cristiana?, Milano, Feltrinelli 2019, a proposito del modo in cui le chiese cristiane in Europa pensano ai diritti dell’Islam nel continente. In sostanza, mentre nessuno li nega apertamente (tranne qualche caso eccezionale), molti li affermano con precisazioni limitative, introducendo vincoli e clausole che di fatto li restringono. È come se, invece di usare una sedia normale da aggiungere al tavolo, prendessimo una sedia pieghevole per gli ospiti. Questa permette all’ospite di sedersi, ma anche gli dà un senso di precarietà, di temporalità, di transitorietà. Prima o poi, ci si aspetta che gli ospiti sulla sedia pieghevole se ne vadano da casa.

Fuor di metafora, è come se dicessimo: va bene la libertà religiosa per tutti, musulmani inclusi, purché i musulmani non aprano moschee, non si organizzino in modo istituzionale e, in Italia, non facciano l’Intesa con lo Stato prevista dalla Costituzione (art. 8). Va bene la libertà religiosa ai musulmani come concessione e come tolleranza (sedia pieghevole), ma non come i cristiani e gli altri che ce l’hanno appieno (sedia di casa). 

Talvolta, ascoltando o leggendo certe prese di posizione di evangelici sui temi del pluralismo religioso, ho l’impressione che la libertà religiosa sia pensata come qualcosa di selettivo e concessivo: una sorta di sedia pieghevole da aprire in circostanze limitate per poi essere rimessa nello sgabuzzino. Questo vale soprattutto per l’Islam che è una presenza ansiogena per molti evangelici. Mentre siamo tutti convinti che la libertà religiosa debba essere riconosciuta ai cristiani nel mondo, in ogni parte del mondo (compresi i Paesi a maggioranza islamica), quando parliamo di Islam è come se ci comportassimo come quelle autorità religiose o politiche che, in nome dell’Islam, limitano o negano la libertà religiosa ai cristiani nei loro Paesi con argomenti del tipo: “i cristiani sono tollerati, ma non devono professare la fede pubblicamente, non devono aprire locali pubblici, non devono istituire scuole, non possono ricevere finanziamenti dall’estero, ecc.”. In molti Paesi a maggioranza islamica non c’è neanche la sedia pieghevole per le minoranze cristiane. Molto spesso gli evangelici la pensano esattamente allo stesso modo, in modo speculare e a posizioni invertite.

Toccando anche questo punto, il documento dell’Alleanza Evangelica Italiana “Evangelo e Islam: Affermazioni e negazioni sulle esigenze della testimonianza cristiana” (2011) dice con forza: 

VII. Affermiamo che la missione cristiana si fa carico di promuovere e di esigere il rispetto dei diritti umani fondamentali, in particolare quello relativo alla libertà religiosa (Patto di Losanna [1974] par. 13). Dobbiamo esigere che i musulmani abbiano piena libertà religiosa nei Paesi occidentali e dobbiamo altresì preoccuparci che i cristiani abbiano piena libertà religiosa nei Paesi di cultura islamica.

Respingiamo l’idea che nelle società laiche occidentali i musulmani debbano avere diritti minori rispetto ad altre comunità di fede, in ragione della loro diversità. Siamo altresì scandalizzati dal fatto che le minoranze cristiane siano spesso oggetto di gravi discriminazioni, se non proprio di violente persecuzioni, nei Paesi di cultura islamica.

La libertà religiosa non prevede sedie pieghevoli, per nessuno. L’Islam, così come tutte le altre religioni, deve essere affrontato con gli strumenti spirituali dell’evangelizzazione, della preghiera e del discepolato crisiano, non restringendo diritti che devono valere per tutti. Proprio questa settimana in cui l’Alleanza Evangelica Italiana chiama tutti gli evangelici ad unirsi all’IDOP (Giornata di preghiera per la chiesa perseguitata), proprio perché preghiamo per la chiesa che soffre a causa della negazione della libertà (spesso in Paesi di cultura islamica), sottoponiamo a stress-test la nostra concezione della libertà religiosa per gli altri. Se essa prevede sedie pieghevoli, è ancora di qualità scadente. 


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