La Metamorfosi di Escher torna sempre al punto di partenza

 
 

Le Metamorfosi sono tra le opere (giustamente) più conosciute di Maurits Cornelis Escher (1898-1972), grande incisore e litografo olandese del XX secolo. La Metamorfosi II (1939-1940) è esposta alla mostra romana su Escher a Palazzo Bonaparte (fino al 1 aprile 2024), una tra le tante opere da ammirare. Escher aveva realizzato Metamorfosi I (1937) e avrebbe realizzato Metamorfosi III (lunga quasi 7 metri) nel 1967-1968 per decorare l’ufficio postale dell’Aia. Quest’ultima è riprodotta su un dipinto di 48 metri (!) che si può vedere all’aeroporto Schipol di Amsterdam.

Dunque, il tema della metamorfosi è caro a Escher. In esso l’artista traspone il suo amore per la trasformazione degli oggetti, delle cose e degli esseri viventi in una catena in continuo movimento che si evolve e trasmuta, salvo poi tornare alla forma di partenza. La Metamorfosi II (lunga quasi 4 metri) inizia con la parola “metamorphose” diventa una scacchiera bianco-nera che si modifica in rettili, rane, esagoni, api, libellule, in pesci, in uccelli, in cubi, in case, in un villaggio (che riproduce Atrani, sulla costa amalfitana, tanto amata da Escher), ancora in una scacchiera questa volta con gli scacchi sopra, poi di nuovo in una semplice scacchiera bianco-nera, per terminare con la parola “metamorphose” con cui l’opera era iniziata. La traiettoria va dalla nuda parola alla parola nuda. L’inizio è uguale alla fine e la fine è come l’inizio. Nel mezzo ci sono trasformazioni continue di figure e passaggi di specie diverse, ma la direzione del tutto sfocia nella riproposizione dello stadio di partenza.

La traiettoria che parte e torna al punto d’inizio è anche osservabile nella Metamorfosi III. Tutto il ciclo della vita non approda stabilmente ad un assetto avanzato e diverso rispetto all’origine. Mentre tutto cambia nel processo, esso torna a quello che è stato. Per chi ha reminiscenze bibliche, in Escher sembra vedere illustrata la celebre e grave frase del Signore ad Adamo dopo il peccato: “Sei polvere e in polvere tornerai” (Genesi 3,19). La vita umana parte con la polvere e torna ad essere polvere. In mezzo ci sono vicende, storie, fatti, incontri, relazioni, … ma alla fine tutto finisce come era iniziata. In aggiunta si può pensare al tema della “vanità” tanto caro ai sapienti d’Israele: “Ciò che è, è già stato prima e ciò che sarà, è già stato”; “tutti vengono dalla polvere e tutti ritornano alla polvere” (Ecclesiaste 3,15 e 20).

Mentre realizzava le sue metamorfosi, Escher aveva in mente la Genesi e l’Ecclesiaste? Possibile. Certo è che l’artista olandese ha realizzato una serie di xilografie (anch’esse presenti nella mostra romana) sui giorni della creazione così come sono descritti nel primo libro della Bibbia. Sembra allora che Escher si sia interessato al tema biblico della creazione e a quello delle conseguenze del peccato, senza per questo riconoscere apertamente la provvidenza di Dio e la sua signoria sulla storia. Le sue Metamorfosi sono un’interpretazione di come la vita inizia, si evolve in parabole piene di cambiamenti, ma finisce così com’è iniziata.

Evidentemente, mentre vi sono tracce e suggestioni che rimandano alla Genesi, manca in lui il tema biblico della redenzione. Non ci sono prospettive di salvezza. La sua escatologia è la polvere, da cui tutto è cominciato, non i nuovi cieli e la nuova terra. Al centro ci sono le forze della natura che, mediante meccanismi evolutivi, cambiano di forma e di specie, senza un fine evidente se non quello del ritorno al punto originario.

Il tema delle metamorfosi è un classico della letteratura, da Ovidio ad Apuleio, sino ad arrivare a Kafka. Anche l’apostolo Paolo usa il termine in Romani 12,2: “non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati (metamorfoushte) mediante il rinnovamento della vostra mente”. Questo per dire che la Bibbia ha una teologia della metamorfosi. Dio ha creato la forma della vita, il peccato l’ha sfigurata, ma la buona notizia è che Cristo l’ha redenta. Chi crede in Lui vive una “metamorfosi” verso la nuova vita, affrontando tutte le trasformazioni della vita in un’ottica di avvicinamento all’immagine di Cristo. La nostra esistenza non è condannata a tornare in polvere e basta: a noi è donata la speranza della resurrezione e della gloria che il corpo risorto di Gesù Cristo ha anticipato. E mentre il nostro corpo si disfa per tornare in polvere, il nostro essere interiore si rinnova di giorno in giorno affinché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita (2 Corinzi 4,16-5,4). La metamorfosi cristiana è diventare sempre più simili a Cristo, sino a quando lo vedremo faccia a faccia.