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Mostruosa maternità. Riusciamo a gestire gli abissi dell’essere madre?

La maternità è il tema alla base della società. Se non si è madri, si è sicuramente figli e dal tipo di madre che si è avuta dipenderà una buona parte della vita di ognuno. Eppure, non se ne parla mai abbastanza e secondo Romana Petri, soprattutto in letteratura, ci sono dei vuoti. Con il suo ultimo libro Mostruosa maternità, Roma, Giulio Perrone Editore 2022, presentato il 3 ottobre presso il Parco di Roma Golf, la scrittrice romana ha voluto esplorare con una serie di 12 racconti il tema della maternità secondo una lente diversa dal solito.

Intrecciando casi di cronaca alla fantasia, con un linguaggio letterario, ha raccontato di maternità irrisolte, frustrate, problematiche che sono addirittura sfociate nell'uccisione dei figli. Di questo tema, oltre che nelle cronache e in psichiatria, non si ha piacere di occuparsene. Secondo la Petri la letteratura, la pubblicità, il discorso pubblico, si concentrano sempre su maternità risolte e appagate in cui la donna si compiace pienamente del ruolo che assume.

Certo, i casi in cui le madri arrivano a compiere gesti estremi contro i figli non sono molti, eppure potrebbero essere la punta di un iceberg: quello che si vede e che arriva alle ribalte della cronaca di un mondo sotterraneo e poco esplorato molto più diffuso di quanto si crede.

La presentazione del libro è stata l’occasione, infatti, per parlare di un "male oscuro" che alberga in ognuno e che spesso la maternità invece di lenire, esaspera. Il corpo che si trasforma, il sacrificio di tempo e risorse, l'annullamento della personalità che agli occhi della società diventa completamente aderente al ruolo di madre, la mancanza di mezzi e di supporto, alcune volte possono portare "il lato oscuro" a prendere il sopravvento, ma molte altre volte resta un malcontento serpeggiante che alberga in molte donne. 

La presentazione del libro però non è stata l’occasione né per parlare dell’origine di questo “lato oscuro” che la Bibbia più propriamente chiama peccato, né per dare speranze o soluzioni. Il messaggio generale era di non essere giudicanti verso figure fragili e rotte e di sperare di poter resistere se ci si dovesse trovare ad affrontare maternità difficili o percepite come tali. Il tema è vasto e chiama in causa tante problematiche che vanno dai disagi mentali alle mancanze delle istituzioni verso alcune fasce deboli, fino alle implicazioni della giustizia. La domanda è: può la chiesa (evangelica) avere una voce in capitolo nell’affrontare questa complessità? 

La maternità svilita e relegata a una dimensione privata e considerata scelta di second’ordine per diventare donne di successo non rientra nella comprensione biblica della stessa. La chiesa ha il compito di supportare, incoraggiare, sostenere la maternità e la genitorialità nel suo complesso avendone una comprensione biblica cosciente del fatto che la caduta e l’entrata del peccato nel mondo ha realmente distorto anche la maternità fino a rendere possibili relazioni insane, abusanti e omicide anche tra madri e figli. 

Questa visione realista della genitorialità però deve essere accompagnata dall’annuncio del messaggio di grazia del Vangelo. In Cristo, che fa nuove tutte le cose. La maternità non è un ruolo di second’ordine e può e deve essere vissuta allo scopo di glorificare Dio avendo il carattere di Cristo come modello e lo Spirito Santo come guida. 

Maternità mostruosa descrive gli abissi in cui la maternità toccata dal peccato può scivolare, ma non offre chiavi di lettura per capire perché succede e come poter uscire dalla spirale di maternità malate. Solo il vangelo è in grado di farlo. La domanda è se la chiesa è anche un luogo in cui le nostre maternità “non ideali” e scompensate possono essere condivise senza essere oggetto di giudizi moralistici e spiritualistici: possiamo chiedere preghiere nell’affrontare i saliscendi della maternità? Possiamo trovare persone che ascoltano e provano ad aiutare? Possiamo trovare nella predicazione anche un aiuto per tendere verso maternità guarite?

Nel discorso pubblico la chiesa dovrebbe far sentire la propria voce per dare voce e testimonianza a famiglie in cui la maternità non solo non ha un ruolo secondario e non sminuisce la donna che la affronta, ma esalta il piano di Dio previsto alla creazione e rilanciato da Cristo. Certo, con realismo e senza super-eroismi perché anche le mamme cristiane sono mamme in cammino. 


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