Orientamenti sulla situazione medio orientale
In quanto evangelici siamo profondamente attenti e sensibili alla situazione della popolazione mediorientale, alle sofferenze passate e attuali e alle sue ripercussioni. In quanto popolo di Dio della nuova alleanza, abbiamo un debito di riconoscenza nei confronti del popolo d’Israele in quanto attraverso di esso ci sono giunti “gli oracoli di Dio” (loghia tou theou, Rm 3,1-2) e il Signore Gesù stesso. D’altra parte, l’insegnamento biblico di amare il prossimo (Mc 12,29-31) e di vivere in pace con tutti (Rm 12,17-18) vale per le nostre relazioni con tutti i popoli, compreso quello arabo.
Anche se non esiste un obbligo per prendere posizione su ogni evento pubblico e avere opinioni su tutto (Sal 131,1), ci sembra opportuno sintetizzare qui alcuni elementi della nostra riflessione nei confronti della questione medio orientale come espressione del nostro impegno a pensare e vivere biblicamente ogni ambito della realtà.
Riconosciamo che l’unità del popolo di Dio proviene dall’opera di Gesù Cristo attraverso il quale Dio ha manifestato in modo pieno e definitivo il suo amore per l’umanità. Alla croce e per sempre ogni inimicizia è stata abolita. “Lui, infatti, è la nostra pace; lui, che dei due popoli ne ha fatto uno solo e ha abbattuto il muro di separazione” (Ef 2,14-18). Siamo quindi impegnati a vivere tale unità anche in presenza dei conflitti esistenti.
Sosteniamo che le narrazioni esistenti esigono una lettura rigorosa della Scrittura e un ascolto reciproco tali da condurre a una comune comprensione del disegno di Dio. Siccome “vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza… V'è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti” (Ef 4,4-6). I dati biblici incoraggiano quindi una lettura convergente e non divergente del disegno di Dio.
Affermiamo che il diritto al possesso di un territorio da parte degli ebrei e degli arabi rimandi alla risoluzione dell’Assemblea dell’ONU (29/11/1947, Risol. 181). Malgrado le sue premesse e ambiguità, tale diritto rimanda molto più addietro nel tempo. Per Israele si può evocare un testo come Genesi 15,18, mentre i palestinesi potevano vantare il possesso del territorio molto prima del protettorato britannico e degli ottomani.
Rigettiamo le iniziative di sostegno acritico delle politiche dello stato d’Israele nei confronti dei palestinesi non solo per motivi di carattere etico, ma anche per le errate motivazioni dottrinali che hanno indotto a confondere le promesse bibliche nei confronti del resto/residuo con lo stato d’Israele tout court.
Riconosciamo che siccome la Scrittura afferma che “non tutti i discendenti d'Israele sono Israele” (Rm 9,6), è necessario imparare a fare delle distinzioni per quanto riguarda lo stato d’Israele. Il termine stesso “Israele” è infatti distinto da quello di “resto” (Rm 11,5). Di qui la necessità di non confondere l’Israele etnico con l’Israele sionista, l’Israele politico, l’Israele culturale e quello spirituale.
Confessiamo che il tema del “resto o residuo” suggerisce una nuova comunità e che le promesse di Dio sono associate a questa nuova entità. Il tema del “resto” si staglia nello sfondo di figure come Sara e Agar (Dt 29,19-20; 30, 6; Ger 9,25; Rm 9,6) e permette di comprendere un tema come quello della “circoncisione del cuore” (Dt 10,16; Ger 4,4; Rm 2,29).
Riconosciamo che la violenza e la guerra sono sempre manifestazioni di un mondo segnato dalla depravazione dovuta al peccato (Giac 4,1-2). Così, anche se si può trovare una qualche legittimità per la guerra contro l’aggressione (Confessione di fede battista 1689, 24,1.2), sappiamo che la guerra, pur rimanendo una tragica conseguenza della realtà del peccato, non esonera dal rispetto delle norme umanitarie.
Combattiamo l’antisemitismo in tutte le sue forme e sosteniamo il diritto dello stato d’Israele ad esistere. Ciò non significa che, sulla base dei punti teologici sopra evocati, non si possa essere critici nei confronti della politica dello stato d’Israele qualora essa vìoli i principi biblici o gli accordi internazionali.
Deploriamo il terrorismo e lo stragismo da parte di gruppi palestinesi che soffiano sull’odio e il rancore tra le parti, generandone ancora di più. Siamo costernati di fronte al coinvolgimento di civili che diventano vittime o ostaggi e all’alto prezzo di sangue pagato soprattutto da giovani e bambini.
Mentre sappiamo che la pace può venire solo dall’intervento di Dio, invochiamo la pace essendo persuasi che al momento attuale sia possibile avviarsi verso il riconoscimento di due stati, Israele e Palestina, a condizione che chi ne faccia parte non abbia come ideale la distruzione dell’altro.
La Compagnia degli Anziani delle Chiese Evangeliche Riformate Battiste in Italia
30 novembre 2023
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Bibliografia
Aa.Vv., “Israele?” Studi di teologia (2009); “Dichiarazione di Willowbank. Sui rapporti col popolo ebraico” (1989), Dichiarazioni evangeliche I. Il movimento evangelicale 1966-1996, a cura di Pietro Bolognesi, Bologna, EDB 1997 (DE I) §§ 417-445; “L’evangelo e il popolo ebraico. Una dichiarazione evangelica” (2008), Dichiarazioni evangeliche II. Il movimento evangelicale 1997-2017, a cura di Pietro Bolognesi, Bologna, EDB 2017, (DE II) §§164-165; “Dichiarazione di Berlino. Unicità di Cristo ed evangelizzazione degli ebrei nell’Europa di oggi” (2008), DE II, §§ 166-170; “Dichiarazione di Larnaca. Per la riconciliazione in Israele e Palestina” (2016), DE II, §§ 549-561.