Roma e “la rivoluzione della prossimità”. Metamorfosi senza conversione?

 
 

“Tutti”. Era il fuoco del programma presentato dal candidato Sindaco Gualtieri per la città di Roma alle elezioni comunali del 2021. La visione era quella della città della prossimità e dell’inclusione in ogni area e settore. Fulcro di questa visione e sulla stregua di altre esperienze internazionali, era il progetto della “Città dei 15 minuti”, come modello e movimento per rendere Roma più vicina, più sostenibile, più inclusiva e più umana. 

A 30 mesi di mandato una conferenza dal titolo “Roma a portata di mano: la città dei 15 minuti” ha fatto il punto su questa lungimirante progettualità. Una vera e propria rivoluzione: la “rivoluzione della prossimità”, per l’appunto, come l’ha definita lo stesso Sindaco.

Promossa dall’Assessorato alle Politiche del personale, al Decentramento, Partecipazione e Servizi al Territorio per la Città dei 15 minuti in collaborazione e presso il nuovo Rettorato dell’Università degli Studi Roma Tre, la conferenza è già alla sua terza edizione e ha visto intervenire oltre ai rappresentanti dell’accademia, il Sindaco Gualtieri, l’Assessore Catarci e dalla Francia il colombiano Carlos Moreno (Direttore Scientifico ETI Chair e Professore alla Sorbone di Parigi) il vero e proprio teorico del modello dei “15 minuti”. Per l’occasione è stato presentato l’e-book gratuito che raccoglie le esperienze internazionali più significative, il modello romano e le iniziative già introdotte su Roma, alcune delle quali illustrate anche in una tavola rotonda da alcuni presidenti di Municipio in dialogo con le esperienze di Napoli e Milano.

Per ogni romano immerso nella quotidianità della vita cittadina, la città a portata di mano può sembrare solo uno slogan. Si tratta in realtà di un movimento urbano che raccoglie attorno ad un modello urbanistico (scienza, inclusività e collaborazione) i sindaci di città di tutto il mondo, nella rete globale C40 che lavora con l’obiettivo di combattere la crisi climatica a partire dai centri urbani. Certamente un progetto politico di lungo raggio che presenta alcuni elementi positivi che vanno evidenziati.

Prima di tutto c’è l’esigenza di ripensare la città. “In quale città vorresti vivere?” è stata la domanda posta da Moreno. Nel contesto di una sempre più temuta crisi climatica e si rigetta il modello fordiano post-industriale e le visioni architettoniche di Le Corbusier, in cui l’automobile era il paradigma, per proporre un modello nel quale la scelta del cittadino e il suo benessere sono posti al centro: i servizi, il commercio, il lavoro, la cultura, gli spazi verdi, raggiungibili nel tempo necessario ad esercitare la scelta tra l’uno e l’altro. C’è l’esigenza di “inventare” un nuovo modello di città dove si viva una felice prossimità e dove le ingiustizie e le disuguaglianze di ogni tipo siano superate. Come evangelici che abitano le città, quale visione di città coltiviamo? C’è un modello biblico che ci ispira, nella preghiera e nell’azione, senza che vada “inventato” da zero?

Altro elemento interessante è il richiamo al decentramento, lasciando maggior spazio progettuale e operativo alle municipalità che conoscono e vivono il territorio. Inoltre, si riconoscono le potenzialità insite nelle comunità intermedie come volano per lo sviluppo di comunità urbane partecipate e attive. Da una città monocentrica si passa ad una città policentrica nella quale i veri soggetti protagonisti della trasformazione sono, insieme alle amministrazioni locali, le realtà culturali, le comunità religiose e le realtà associative dei territori. Come interagiamo con opportunità simili a queste? Come famiglie, chiese, associazioni, professionisti evangelici cogliamo le opportunità per interagire con i nostri territori, offrire la nostra visione, e il nostro servizio per il bene della città che viviamo? Preghiamo e lavoriamo affinché nella Roma della prossimità ci sia anche una chiesa evangelica ogni 15 minuti, accessibile, coinvolta e al servizio della comunità piuttosto che di sé stessa?

Nella grazia comune è evidente un desiderio di trasformazione nel cuore di Roma, come di molte altre città, ma che resta una “metamorfosi non un rovesciamento” usando le parole della moderatrice ad introduzione della conferenza. Roma vuole cambiare ma senza essere stravolta. Senza l’Evangelo di Cristo nessuna trasformazione per quanto innovativa e partecipata potrà mai essere completa né soddisfacente, in quanto manca di quel rovesciamento che nasce dalla conversione. La “rivoluzione della prossimità” non può avvenire per mezzo della sola rigenerazione urbana o per il coinvolgimento democratico delle comunità, per quanto di grande valore. È necessario passare primariamente per una rigenerazione del cuore in Cristo. 

Gesù si è fatto davvero prossimo colmando distanze incolmabili umanamente, per raggiungere le periferie del nostro cuore, salvarci, liberarci e trasformarci radicalmente e per formarsi una comunità che sia prossima a chi ancora non lo conosce. La vera trasformazione delle città, perciò, passa anche attraverso chiese vicine e pronte a condividere ciò che hanno di più prezioso con i propri concittadini. Sarà pronta Roma a fare spazio ad altre comunità religiose in ogni quartiere?