Single o sposate, l’importante è essere in Cristo

 
 

Dopo San Valentino arriva San Faustino, protettore dei single. Il declino dei matrimoni, infatti, è un fenomeno ormai globale delle società contemporanee ad ogni latitudine, non solo in Occidente, sostituito però da una serie complessa di nuovi “arrangiamenti” relazionali e con un numero di single sempre più in crescita. Non si tratta solo di un dato sociologico e demografico, ma di una realtà culturale e spirituale che deve essere interrogata a partire da una adeguata teologia biblica per un sano discepolato evangelico.

Come risponde la chiesa? Ci prova Barry Danylak in “A Biblical Theology of Singleness in an Increasingly Single World”, Evangelical Review of Theology, Vol. 48  (2024/1) pp. 40-52. In questo saggio pubblicato dalla rivista teologia dell’Alleanza Evangelica Mondiale, Danylak analizza esegeticamente il discorso dell’apostolo Paolo su matrimonio e celibato in 1 Corinzi 7 nel contesto più ampio della rivelazione biblica, giungendo alla conclusione che l’essere single non è un problema da risolvere perché in Gesù Cristo il “Salvatore single” il credente è completo nella sua identità e riceve ogni benedizione racchiusa nel nuovo patto, compresa una famiglia, una discendenza e una comunità in cui servire, amare, progettare insieme.

Il rischio per la nostra cultura è di contrapporre sposati e non sposati, in una gara di maggiore o minore santità cristiana. Se da un lato le culture tradizionali hanno idolatrato il matrimonio e la famiglia come fonte di identità, successo e felicità, lo stesso hanno fatto le culture progressiste esasperando i diritti dell’individuo a scapito della comunità. Entrambe le culture esaltano un aspetto fondamentale della buona creazione di Dio, ma lo assolutizzano facendole un idolo. 

Questa altalena di idolatria fa perdere di vista il baricentro della questione: Cristo e lo scopo della vita umana. La speranza del credente non sta nel trovare un compagno per la vita, né tantomeno nella ricerca della propria autorealizzazione personale. Se comunichiamo una visione sobria ed equilibrata del matrimonio secondo la Parola di Dio avremo come conseguenza, sia più giovani pronti a considerare la possibilità di sposarsi come qualcosa di desiderabile, sia più persone che non considereranno l’essere single come uno stato di inferiorità o incompletezza, ma come una condizione altrettanto desiderabile. Come affermano Timothy e Kathy Keller nel loro libro Il matrimonio (Torino, Casa della Bibbia 2017, p.186) non saremo “né troppo eccitati di fronte alla prospettiva del matrimonio, né troppo delusi dall’esserne esclusi, poiché Cristo è l’unico sposo che ci può accogliere veramente nel suo abbraccio e che ci soddisferà”. Al declino del matrimonio e alla crescita del numero di single dobbiamo rispondere con un discepolato biblico. Le famiglie e le chiese devono essere luoghi in cui si apprende ad essere “persone” in Cristo: questa è la sola relazione che completa l’essere umano e nessun’altra. 

D’altro canto, c’è un altro aspetto della questione che necessita attenzione ed è il risvolto relazionale del matrimonio e del celibato. In entrambi i casi, infatti, il credente è chiamato a rinunciare a sé stesso. Che sia sposato o no, il cristiano è colui/colei che si pone al servizio degli altri non di sé stesso. Desiderare il matrimonio è una cosa buona, ma si può desiderare per le motivazioni sbagliate: “Non voglio stare da sola tutta la vita”; “Voglio avere dei figli miei”; “Voglio qualcuno che mi faccia stare bene”. Allo stesso modo per il celibato: “Non voglio impedimenti ai miei sogni”; “Ho le mie abitudini e non voglio cambiarle”; “Non voglio avere figli”. 

Il peccato ci spinge a desiderare matrimonio o celibato per il nostro appagamento piuttosto che per servire gli interessi degli altri, del coniuge, degli amici, dei fratelli e delle nostre comunità allargate. Questo atteggiamento ci fa perdere di vista che qualunque sia la nostra condizione terrena, il cristiano vive la relazione più intima possibile, quella con Cristo, nella quale lo Sposo non ha cercato in alcun modo il suo interesse, ma quello della sua Sposa, dando la sua vita per lei. Inoltre, dimentichiamo che questo matrimonio inserisce in una famiglia, quella di Dio, nella quale abbiamo fratelli e sorelle con i quali costruire profonde amicizie, instaurare relazioni in spirito di servizio, sognare progetti comuni per il regno di Dio, oltre a figli e figlie spirituali da “generare in Cristo Gesù mediante l’evangelo” (1Cor 4,15; Fil 1,10; 1 Tim 5,2; Tito 1,4) e da discepolare secondo l’Evangelo.

Non è San Valentino, né San Faustino la speranza. Sposati e celibi, insieme abbiamo un solo vero Sposo da desiderare e una famiglia spirituale da servire.