Transizione ecologica? Se ne parla alle Giornate teologiche

 
 

Quella ambientale è una delle sfide pressanti della nostra generazione.[1] Stando ai dati dell’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), infatti, l’aumento combinato della temperatura media globale, dei livelli dei mari e della quantità di gas a effetto serra è un fenomeno osservabile in modo chiaro a partire dalla fine del 18° secolo[2]. Non abbiamo affrontato la stessa sfida, negli stessi termini o nella stessa portata, anche se nella storia della chiesa ci sono state sensibilità non trascurabili[3]. Quello che c’è di nuovo è che la situazione di degrado e sfruttamento ambientale ha raggiunto livelli inimmaginati fino a pochi decenni fa. In secondo luogo, è innegabile che l’attenzione mediatica sui temi ambientali è ormai ai massimi livelli (nei nostri notiziari sono sempre più frequenti notizie riguardanti disastri ambientali, la siccità, lo scioglimento dei ghiacciai, l’inquinamento, lo sviluppo di nuove tecnologie “green” ecc.), le manifestazioni sui temi ambientali sono sempre più frequenti (dai Fridays For Future di Greta Thunberg[4], ai recenti reiterati incatenamenti degli attivisti ambientali sul Grande Raccordo Anulare[5], a documentari sul tema che coinvolgono anche personalità illustri dello spettacolo[6]). A livello legislativo, i governi a partire dagli anni ’90si sono dati degli impegni più o meno vincolanti rispetto ai temi ambientali[7], e il governo italiano, in linea con i paesi europei, ha varato, solo nell’ultimo anno, iniziative legislative e finanziarie per affrontare il tema (rinominando il Ministero dell’Ambiente in Ministero della Transizione Ecologica e stanziando, nell’ambito del PNRR,circa 70 miliardi di euro per la “Rivoluzione Verde e Transizione ecologica”[8]). A livello quotidiano, le aziende pubblicizzano sempre più spesso i propri prodotti o servizi come “green”.

A questo sfondo culturale ormai consolidato, la “transizione ecologica” introduce l’istanza del cambiamento, della trasformazione, del passaggio da un assetto della realtà ad un altro. Non si tratta più solo di avere “cura” del creato o di praticare economie “sostenibili”, ma di “transitare”, cambiare, operare uno scatto verso qualcosa di nuovo. Dall’analisi e dall’interpretazione della realtà, la spinta è verso il cambiamento del sistema economico e sociale. Insomma, la transizione ecologica è la spinta verso la modifica di paradigma, non la proposta di un aggiustamento del sistema esistente. L’ambiente non è più visto come un dossier tra gli altri, ma come il dossier sul quale gli altri sono agganciati. Non è più il caso che l’economia debba essere compatibile con l’ambiente, ma che l’ambiente sia la matrice del sistema economico.

Soltanto una visione del mondo che sia coerente con il racconto biblico di creazione, caduta, redenzione e consumazione rende ragione da un lato della bontà del creato, dall’altro del motivo vero profondo della crisi, e dall’altro ancora il rimedio definitivo e completo a cui (anche) il creato tenderà. Ogni “transizione” porta con sé l’istanza del cambiamento. La cultura evangelica, che è anche figlia dell’apertura alla “conversione”, dovrebbe essere attrezzata ad affrontare la spinta a ripensare in termini strutturali ogni aspetto della vita. Sicuramente, c’è il rischio di elevare l’ecologia ad assoluto, ad “idolo” culturale. Anche in questo caso, la cultura evangelica dovrebbe essere portatrice di un’istanza anti-idolatrica che mette in prospettiva ogni elemento della vita creata senza permettere scompensi strutturali. 

Dunque, la transizione da dove viene e dove va? Da cosa è motivata e cosa cerca di ottenere? In questo dibattito, il pensiero evangelico può dire qualcosa che non sia ripetere gli slogan ecologisti o economicisti che vanno per la maggiore? Può il motivo biblico creazione-caduta/rottura-redenzione in Cristo Gesù illuminare il dibattito che altrimenti è condotto da altre narrazioni ideologiche? Di questo e di altro si parlerà alle prossime Giornate teologiche che si terranno all’IFED di Padova (9-10 settembre).

N.B. Questo articolo riprende l’introduzione a “Transizione ecologica”, Studi di teologia - Suppl. N. 20 (2022).

[1] Si veda Aa.Vv., “Etica dell’ambiente”, Studi di teologia – Suppl. N. 16 (2018).

[2]Cfr. https://www.ipcc.ch/site/assets/uploads/2018/02/SYR_AR5_FINAL_full.pdf, pp. 2-4.

[3] Ad esempio, oltre al ben noto impegno di William Wilberforce sull’abolizione della tratta degli schiavi, va ricordato l’impegno che il suo gruppo ebbe nel garantire condizioni più dignitose per gli animali che venivano utilizzati per soddisfare il fabbisogno alimentare umano.

[4]https://fridaysforfuture.org/ (ultimo accesso 9/7/2022).

[5]https://roma.repubblica.it/cronaca/2022/06/27/news/clima_attivisti_fermati_sventato_blocco_grande_raccordo_anulare_roma-355622337/

[6] Per esempio, https://www.beforetheflood.com/ (ultimo accesso 9/7/2022).

[7]Cfr. per esempio: Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite del 1992 e il protocollo di Kyoto del 1998.

[8]https://www.mef.gov.it/focus/Il-Piano-Nazionale-di-Ripresa-e-Resilienza-PNRR/, cfr. https://www.governo.it/it/approfondimento/rivoluzione-verde-e-transizione-ecologica/16703.