L’8 marzo, le donne e la parabola dell’evangelo
Oggi si celebra la Giornata internazionale della donna per ricordare i progressi in ambito economico, politico e culturale raggiunti dalle donne in tutto il mondo.
Le Nazioni Unite istituirono la data dell’8 marzo nel 1975 in riferimento simbolico ad eventi di protesta delle donne avvenuti già all’inizio del secolo.
Quella che in Italia ha assunto il nome di Festa della Donna è strettamente legata alle lotte, alle discriminazioni ma anche ai successi e ai riconoscimenti delle donne piuttosto che alla donna in quanto tale.
C’è un senso più profondo per il quale è possibile celebrare le donne?
I cristiani dovrebbero celebrare le donne, non tanto perché una festa lo comanda o non solo perché le condizioni di vita delle donne lo impongono, ma perché nel sesto giorno Dio ha detto “non è bene che l’uomo sia solo” (Gen 2,18).
Nonostante Dio avesse creato l’uomo a sua immagine, come dice il teologo francese Henri Blocher, “il mondo soffriva di una assenza” [1] alla quale Dio non solo ha fatto fronte ma ha voluto sottolinearla con la sua parola: Dio esprime una sentenza di insoddisfazione dolorosa rispetto all’assenza della donna.
L’evento stabilisce in modo estremamente chiaro che la solitudine non è fatta per l’uomo, che egli è nel suo dna un “essere-con”. Per essere pienamente uomo a immagine del suo Dio ha bisogno di un altro rispetto a sé.
Ma ciò non è sufficiente: l’uomo ha bisogno un altro uguale a lui per vivere in comunione, ma anche qualitativamente diverso da lui, per esprimere la sua personalità individuale: la donna.
Non un omologo ma un prossimo che sia per lui un ricordo costante del suo bisogno di essere in comunione con e dipendente da un Altro davvero radicalmente diverso: il suo Creatore.
Non è bene che l’uomo sia solo sulla terra, perché non è bene che l’uomo sia solo, senza Dio in ogni altro luogo (Blocher, p.120) e ciò in senso generale vale per ogni essere umano.
L’uomo, dopo aver pazientemente incontrato tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo e aver dato loro un nome, abbraccia l’arrivo della donna con un’esclamazione di esultanza che è anche un riconoscimento a Dio della sua opera: “finalmente, ossa delle mie ossa!” Ed è solo allora che l’uomo dà alla donna un nome che indica la loro comune umanità.
È un quadro di una bellezza eccezionale, che può durare solo se l’uomo e la donna accettano umilmente questo preciso aspetto del loro essere: Uomo e donna non sono due poli dell’essere inconciliabili, ma due esseri diversi e uniti che di fronte a Dio condividono la medesima umanità a immagine sua.
Quando, per il loro desiderio di autonomia dal perfetto disegno divino, l’uomo e la donna ruppero la comunione con Dio ciò ebbe gravi conseguenze anche sulla loro relazione e sull’identità propria della donna (e inevitabilmente anche su quella dell’uomo).
Così ogni distorsione, appiattimento, abuso e ingiustizia che in ogni epoca si è perpetrata nei confronti delle donne è evidenza delle conseguenze devastanti che il rifiuto delle caratteristiche creaturali dell’umanità porta con sé.
Dio esprime la sua condanna netta ma incredibilmente annuncia anche una speranza che passi proprio attraverso la donna e la sua progenie (Gen 3,15-16).
È dalla donna e dalla sua discendenza che giungerà Colui che ristabilisce la relazione con Dio, quella tra uomo e donna e sancisce l’annientamento definitivo del male: Gesù Cristo.
Ogni donna in ogni epoca è da onorare perché è in sé stessa una parabola dell’evangelo: la meraviglia della personalità umana, l’amarezza del peccato, la speranza della redenzione in Cristo.
Gesù Cristo è venuto per mezzo di una donna, ha parlato e mangiato con le donne, ha onorato le donne e ha dato la sua vita come uomo per loro e per gli uomini.
È nell’affermazione di Dio “non è bene che l’uomo sia solo” che sta il miglior e il più alto motivo per celebrare la vita delle donne e quello che spingerà donne e uomini a collaborare per condannare e alleviare condizioni di disprezzo, abuso e ingiustizia nella vita di tutte le donne.
[1]: H. Blocher, La creazione. L’inizio della Genesi, GBU, Roma 1984, p.117.